La politica dello scarico di responsabilità paga, eccome: lo testimoniano gli applausi che hanno incassato Matteo Salvini e Luigi Di Maio a Genova, ai funerali di Stato delle vittime del ponte crollato. Nei giorni scorsi sui social molti si erano lamentati della passerella dei politici, ma se la passerella è fatta dai due Dioscuri governativi sul tappeto di lacrime collettive lo scandalo non esiste più. Il tam tam mediatico ha funzionato, la colpa del disastro è stata scaricata sulla società dei Benetton, che sono amici del Pd (in realtà finanziarono anche la Lega) e riempiono di soldi Oliviero Toscani, pericoloso ideatore di campagne pubblicitarie multietniche e multiculturali. Pochi si pongono domande sui mancati controlli dei vari esecutivi, sulla latitanza anche di questo governo sulle concessioni. Il colpevole è uno, il concessionario, e anche se un domani la magistratura non sarà altrettanto tranchant nell’attribuirgli le dovute responsabilità, uno sgambetto gli è stato comunque fatto: Atlantia ha perso un mucchio di soldi in borsa dopo la minaccia di revocare le concessioni.
I Benetton comunque non si prendono nessuna colpa. Le responsabilità saranno accertate dai giudici, hanno detto i vertici in una conferenza stampa. Dopo giorni di silenzio, Atlantia ci ha messo qualche faccia, i Benetton si sono detti vicini alle famiglie ed è stato promesso un fondo di sostegno ai parenti delle vittime e ai senzatetto. Ma non c’è stata deviazione dalla linea finora seguita di non ammettere responsabilità in attesa dei pronunciamenti dei giudici. Una società quotata non può cedere alle pressioni della piazza, anche se fomentata dai più autorevoli rappresentanti del governo.
È una linea che non riscuote consenso nelle piazze e nella pancia del popolo, ma che insinua una breccia nell’atteggiamento di Di Maio e Salvini. Se chiedi dimissioni che non vengono date, o esasperi i toni oppure sei costretto a moderarli. E la Lega ha già fatto vedere un minimo di prudenza in più rispetto al furore punitivo dell’immediato post-incidente. Se Di Maio ha detto che persevererà nella strada di revocare la concessione, Salvini si è limitato a osservare che il gruppo Benetton ha fatto il minimo sindacale. Poco, ma qualcosa è stato fatto: sembra l’albore di un possibile allentamento della tensione. E poi c’è l’aspetto pratico da considerare. Se la concessione viene revocata, la gestione passerà allo Stato, comprese le spese di ripristino e messa in sicurezza della rete. I leghisti, che hanno più dimestichezza dei grillini con i soldi pubblici, si sono resi conto che è meglio lasciare in mano ai Benetton la questione, se non altro per conservare un capro espiatorio su cui scaricare eventuali magagne future.
Come in altri dossier, Lega e 5 Stelle conservano posizioni diverse. Se lo possono permettere, ognuno copre una fetta dell’elettorato con sensibilità che non sempre coincidono. Ma l’eventuale punto di rottura tra i due partiti è ben lontano. Agosto è ancora un periodo franco, i problemi veri arriveranno in autunno. E gli applausi alla cerimonia funebre, assieme a quelli raccolti da Sergio Mattarella, dimostrano che la gente al momento non ha alcuna intenzione di incrinare l’asse tra Di Maio e Salvini.