E’ scontro tra Italia e Unione Europea: il summit tecnico organizzato dalla Commissione per trovare un’intesa sulla redistribuzione degli immigrati si è risolto con un nulla di fatto. Anzi, secondo alcune fonti sarebbe prevalsa la tesi che l’Italia a differenza di altri Stati europei, non avrebbe abbastanza migranti procapite (2,4 per cento, 623mila persone accolte tra il 2014 e il 2017) perché la sua richiesta sia tenuta in conto.



In mancanza di un accordo sulla redistribuzione, Conte ha parlato di “ipocrisia” dei paesi partner e Salvini ha ordinato che gli eritrei a bordo della nave Diciotti non siano fatti sbarcare. In più si è unito a Di Maio nel voler negare il versamento alla Ue di 14 miliardi di fondi annuali.

Mussie Zerai, sacerdote cattolico eritreo, fondatore dell’agenzia Habeshia, critica duramente il ministro dell’Interno e l’Europa. Il primo, perché “non si dovrebbe fare politica sulla pelle dei più vulnerabili”. L’Europa perché a Bruxelles “prevale l’egoismo centrato sul profitto e sul Pil a discapito dei diritti di libertà e di giustizia”. “Quello che sta accadendo è disumano — dice Zerai al Sussidiario —. Parliamo di persone che per mesi e anni sono state nelle mani di criminali che se ne sono approfittati, maltrattandole e abusandone. Speravano di trovare un paese rispettoso della loro dignità e libertà, invece la nave che li ha salvati si è trasformata in una prigione”.



Cosa pensa della decisione del ministro Salvini?

Usare questi uomini, donne e bambini come arma di ricatto verso l’Europa è sbagliato, non si dovrebbe fare politica sulla pelle dei più vulnerabili. Il diritto dei deboli non è un diritto debole, dovrebbe essere il diritto più forte, quello che prevale.

Non Salvini, ma il ministro degli Esteri Moavero Milanesi, moderato ed europeista, ha accusato l’Unione di grave irresponsabilità. Cosa pensa di questo? 

L’Europa sta scaricando la sua mancanza di solidarietà sui più deboli, in questo caso i 150 profughi prigionieri della nave Diciotti. E’ un’altra conferma del fallimento politico europeo. Sulla politica monetaria si trovano subito le soluzioni, la dignità degli ultimi invece può aspettare.



Intervistato ieri dal Corriere, Salvini l’ha citata, riferendo che lei “spera che l’Italia faccia la sua parte”. A che cosa si riferisce?

Tempo fa avevo rivolto un appello all’Italia perché facesse la sua parte nel processo di pace tra Eritrea e Etiopia. E’ vero che è stato firmato un trattato di pace, ma effetti concreti ancora non se ne vedono. Se l’Italia insieme alla Ue facesse pressione sul governo eritreo per ristabilire lo Stato di diritto e restituire alla popolazione i diritti fondamentali, contribuirebbe seriamente al processo di pace e ci sarebbero perfino le condizioni perché chi se n’è andato possa ritornare a casa. 

Com’è oggi la situazione nel suo paese?

All’interno dell’Eritrea la situazione non è cambiata di una virgola e permangono lo stato di emergenza, il servizio militare a tempo indeterminato, l’inosservanza della Costituzione; tutte le libertà fondamentali sono sospese.

Che cosa chiederebbe al governo Conte?

Chiederei tre cose. Di andare alla radice dei problemi che oggi spingono le persone alla fuga, intervenendo per cambiare la situazione nei paesi di origine. Secondo, di investire laggiù per dare ai giovani un futuro, e — terzo — di aprire canali legali con i paesi europei.

Non solo dunque i corridoi umanitari.

I corridoi sono una cosa buona, ma di fatto aiutano solo pochissime persone. Occorre aprire canali legali con la concessione dei visti: umanitari, per ricongiungimento familiare, per motivi di salute. I governi dovrebbero anche potenziare i programmi di reinsediamento dell’Unhcr.

In che cosa consistono?

L’Unhcr individua ogni anno persone ritenute bisognose di protezione internazionale e chiede agli Stati di accoglierle legalmente. Se l’Unione Europea, invece di fare come Usa e Canada che accolgono 100-200 persone, aprisse le porte a 40-50mila, risponderebbe ai suoi bisogni e darebbe un duro colpo ai trafficanti.

L’Italia è un paese razzista? 

L’Italia non è un paese razzista, ma da più di un anno a questa parte sono stati sdoganati un linguaggio e atteggiamenti apertamente razzisti. Nel giro di pochi mesi ci sono state una cinquantina di aggressioni a sfondo razziale, lo considero un segnale preoccupante.

Mentre parliamo la riunione degli sherpa europei non ha raggiunto nessun accordo sul ricollocamento dei 150 della Diciotti. Pare che il flusso e la quota di migranti procapite in Italia non siano stati ritenuti meritevoli di provvedimenti.

In questo momento c’è una guerra tra egoismo e solidarietà. In seno all’Europa prevale l’egoismo centrato sul profitto e sul Pil a discapito dei diritti di libertà e di giustizia. 

(Federico Ferraù)