Caro direttore, perché l’Europa fa così? Sembra governata da un impulso suicida. Lo si è visto ieri a Vienna. Si discuteva lì, tra ministri della Difesa, della missione Sophia. Si chiama così l’ultima versione dell’impegno per la sicurezza del Mediterraneo, su cui si affaccia il confine meridionale dell’Unione. Decisioni esageratemente altruiste hanno fatto sì che l’Italia si facesse carico di aprire i suoi porti allo sbarco di naufraghi portati in salvo a bordo di qualunque nave della missione europea: siano esse irlandesi, spagnole, francesi.
L’Italia ha chiesto di smetterla di considerare i suoi porti e il suo entroterra il termine esclusivo delle vittime di naufragio, che in realtà è un esito premeditato dei negrieri per impacchettare e spedire a destinazione la loro merce fatta di uomini, donne, bambini, corpi e anime.
Questa destinazione monolitica non è più sopportata psicologicamente e socialmente dalla maggioranza degli italiani, che approvano – non per razzismo, ma per paura inventata e disagio reale – la chiusura dei porti e la voce tonante con Bruxelles e in particolare con il suo leader progressista Macron. Giuseppe Conte, al Consiglio europeo dello scorso fine giugno, ha ottenuto che fosse accettato e messo sulla carta il principio che “le coste italiane sono coste europee, i confini italiani sono confini europei”. Ma anche se “scripta manent”, stavolta “volant” e non contano nulla. Infatti a Vienna la nostra ministra Elisabetta Trenta, che era partita tutta entusiasta e convinta, sulla base di quell’impegno, di garantire almeno la rotazione dei porti di approdo tra tutti i Paesi Ue che si affacciano sul Mediterraneo (non solo dunque Italia, ma Spagna, Cipro, Malta, Grecia, Francia, Croazia, Slovenia) ha ottenuto questo simpatico risultato: zero al quoto. Continua la pacchia, come direbbe Salvini, dei francesi e si rivela una volta di più l’ipocrisia di una morale progressista che si applica solo agli altri popoli.
Da Venezia, Salvini constata che la riunione viennese ha concluso il primo giorno tirando giù la saracinesca sulle dita della Trenta: “Ho chiesto di condividere i porti di sbarco. Se anche a fronte di questo nuova richiesta otterremo un ‘no’ dovremo valutare se continuare a spendere soldi per una missione che sulla carta è internazionale ma di fatto è tutta a carico di 60 milioni di italiani e di un solo Paese”.
Ha commentato la grillina Trenta, la più europeista dei nostri ministri della sicurezza: “Mi sento delusa, ho visto che l’Europa non c’è, non è presente. Non c’è ancora l’unanimità sulla proposta italiana. Tutti condividono l’importanza di Sophia, e noi siamo i primi. È chiaro che dovremmo fare le nostre considerazioni, ogni decisione verrà presa insieme al governo e al premier, Giuseppe Conte”. E ancora: “Non è più possibile che l’Italia sia l’unico porto di sbarco e che si faccia carico di tutti i migranti. Sono venuta a Vienna con spirito propositivo. E invece… Domani c’è un nuovo incontro…”.
Domani, che sarebbe oggi per chi legge, non aspettiamoci gran che. C’è infatti un problema grande come una casa. Oramai la leadership della Ue, che è di stampo anti-populista, prende di petto e cerca di affondare, senza dare alcuna soddisfazione, le richieste italiane, per timore che un successo salviniano incoraggi nuove richieste.
Allora che fare? Moavero Milanesi si muove con intelligenza, ma esprime con competenza manovriera un governo detestato. Qui dovrebbe essere allora la sinistra, amica di Macron e del nuovo governo spagnolo, a smetterla di demonizzare Salvini come fascista, e provare invece a far sentire una voce diversa a Bruxelles. Su certe cose dev’esserci unità. C’è qualcuno che – al di là dei toni discutibili e delle azioni smaltate di cattiveria propagandistica – possa dire che Salvini ha torto quando ritiene iniquo il carico umano che pesa sull’Italia? D’accordo, i migranti non vanno trattati come numeri. Ma all’ospedale un’infermiera non può curare da sola dieci malati gravi mentre le colleghe bevono il caffè, e sostengono che tocca alla poveretta vegliarli tutti quanti perché sono entrati dalla sua porta e non dalla loro. La sgridano pure: non sono numeri ma persone, non sbuffare, trattali umanamente…
Dai! Forza. Anche le forze sociali, Acli, Cgil, Libera, eccetera non si limitino alla protesta contro gli incontri Salvini-Orbán, ma provino magari a spingere i sindacati fratelli e le Onlus sorelle dei Paesi del Nord Europa, che non hanno come l’Italia 5 milioni di persone sotto il livello di povertà, a non lasciare nella mani del “fascista” Salvini i migranti. Come è noto, i progressisti li trattano meglio. Peccato che non li vogliono.