Dopo il primo passo falso da vicepremier, ovvero lo stallo della candidatura di Marcello Foa alla presidenza della Rai, Matteo Salvini ha lanciato una controffensiva mediatica per cercare di scrollarsi di dosso il peso del fallimento. SkyTg24, Il Foglio e poi un’intervista collettiva ai principali quotidiani sotto l’ombrellone di Milano Marittima (con foto accanto al fedele ministro della Famiglia, Lorenzo Fontana, in modo da proteggerlo apertamente dopo le intemerate sulla legge Mancino): fedele al motto che la miglior difesa è l’attacco, il leader della Lega passa in rassegna i temi del governo.
In tutte le interviste si parla di Tav, di Tap, di Iva, di Ilva, di Pedemontana, di manovra d’autunno. E poi ancora di giustizia, di pensioni, di intercettazioni. Tutte questioni di grande peso, naturalmente, ma anche non proprio all’interno del perimetro delle competenze del Viminale. Ma il fatto più clamoroso, nel dettaglio, è che l’opinione di Salvini è quasi sempre contrastante con quella dei 5 Stelle. Su giustizia, grandi opere e intercettazioni, il numero uno della Lega appare più vicino ai moderati di Silvio Berlusconi che ai pasdaran grillini.
Nell’ala movimentista dei 5 Stelle non si sono fatti sfuggire l’occasione di replicare. Alessandro Di Battista e soprattutto la ministra per il Sud Barbara Lezzi ieri hanno attaccato il vicepremier leghista. Contenere Salvini è contenere Luigi Di Maio, il che va sempre bene. Però i grillini duri e puri devono anche tenere alte le bandiere del movimento, una delle quali — e non tra le ultime — è il no alle grandi opere, e in realtà anche alle piccole. Quelli della prima ora avvertono i “governativi”: su grandi opere e Ilva non si può fare i dorotei, per esempio dicendo “no” alla Tav in Piemonte e “sì” alla Tap in Puglia, come Donald Trump ha chiesto al premier Giuseppe Conte pochi giorni fa.
La tattica di Salvini per uscire dall’imbarazzo del caso Foa sembra quella di tenere sulla corda sia Berlusconi sia Di Maio. Rimproverare il centrodestra perché “vota con Renzi”, e poi in realtà schierarsi dalla stessa parte su una serie di temi; prendere le distanze da M5s ma soltanto sui “massimi sistemi”: per esempio, si discute sulle grandi opere che richiedono decisioni non immediate e lunghe valutazioni (come ha ammesso lo stesso Salvini nelle interviste prendendo tempo), ma si tace sulla questione dei vaccini, che invece è molto più urgente perché il provvedimento si trova nel decreto Milleproroghe.
Tirare la corda senza rompere. Esercizio di alta scuola che però comporta una serie di rischi. Finché è agosto il gioco può anche funzionare. Ma tra un mese c’è da presentare la legge di bilancio, e allora il tempo delle vacanze a Milano Marittima e delle interviste sotto l’ombrellone sarà abbondantemente finito.