Rispetto a un mese fa c’è qualcosa che non gira nel governo, stanno emergendo tutte le contraddizioni, dice Mario Sechi, fondatore e direttore di List. Nemmeno il moderato Tria convince, rassicurazioni e calcolatrice alla mano. “Il quadro politico dice che il governo Frankenstein è il solo possibile”, commenta l’ex direttore del Tempo, perché è senza alternative. Tranne una, la più temibile: il caos scatenato dai “mercati”, nei quali — in Italia e forse non solo — qualcuno sta sperando. Secondo Sechi una via di uscita, politica, ci sarebbe.
“Presto toccherà di nuovo a noi” ha detto Renzi. E’ verosimile?
Negli ultimi tre anni Renzi non ne ha azzeccato una, mi pare impossibile che possa divinare il futuro. E poi il Pd andrebbe a fare che cosa e con chi? Un governo con M5s che il Pd attacca tutti i giorni? E con che credibilità?
Forse Renzi pensa a Roberto Fico, alla sua intervista di ieri su Repubblica, in cui l’anima rossa di M5s ha preso nettamente le distanze dalla Lega.
Ma Fico esprime se stesso e forse qualcun altro, non il partito, che è Di Maio. E M5s con Di Maio fa politiche di destra. E poi che cosa è oggi il M5s? Non si può sapere con certezza.
Però Fico vuole una politica dell’immigrazione diversa. E in questo è senz’altro d’accordo col Pd.
Intanto però cita cose confuse, come l’integrazione canadese, evidentemente non sa che il Canada fa ricorso al test sul dna per identificare i migranti da espellere. Se solo qualcuno in Italia si azzardasse a proporlo, griderebbero al nazismo. Il quadro politico dice che il governo Frankenstein è il solo possibile.
E se dovesse fallire?
L’alternativa sarebbe il caos, che vorrebbe dire, alla fine, un altro governo tecnico. Diciamocelo, a qualcuno piacerebbe. Il piccolo establishment italiano vuole il commissariamento.
Chi lavora per questa prospettiva?
Piccoli gruppi di potere.
Anche il Quirinale?
No, il Quirinale no. Anzi, il Colle è stato il potere che più ha preso atto della situazione e favorito la nascita del governo giallo-verde. Mattarella è più preoccupato di altre cose, come l’emergere nei 5 Stelle di quelle pulsioni di ruralismo cerebrale per cui tutto ciò che è infrastruttura, modernizzazione, rete non virtuale, non va bene. Forse in M5s non hanno capito che la Tav è un pezzo di politica estera italiana, perché con la Francia abbiamo firmato un accordo. Idem per il Tap: Conte ne ha promesso l’execution a Trump.
E Di Maio cosa va a dire agli elettori di M5s?
Qualcosa dovrà inventarsi. Il vero redde rationem comunque è sulla politica economica. La realtà è che il governo M5s-Lega ha un solo vero nemico, se stesso.
Ieri Tria ha rilasciato un’intervista al Sole 24 Ore. Che cosa ne pensa?
Un’intervista fiume in cui non ha detto niente. Tria vuole tenere insieme tutto, flat tax, reddito di cittadinanza, annullamento delle clausole di salvaguardia, riforma Fornero, stop all’aumento dell’Iva, alcuni benefici fiscali. Nemmeno Mandrake riuscirebbe a fare una cosa del genere.
Quindi?
Dovrà sacrificare qualcosa. A meno che non intendano fare un po’ di deficit, ma quanto? Il punto è che non si vedono né il continuismo, né la svolta. Il primo avrebbe imposto di sacrificare punti importanti del programma di governo, la seconda di sfidare Bruxelles.
Tria avrà voluto innanzitutto rassicurare i mercati.
Potrebbe essere l’unico senso dell’intervista, perché in agosto i mercati sono strani, e basta poco per cambiare il corso dell’interesse sui titoli di Stato a breve. Però l’altro elemento che non sfugge ai trader è il fatto che non c’è nemmeno il piano A, prova ne è che mentre parliamo è in corso l’ennesimo vertice. Cosa vogliono fare Lega ed M5s? Qual è il disegno complessivo?
Si può azzardare una risposta?
Dalle parole di Conte nella conferenza stampa di stamane (ieri, ndr) non si è capito. L’altro elemento di preoccupazione viene dalla Lega. Sta abbozzando su cose che se si realizzano, il suo elettorato rifiuterà.
La stretta sui contratti contenuta nel decreto lavoro, che ora è legge.
Proprio quella. E poi il reddito di cittadinanza non fa certo parte della base socioeconomica dei leghisti.
In un modo o nell’altro si arriva sempre a M5s, come mai?
Perché nella testa dei 5 Stelle all’impostazione statalista si unisce una corrente molto forte di pensiero anti-industriale. Peccato che siano le imprese a produrre i posti di lavoro, e l’agognata redistribuzione — leggasi reddito di cittadinanza — che vuole Di Maio possa venire solo dalla crescita e dal maggor gettito fiscale di lavoratori e imprese. Con la loro logica invece i 5 Stelle interrompono il vaso comunicante.
Lei cosa si aspetta a settembre?
Non la crisi di governo, perché non c’è alternativa. La vera incognita sono i mercati. Forse è proprio ai mercati che pensa Renzi.
Salvini non potrebbe essere tentato di mollare Di Maio per Berlusconi?
Tutto è possibile, non saprei però se il centrodestra vincerebbe le elezioni, ed è un calcolo che fa certamente anche Salvini. Se si andasse a votare, Salvini pescherebbe ulteriormente nel bacino di Berlusconi, mentre ai 5 Stelle, che ora sono forti, ruberebbe solo pochi voti. Se Salvini prendesse il 30 per cento e Berlusconi il 10, avrebbero la maggioranza parlamentare, però al 40 bisogna arrivarci, non è affatto facile.
Un nuovo governo che nascesse in Parlamento?
Non ci sono i numeri per fare un accordo parlamentare. Al patto Salvini-Berlusconi servirebbero pezzi di altri gruppi parlamentari, ma c’è un particolare: Salvini è l’uomo nero con cui nessuno vuol fare alleanze. In mancanza di un accordo, si andrebbe al voto con un fallimento alle spalle. A quel punto sì che si sveglierebbero i mercati. Visto cosa è successo in Turchia? Inflazione alle stelle, rendimento dei titoli di Stato al 20 per cento, e Bloomberg che titola “la Turchia lancia l’allarme agli euroscettici d’Italia”. Chiaro il messaggio, no?
Insomma Conte, Salvini, Di Maio e Tria devono trovare una sintesi.
Sì, ma è la strada per farlo che ancora non si vede. Il problema sostanziale è che i ceti produttivi della Lega si contrappongono alle masse in cerca di lavoro statalizzato di M5s, con i rappresentanti degli uni e degli altri che sono alleati in Parlamento. L’unico governo possibile si trova a lavorare in una situazione impossibile.
C’è una soluzione?
Volendo ci sarebbe. Un New Deal italiano in cui Salvini e Di Maio smettono di fare campagna elettorale e mettono insieme un trust di persone pensanti con il compito di elaborare un accordo rooseveltiano coerente che unisca Nord e Sud.
Le risponderebbero che è quello che stanno facendo.
Non è vero, perché non c’è un tentativo di politica corale, di sintesi, ma solo un contratto stilato dal notaio, fatto a compartimenti stagni, di cui alternativamente ognuna delle due forze punta a realizzare un pezzo, alla meglio. Non è così che si governa un paese. Salvini e di Maio sono ancora in tempo, ma devono agire subito.
(Federico Ferraù)