Prove di alleanza anti “sovranisti” in Europa. Oggi la plenaria del parlamento europeo voterà il rapporto di Judith Sargentini, eurodeputata dei Verdi olandesi, in cui si sostiene che l’Ungheria con le sue leggi sulla libertà di stampa e anti-immigrazione ha limitato alcuni diritti fondamentali. Se il rapporto fosse approvato, l’Ungheria verrebbe bollata come paese antidemocratico e sarebbe applicato l’articolo 7 del Trattato di Lisbona, che prevede sanzioni contro i paesi che non rispettano i principi fondanti dell’Unione. Un voto che arriva dopo l’accusa di razzismo dell’Onu all’Italia e che rappresenta un vero e proprio “stress test” per il Partito popolare europeo (di cui Orbán fa parte). Nella stanza dei bottoni del Ppe infatti si fanno già i conti con la probabile affermazione dei partiti populisti/sovranisti nel voto dell’anno prossimo. E si prendono le contromisure. Il Ppe vedrà cosa fare, ha detto ieri il capogruppo tedesco Manfred Weber a proposito del voto sull’Ungheria. Una linea attendista, improntata all’apertura a forze politiche come quella di Salvini e del polacco Kaczynski per ovvie ragioni di realpolitik. M5s e Lega hanno già deciso: il Carroccio si schiera con Orbán, insieme a Berlusconi, mentre M5s, che rimprovera al premier ungherese di essere contrario alla redistribuzione dei migranti, voterà per le sanzioni. Ma non sarà Orbán a dividere il governo di Salvini e Di Maio, spiega Rino Formica, ex ministro del Psi di Craxi.



“Tutti i gruppi parlamentari guardano a questo voto pensando alle elezioni europee dell’anno prossimo, è ovvio che nel Ppe ci siano direttive improntate alla flessibilità, dunque alla libertà di voto” spiega Formica.

E per quanto riguarda M5s e Lega?

La Lega come sappiamo è legata a Orbán, ma i 5 Stelle hanno interesse ad avere un atteggiamento più libero e disarticolato. Voteranno in modo diverso, e riusciranno a giustificarlo abbastanza facilmente.



I media enfatizzano la differenza di posizioni.

Assecondano chi spera nella rottura tra Lega e 5 Stelle. Ma Salvini e Di Maio avranno buon gioco nel dire che la loro non è un’alleanza politica ma un contratto di governo. E perciò, al di fuori dei punti che il contratto prevede di onorare, liberi tutti.

Guardiamo allora le cose nella prospettiva del voto europeo. M5s non rischia l’isolamento?

Il M5s andrà alla campagna elettorale da solo, come altri movimenti populisti non riconducibili a una dimensione europea ma solo nazionale. La ricomposizione nell’Europarlamento avverrà dopo le elezioni. 



Dov’è secondo lei che il patto di governo rischia davvero di rompersi?

Sui temi forti di politica interna. Non senza due fattori determinanti: un risultato sfavorevole ai populismi nelle elezioni americane di medio termine (6 novembre, ndr) e in quelle europee, e un quadro nazionale in cui si riorganizzano per capacità e visione le forze politiche che sono andate in disfacimento negli ultimi 10-15 anni.

Manfred Weber (Ppe) ha deciso di aprire a Orbán e Salvini proprio per non regalarli al nazionalismo e stemperarne le posizioni con l’appartenenza al Ppe. E’ la mossa giusta?

Il voto di domani (oggi, ndr) sull’Ungheria è importante proprio per questo: farà capire se una visione di destra dell’Europa ha basi politiche maggioritarie e in che misura. Per quanto riguarda la base elettorale, una prima indicazione è arrivata dal voto svedese, dove il voto reazionario antieuropeo è rimasto sotto il 20 per cento.

Quindi?

Sono convinto che tutto dipende dalle elezioni di midterm negli Stati Uniti. Se Trump vince, il vento di destra che c’è in Europa può passare dal moderatismo al reazionarismo. Diversamente, non trionferà nemmeno in Europa.

Non crede di archiviare troppo facilmente il malcontento che c’è nei paesi europei verso l’Europa dell’austerità, dell’euro e di questi Trattati?

Le rispondo con una considerazione su questo governo. E’ composto da forze che in campagna elettorale hanno annunciato battaglia ai mercati e all’Europa del vincolo esterno, una camicia di forza di cui liberarsi. Nei primi tre mesi hanno dovuto dare fondo loro energia per calmare i mercati che in forma premonitrice hanno danneggiato l’Italia con una crescita dello spread avvenuta su semplici annunci. Da un mese a questa parte, Tria sta calmando i mercati non con la nuova legge di bilancio, ma annunciando che questa sarà rigorosa nell’accettazione dei vincoli europei. Se M5s e Lega hanno avuto paura di mercati che si sono agitati sulla base di semplici parole, cosa accadrebbe se dovessero adottare provvedimenti ostili alla Ue e ai mercati? 

Qual è la sua conclusione?

Direi che mai governo fu più subalterno di questo.

(Federico Ferraù)