L’Unione Europea ha puntato al bersaglio grosso del sovranismo scagliando il suo anatema nel Parlamento europeo contro quel Victor Orbán, premier ungherese che, oltre a fraternizzare con Salvini non digerisce la mielosa macchina sorosiana di Bruxelles.

Applicazione dell’articolo 7 del Trattato di Lisbona: cioè una procedura che potrebbe arrivare ad impedire il diritto di voto dell’Ungheria in seno al Consiglio europeo. Procedura però difficilmente applicabile, perché legata ad un meccanismo di quasi unanimità dei governi.



Orbán ne è uscito a testa alta: da ragazzo combatteva contro l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, oggi si batte contro l’Unione delle repubbliche socialiste europee, cioè contro quella cappa del politicamente corretto che sta affossando il progetto di Europa unita dei padri fondatori. Ed è proprio nella famiglia politica dei cristiano-democratici di cui Orbán fa parte che lo scontro è stato più acceso, con reciproche accuse su chi stia tradendo davvero i valori dei Popolari europei.



Ne esce danneggiata, seppur non in modo irreparabile, la neonata candidatura del bavarese Manfred Weber alla presidenza della prossima Commissione europea: è apparso infatti indeciso sul da farsi, e non avendo chiaro con quali gruppi il Ppe potrà gestire il nuovo Parlamento europeo ha preferito dare ai suoi libertà di voto. 

La maggioranza del governo italiano si è spaccata in due: Lega con Orbán, 5 Stelle contro. Fin qui nessun problema. Siamo nel Parlamento europeo e l’alleanza tra i due non si estende a ciò che è fuori dal contratto di governo. Ma al Consiglio sarà appunto il governo italiano tramite il suo presidente del Consiglio a doversi pronunciare. 



Per il decisionista Conte sarà un momento da brividi. Salvini considera strategico il rapporto con Orbán per cambiare gli assetti in Europa dando maggiore risalto ai bisogni italiani. Difficilmente farà finta di nulla.

Martedì Orbán, nella discussione all’interno del gruppo Ppe, rispondendo ai parlamentari che lo rimproveravano per la relazione con il populista Salvini, ha risposto a muso duro: “ma voi veramente credete che io sia andato a Roma di mia iniziativa? Me lo ha chiesto un leader del Ppe che oggi esprime il presidente del parlamento Ue e cioè Silvio Berlusconi”. 

Appena lo sapranno i 5 Stelle — e lo sapranno — si renderanno conto che il rischio di fare da utili idioti per garantire il rilancio di Berlusconi è molto alto e passa attraverso quel voto che Conte dovrà esprimere a Bruxelles. 

Se per preservare il governo accetterà di non schierarsi contro Orbán farà il gioco di Berlusconi che si sarà ritagliato un ruolo di influencer sui protagonisti della prossima scena europea. Se viceversa attaccherà Orbán, metterà a repentaglio il rapporto tra Di Maio e Salvini, asse indispensabile per la sopravvivenza dell’esecutivo.

Certo, quel giorno potrebbe essere quello giusto per sostenere la prova d’inglese del concorso di professore ordinario alla Sapienza.