Emmanuel Macron lancia il “reddito universale” per sconfiggere la povertà e Luigi Di Maio coglie la palla al balzo per parlare del reddito di cittadinanza, che farà parte della manovra economica a cui sta lavorando il governo M5s-Lega. «Sono contento che Macron abbia deciso di seguire la linea che il MoVimento 5 Stelle ha iniziato a tracciare, annunciando l’istituzione del Reddito di Cittadinanza anche in Francia. Lui lo farà nel 2020, noi lo metteremo il prossimo mese nella legge di Bilancio», ha scritto il vicepremier su Facebook. Il capo politico del M5s ha anche ribadito i punti chiave del reddito di cittadinanza: «Come per quello italiano, anche in quello francese ci saranno doveri da rispettare, come è giusto che sia. Il Reddito di Cittadinanza non serve a stare sul divano. Spero che anche gli altri Paesi Ue iniziano a mettere al primo posto gli interessi dei cittadini più deboli». Di Maio ha poi lanciato una stoccata ai suoi predecessori: «Il 4 marzo gli italiani hanno votato in massa per mandare a casa chi se ne è fregato per anni di milioni di poveri e vedere riconosciuto questo diritto. Questo governo finalmente lo farà!». (agg. di Silvana Palazzo) 



SALVINI, “MENO TASSE DAL 2019: SI PARTE CON L’IVA”

Mentre le scorie della presunta tensione (ufficialmente smentita) tra M5s e Giovanni Tria devono ancora essere totalmente smaltite, sul tema della Manovra interviene a piedi uniti Matteo Salvini. Il leader della Lega parlando oggi nella Fiera del Levante di Bari con i giornalisti, come riportato dall’Ansa, ha annunciato:”Stiamo lavorando a una manovra economica per far pagare meno tasse agli italiani già dall’anno prossimo e poi per mettere mano alla legge Fornero, creando spazi di lavoro per tanti giovani”. Salvini ha precisato che “le partite Iva sono quelle da cui partiremo per l’abbassamento delle tasse”. Parole, quelle pronunciate dal leader della Lega, che non fanno altro che aumentare le pressioni sulle spalle di Giovanni Tria: spetta all’inquilino di via XX Settembre trovare l’equilibrio giusto tra i conti e le pretese di M5s e Lega. (agg. di Dario D’Angelo)



GIORGETTI, “SAREMO RESPONSABILI”

Ci mancava anche l’attacco di Moscovici dall’alto degli Affari Europei (di cui è Commissario) per mettere quel “pepe” giusto ad una situazione già di per sé incendiaria per i rapporti tesi tra Palazzo Chigi, Lega, M5s e il Ministero dell’Econonomia. Con il commissario che spara «Italia è un problema serio […] purtroppo la Manovra non la vota solo Tria..» di certo non rende il gioco facile al ministro “equilibrista” che tiene i cordoni della borsa del Governo. A cercare di mettere una pezza, come spesso accade, l’uomo-ombra dell’esecutivo Giancarlo Giorgetti che interviene questa mattina per rasserenare gli animi sulla Manovra: «Sicuramente reddito di cittadinanza, flat tax e Fornero fanno parte del Dna di questo governo, non parlarne significherebbe tradire il mandato degli elettori. Ma lo faremo con responsabilità e in modo franco e schietto. Le risorse per le riforme saranno ragionevoli e presumibili». Un timbro decisamente “Trianesco”, non c’è che dire. 



DI MAIO, “NESSUNA MINACCIA A TRIA”

Dopo le presunte pressioni dei gruppi M5s sul Ministro Tria e dopo l’ipotesi di dimissioni del Ministro “smentite categoricamente” dal Mef, arriva il terzo capitolo nel giro di poche ore della vicenda. Ad intervenire è il vicepremier Luigi Di Maio che secondo il Corriere della Sera avrebbe “calcato la mano” con Tria per inserire un reddito di cittadinanza a più largo consumo e dunque a maggiore spesa. «Con Giovanni Tria non c’è alcuna divisione, quello che stiamo facendo è lavorare tutti insieme per trovare le soluzioni necessarie a portare a casa flat tax, reddito di cittadinanza e superamento della legge Fornero», spiega il leader M5s che precisa, attaccando di nuovo gli organi di stampa. «Smentisco categoricamente che siano state avanzate minacce o ultimatum. Non capisco perché si sia voluta creare una polemica tra me, il M5s e Tria, quando il nostro unico pensiero è approvare una legge di bilancio coraggiosa, ma che tenga i conti in ordine. Tutto il governo ha la volontà di dare pieno sostegno a Tria per i risultati prefissati». Tutto come prima dunque? Non ci metteremmo la mano sul fuoco.. 

MEF: “DIMISSIONI TRIA? NO FONDAMENTO”

«Le indiscrezioni apparse oggi sulla stampa su possibili dimissioni del ministro Tria sono prive di fondamento», fa sapere il Mef dopo gli articoli apparsi su Corriere della Sera e Messaggero. Smentita è “mezza verità”, anche questa volta? Non lo sapremo certo oggi, quel che è sicuro è lo status di “sotto controllo” che il ministro Tria si ritrova appicciato dopo aver in tutti i modi convinto i mercati Ue che nella Manovra non si sfonda il debito e che le varie misure del contratto di Governo ci saranno ma in maniera graduale e “spalmata” su 5 anni. Mentre Salvini pare aver compreso l’antifona, per Di Maio – che deve recuperare terreno con la sua base irritata dalla “subalternità” dalla Lega – il discorso è invece più complicato. Il capogruppo M5s alla Camera Francesco D’Uva ha fatto sapere ieri che «Il reddito di cittadinanza è una nostra battaglia storica. L’abbiamo ribadito in campagna elettorale ed è stato scritto nero su bianco nel contratto di governo. Questa per noi è una priorità. E senza alcun dubbio nella legge di bilancio verranno stanziate le somme per introdurlo». Se però gli strappi dovessero continuare ad azionarsi non è da escludere che Tria possa meditare di lasciare, sebbene il Mef e il Governo ad oggi lo smentiscono nella maniera più categorica possibile. 

M5S PRESSA TRIA: “O REDDITO SUBITO O LASCI”

Dal giorno prima dell’insediamento del Governo Conte, i media e la stampa (siamo tutti compartecipi) non vede l’ora di trovare la “spina” nei rapporti tra Lega e M5s (ma se fossero altri partiti sarebbe lo stesso, è una sorta di voyeuristica moda tutta italiana di godere dei fallimenti altrui, specie se al governo del nostro Paese..). Ecco, diciamo però che questa volta l’inghippo pare esserci per davvero e sul reddito di cittadinanza se non si gioca l’intera partita di Governo, quasi ci siamo. Il Messaggero questa mattina riporta una ricostruzione che parrebbe verificata in più parti (a vedere le reazioni, tipo quelle qui sotto ad esempio): «Se non è in grado di garantire in manovra i fondi per far partire il reddito di cittadinanza già a maggio 2019, il Movimento 5 Stelle chiederà le dimissioni del ministro dell’Economia Giovanni Tria». Parte tutto dalle parole di Di Maio a CartaBianca martedì scorso quando ha ammesso che ci sarebbe stato «un grave problema» qualora fosse “frenato” il costo del reddito di cittadinanza all’interno della Manovra prossima. Lo spread torna a salire dopo che si era invece fermato per le riassicurazioni del Mef in merito ai costi “sotto margini Ue” della prossima Legge di Bilancio: Conte e lo stesso Di Maio rassicurano, «Avanti determinati sul reddito, ma nessuna richiesta di dimissioni di nessun» ma il problema c’è eccome. Come spiega un ministro leghista al Corriere della Sera, «per superare le pressioni interne, nella manovra Di Maio dovrà intestarsi qualcosa di pesante, cioè il reddito di cittadinanza. Ma ci sono limiti di spesa». Da qui nasce il “danno” che vede Tria in pericolosa posizione.

LEZZI E BAGNAI, LE REAZIONI DEL GOVERNO GIALLOVERDE

«Non sono e non faccio il capro espiatorio: se non va bene, pronto a farmi da parte» sarebbe la ricostruzione (ufficiosa) del pensiero di Giovanni Tria affidate a Verderami sul CorSera. Dalle prime reazioni qualcosa si può però scorgere, quantomeno per capire che la situazione nei prossimi mesi vedrà diverse triangolazioni tra Salvini, Di Maio e Conte per provare a rendere più “soft” la richiesta del Mef e nello stesso tempo meno “pressante” l’imposizione dei due potenti vicepremier. «Si parla di assalto al ministro di due fazioni, invece i due partiti di maggioranza stanno lavorando con il ministro», spiega a Radio Anch’io stamane Alberto Bagnai, presidente della commissione Finanze e leghista. Una “chiosa” di forma che ravvisa probabilmente che il problema c’è ed è bello grande: lo conferma indirettamente il Ministro del Sud, Barbara Lezzi, quando dice allo stesso programma radiofonico Rai, «Non si tratta di far saltare il ministro dell’Economia ma se salta il reddito di cittadinanza e’ il Governo che ha dei problemi. Non diciamo tutto e subito e ci prendiamo l’arco della legislatura, ma bisogna iniziare e in modo significativo».