Che dei 49 milioni di contributi politici alla Lega trafugati dalla cricca Bossi debba oggi rispondere il partito di cui è segretario Matteo Salvini, che è a sua volta succeduto nel ruolo non direttamente a Bossi ma al suo diretto successore Maroni, è un controsenso politico. Eppure è così. Che il rimborso imposto dalla magistratura possa avvenire in 76 anni, in comode rate di 600 mila euro all’anno, è qualcosa di peggio. È un insulto per Sergio Bramini e per la vasta categoria dei debitori onesti e impoveriti che l’imprenditore di Monza rappresenta.
Delle due l’una: o la magistratura ha sbagliato nell’accollare alla Lega di oggi le colpe, e l’obbligo di risarcimento, di quella di ieri, e allora quella sentenza, quel diktat, andrebbe riformato. Oppure no, e allora i 76 anni di dilazioni sono un insulto a chi viene soffocato dai debiti. Se anziché buttare Bramini fuori di casa, come non viene fatto praticamente mai nemmeno con gli occupanti abusivi, i creditori avessero concesso anche a lui 76 anni di dilazioni, sarebbe ancora tranquillo a casa sua. Invece no.
Ai primi di agosto, Sergio Bramini ha incontrato il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede: sembrava che da quell’incontro si fosse aperto uno spiraglio per l’abrogazione dell’articolo 560 (la sciagurata legge 119/2016 Renzi-Boschi), che ha reso possibile l’abominio per il quale Bramini è stato condannato e sfrattato per debiti contratti in quanto lo Stato non aveva pagato lui, ma poi è stato tutto rimandato a dopo il 15 settembre. Dovremmo esserci, dunque: ma per ora tutto tace.
Bramini aveva commentato positivamente quell’incontro con Bonafede: “Il ministro si è dimostrato affabile – aveva detto – e ben disposto a un’apertura per l’abrogazione dell’articolo 560. Un articolo che ogni giorno miete vittime: persone che vengono sloggiate dalla prima casa, ancora prima della vendita dell’immobile all’asta. Questo non è ammissibile; vengono sfrattate anche famiglie con minori, disabili e anziani. Non guardano in faccia neppure ai malati terminali: la casa messa all’asta vuota è più appetibile per l’acquirente”. “Al mio fianco ho migliaia di persone che credono nella mia battaglia – aveva concluso Bramini -. A loro chiedo un aiuto: firmate la mia petizione on line per l’abrogazione dell’articolo 560. I vostri applausi e il vostro sostegno sono importanti, ma oggi ancora di più la vostra firma”.
Bramini era stato scelto da Luigi Di Maio e da Matteo Salvini come un testimonial dell’Italia che subisce e va aiutata. Erano andati a trovarlo insieme nel giorno dello sfratto. Di Maio lo aveva addirittura ingaggiato come consulente del Ministero. Ma da allora non è successo nulla. Bramini ha lanciato un appello via web: “Mi rivolgo a Luigi Di Maio e a Matteo Salvini, manteniamo la promessa fatta in modo da dare un segnale vero del cambiamento anche per la Giustizia. Aiutiamo chi si sente perduto, chi vede ancora lo Stato come un nemico, chiedo il vostro auto che potrete fare condividendo e firmando”.
Il tempo per tamponare il buco dei 49 milioni, con 76 anni di comode rate s’è trovato. Il tempo per riscrivere un articolo di legge non ancora. È vero, i cento giorni del Governo sono stati pieni di altre iniziative. Ma questa doveva essere tra le primissime.