I grillini hanno accusato il colpo della ritrovata intesa nel centrodestra. Matteo Salvini che gioca su due tavoli, quello del governo e quello con gli alleati del 4 marzo, ovviamente non piace ai pentastellati che però devono fare buon viso cercando di ridimensionare ancora lo strapotere mediatico del leader leghista. E così c’è il ministro Danilo Toninelli che spara sulle Olimpiadi “a tre teste” e sull’ipotesi, caldeggiata dai governatori leghisti del Nord, Zaia e Fontana, di trasformarle nei Giochi del Lombardo-Veneto. C’è il ministro Luigi Di Maio che smentisce Giovanni Tria, collega dell’Economia, sostenendo che il reddito di cittadinanza sarà precluso ai non italiani: in questo modo rincorre Salvini sul suo terreno a costo di cadere nell’incostituzionalità.
Tra i grillini brucia il solo pensiero che Salvini sia il cavallo di Troia attraverso il quale Silvio Berlusconi possa mettere anche mezzo piede in qualche provvedimento governativo. Il sospetto cresce. Non bastano le rassicurazioni leghiste che l’accordo raggiunto a Palazzo Grazioli riguarda soltanto il livello regionale e non scalfisce quello nazionale di governo, che procede in acque tranquille. Sotto sotto, contano su un alleato insospettabile: il Quirinale.
Al Colle sono indispettiti dalle mosse di Salvini, che spinge per il decreto sicurezza senza averlo preventivamente sottoposto al vaglio della presidenza della Repubblica. Meglio: il Viminale l’ha mandato al Quirinale quando era già stato scritto, non in fase di elaborazione come sarebbe stato più opportuno. Alcuni elementi di probabile incostituzionalità erano già stati fatti notare nei giorni scorsi, anche se dalla presidenza della Repubblica non è mai trapelato nulla, ma ieri l’irritazione è cresciuta quando il ministro dell’Interno ha mostrato di accettare soltanto modifiche secondarie nel provvedimento, senza correggere le storture indicate dagli uffici del Colle.
Salvini tira dritto sapendo di rischiare uno scontro istituzionale nel caso in cui Mattarella non volesse firmare il provvedimento. Il presidente della Camera, Roberto Fico, che è uno dei ventriloqui del Quirinale, ha ripetuto ieri che “l’Italia deve salvare tutte le vite umane in mare”: una critica nemmeno troppo velata, accompagnata da un rilievo sull’uso eccessivo dei decreti. In effetti, non è chiaro dove si trovino la necessità e l’urgenza per fare un decreto sul pacchetto immigrazione anziché una legge ordinaria, visto che, come ripete Salvini, il numero degli sbarchi negli ultimi mesi si è assottigliato moltissimo.
Fico protesta per conto del Quirinale, è un interlocutore importante per il Colle dove ci si augurava una maggiore iniziativa pentastellata che facesse da argine contro il sovranismo leghista. Invece i due vicepremier vanno avanti per la loro strada. Salvini ha incassato il via libera dei 5 Stelle sul decreto immigrati concedendo qualcosa al reddito di cittadinanza e opporrà al Colle questa rinnovata compattezza della coalizione. L’accordo è sui “fondamentali” dell’esecutivo, i due temi portanti della campagna elettorale. Mattarella, che tanto ha pazientato per favorire la formazione di questo governo, difficilmente si azzarderà a porre un veto. D’altra parte, se Salvini può sbandierare ai suoi una stretta securitaria sugli sbarchi, Di Maio potrà galvanizzare il proprio elettorato con il tema principale del 4 marzo e tranquillizzare la base che rumoreggia sempre di più.