“A Salvini fa bene stare lontano da Berlusconi”. E poi: “Con noi Salvini ha raddoppiato i consensi”. Le parole pronunciate dal vicepremier Di Maio, ospite del salotto quotidiano di Bruno Vespa, sono tutto un programma. Indizi di un progetto politico che, giorno dopo giorno, si sta componendo.

Non importa se la Lega sfiora — nell’ultimo sondaggio utile — il 34%, raddoppiando il risultato del 4 marzo, mentre il Movimento grillino, per contro, sembra lasciare sul campo ben 4 punti percentuali, passando dal 32% al 28%. Ormai la partita che si sta giocando in vista delle elezioni europee e, chissà, forse anche nazionali — le nubi sulla manovra non promettono niente di buono — è molto più vitale per il fronte sovranista nazionale.



Come molti analisti prevedono, nella prossima primavera — al di là del sistema proporzionale, dove ogni partito peserà la sua forza politica — andrà in scena uno scontro frontale fra due grandi blocchi: da un lato, gli europeisti di Macron, Renzi, Berlusconi e Merkel. Dall’altro, gli euroscettici alla Salvini, Orbán (capo indiscusso del cosiddetto “Gruppo di Visegrad”), Meloni e Di Maio. Una partita che ogni fronte sta preparando accuratamente in sede nazionale con mosse da sinistra e da destra.



In questo scenario le parole di Di Maio fanno eco alle mosse di Giorgia Meloni.

L’una — da destra — sta creando un nuovo contenitore (chiamarlo progetto politico appare ancora azzardato) per drenare da Forza Italia energie importanti come i governatori della Liguria, Giovanni Toti, e della Sicilia, Nello Musumeci, e gli ex parlamentari Raffaele Fitto e Nunzia De Girolamo da portare in dote al nascente “fronte populista” e annichilire pressoché definitivamente l’armata berlusconiana.

L’altro — da sinistra — scommettendo sul nuovo-finto dialogo Salvini-Berlusconi, cerca di staccare definitivamente la spina al vecchio centrodestra, da un lato, non combattendo apertamente il travaso di voti dal Movimento 5 Stelle verso la Lega e, dall’altro, offrendo a Salvini tutto il sostegno utile a far decollare — nella legge di bilancio — le promesse elettorali leghiste: dalla revisione della legge Fornero alla flat tax e alla cosiddetta “pace fiscale”. Un sostegno indiretto, astuto, sibillino, celato dietro la polemica diretta contro i “burocrati” del ministero dell’Economia, rei di ostacolare il reddito di cittadinanza, e mai contro un partner di Governo pigliatutto.



Solitamente chi rischia di rimanere a bocca asciutta non se la prende con chi taglia la torta, ma con chi prende più di una fetta. Il fatto che ciò, oggi, in Italia, non accada dovrebbe interrogare. Soprattutto il Cavaliere!