Ennesimo cambio di rotta per l’ex ministro dei beni culturali: già veltroniano, poi bersaniano e quindi renziano di ferro, adesso si schiera con il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, tra i papabili alla guida della segreteria del Pd dopo il congresso straordinario del 2019. C’è chi dice che dietro a tutto ci sia il malumore per essere stato penalizzato nelle liste delle ultime elezioni da parte di Renzi: «Dobbiamo entrare nelle contraddizioni di Lega e M5S, avremmo dovuto fare di più per evitare questa alleanza populista, invece abbiamo buttato il M5S in mano a Salvini. Di fronte a quanto accade non si può mangiare pop-corn, i pop-corn sono finiti» ha detto, con chiaro riferimento all’ex capo del governo (Agg. Paolo Vites)
IL NUOVO CAMBIO DI FRANCESCHINI
La corsa alla segreteria del Pd, in attesa che venga decisa una data per il Congresso, fa segnare un balzo in avanti da parte di Nicola Zingaretti, il governatore del Lazio che da tempo ha svelato la sua intenzione di guidare il Partito Democratico. Come riportato da Quotidiano.net, infatti, “Zinga” nel corso di un incontro a Cortona di Area dem, la corrente di cui fanno parte Franceschini e da qualche tempo anche Gentiloni, ha di fatto ricevuto una “investitura” che lo rende il candidato da battere. Franceschini, che negli anni è passato dall’appoggiare prima Veltroni, poi Bersani, poi Renzi e adesso Zingaretti, proprio all’ex premier ha riservato un siluro non da poco conto:”Dobbiamo entrare nelle contraddizioni di Lega e M5S, avremmo dovuto fare di più per evitare questa alleanza populista, invece abbiamo buttato il M5S in mano a Salvini. Di fronte a quanto accade non si può mangiare pop-corn, i pop-corn sono finiti“.
ZINGARETTI, “HO GIA’ SCONFITTO M5S DUE VOLTE”
Ma qual è la posizione di Nicola Zingaretti rispetto al M5s? Il governatore del Lazio ricorda orgogliosamente:”Li ho sconfitti due volte“, ma di essere interessato ai loro voti. La strategia di Zinga prevede una ritrovata intesa con Leu e lo si capisce quando il candidato alla segreteria dichiara la necessità di “allargare il perimetro delle alleanze” e di voler promuovere “alleanze larghe, anche alle Europee, che servono come il pane”, con chiaro riferimento ai movimenti che si rifaranno alle liste Macroniane. Zingaretti, pur senza mai citarlo, ha attaccato anche Renzi dicendo di voler “tagliare netto” con il passato e soprattutto invocando “meno autoreferenzialità, più collegialità”. Adesso la palla passa all’ex segretario, forte nei gruppi parlamentari ma sempre meno nel partito: deciderà di sfidare a viso aperto Zingaretti o si troverà costretto ad accettare un ruolo di subalternità?