Anche l’onorevole Giuseppe d’Ippolito, come il presidente del Consiglio, si vanta di essere populista. “L’ossessiva propaganda contro questo termine serve a nascondere — dice al Sussidiario il deputato di M5s — lo sfruttamento delle masse da parte dei sodalizi di potere dominanti”. Avvocato e docente universitario, per quasi un decennio presidente nazionale dell’Associazione Consumatori Utenti, d’Ippolito da molto tempo assiste professionalmente e collabora con Beppe Grillo. Sui temi ambientali è allineato al magistero di papa Francesco. Dai migranti al reddito di cittadinanza, passando per l’Europa, la giustizia e il Sud, ecco il suo pensiero.



Il recente caso della nave Diciotti ha opposto Fico a Di Maio. Qual è la sua posizione al riguardo, sia per quanto riguarda l’accoglienza sia per quanto riguarda la sua posizione in M5s?

L’Italia è sempre stato un paese dell’accoglienza e dell’assistenza umanitaria, ma non può essere il campo profughi dell’Europa. Non credo che le più recenti posizioni governative tradiscano tale vocazione, se facciamo mente a tre considerazioni. 



La prima?

È giusto rivendicare dall’Europa il rispetto degli accordi dello scorso giugno sulla ripartizione degli immigrati tra gli Stati. Il caso Diciotti non sarebbe nato, se quegli accordi non fossero stati colpevolmente disattesi. L’Italia deve avere un peso maggiore in Europa. Quando si tratta di sottoscrivere le quote di finanziamento, ci considerano importanti. Poi ci scaricano sulle emergenze e priorità politiche. Questo dipende, va detto, da un atteggiamento remissivo dei governi degli ultimi lustri. 

Vada avanti.

Ciò premesso, non è possibile utilizzare degli esseri umani per confrontarsi, anche duramente, con gli altri Stati. Esistevano soluzioni alternative che potevano essere percorse, nel caso della Diciotti. 



Quali, secondo lei?

Bisognava fare sbarcare immediatamente uomini, donne e bambini, assisterli e poi accompagnarli alle frontiere dei paesi sottoscrittori degli accordi di giugno. Se non si è percorsa tale strada è proprio per il tradimento di quegli accordi. Da ultimo osservo che ancora oggi, purtroppo, una certa parte politica utilizza strumentalmente le iniziative giudiziarie. 

Si spieghi meglio.

Il fatto è evidente. Lo fa come strumento di lotta; lo potremmo applicare, con lo stesso metro e a parti invertite, alle vicende di Genova e del Raganello, in Calabria. Ma la magistratura persegue e deve continuare a perseguire reati; la politica deve tendere al bene comune.

Non crede che M5s abbia mostrato una politica ondivaga sull’Unione Europea, ad esempio con l’ipotesi di un referendum sull’euro?

La politica è per sua definizione ondivaga, in quanto adatta le proprie strategie alle evoluzioni storiche. Sull’Europa, la posizione meno ondivaga è proprio quella dei 5 Stelle. Abbiamo sempre detto di volere per l’Italia un altro peso e ruolo nelle dinamiche europee. Oggi l’Ue non è un’istituzione in cui si costruisce e lavora tenendo come faro il benessere e lo sviluppo sociale dei popoli e delle nazioni.

E cos’è invece?

Un coacervo di interessi economici e finanziari che condizionano le scelte dei vari Paesi. Basti pensare alla natura, ai poteri e all’influenza della privata Bce. Perciò l’Ue dovrebbe chiamarsi di nuovo Comunità Economica Europea, perché è lontana anni luce dal progetto originario di Altiero Spinelli.

Come giudica l’accusa che vi viene rivolta dai media mainstream di essere “populisti”? Conte ha scelto la via più breve: si fa vanto di esserlo. E lei?

Mi faccio altrettanto vanto di essere populista, parola che nella sua accezione originaria indica colui che sta dalla parte del popolo. L’ossessiva propaganda contro questo termine serve a nascondere — e male — lo sfruttamento delle masse da parte dei sodalizi di potere dominanti, cioè la grande finanza e quella vecchia politica che ne ha tutelato gli interessi a discapito dei diritti fondamentali, dei servizi e dei beni pubblici. 

In ogni caso avete cambiato il quadro politico.

Direi proprio di sì. Mi pare che oggi il conflitto politico non sia più tra destre e sinistre, ma tra chi difende il Paese e i suoi cittadini e chi invece la utilizza a vantaggio dei ricchi.

E quanto all’accusa di “giustizialismo”? Siete un partito che in un modo o nell’altro esprime posizioni molto vicine a certe procure e certi pm, come Davigo e Di Matteo.

Giustizia e politica si devono muovere su piani completamente diversi. A tutti i livelli si registra un deficit di intervento politico, che ha il sapore della rinuncia opportunistica. Grandi trasformazioni sono nate dalle spinte della giustizia penale e civile. La magistratura ha dovuto occupare gli spazi di tutela che la politica ha abbandonato. 

Ma lei si ritiene giustizialista o no?

Aspetti. Qui si discute del ruolo, del rapporto tra potere giudiziario e potere politico, esecutivo o parlamentare. “Giustizialismo” richiama il peggior giacobinismo ed è un termine che non mi appartiene. Parlerei piuttosto di ribalta mediatica conquistata dalla magistratura, specie quella inquirente, negli ultimi anni. La politica è stata incapace di trovare al suo interno misure atte a impedire e reprimere le condotte illegali, la collusione e l’immoralità nei diversi settori. La magistratura ha svolto, come osservava Stefano Rodotà, un ruolo di supplenza, conquistando appunto la ribalta mediatica, anche se talora con eccessivo protagonismo di singoli magistrati. Nei prossimi giorni il governo porterà in aula i primi provvedimenti di legge contro la corruzione, iniziando un capitolo nuovo.

Si può facilmente obiettare a M5s di avere alimentato promesse come il reddito di cittadinanza che non avrà i soldi per mantenere. Cosa risponde?

Sul finire del 2017 Avvenire ha riportato che tra il ’95 e il 2013 in Italia la quota di ricchezza nazionale detenuta dal 90% meno benestante della popolazione si è ridotta dal 60 al 45% del totale, mentre il 10%, più ricco, ha accresciuto la sua parte fino al 55%. Nello stesso arco temporale, l’1% degli italiani ha visto salire la propria quota parte di circa cinque punti percentuali, superando il 20% del tesoro privato complessivo. Non c’è nulla di eticamente giustificabile in questi numeri. C’è troppa disparità, il che è terribile e non può lasciarci indifferenti o, peggio, complici. 

E il reddito di cittadinanza rappresenta il giusto correttivo. Pensa che riuscirete a introdurlo?

Verrà introdotto perché i soldi ci sono. Esistono enormi flussi di denaro da riconvertire a fini sociali. Non è possibile che in Italia, ma direi nel resto del mondo, vi sia una ricchezza così malamente distribuita. Con gli interventi sui vitalizi e sulle pensioni d’oro, che non saranno i soli, garantiremo agli italiani una vita dignitosa. 

Qual è la sua opinione sul caso Ilva di Taranto, simbolo di una politica del lavoro e anche simbolo, ormai forse improbabile, di un rilancio del Sud?

La situazione della fabbrica fotografa quanto dicevo prima. Gli interessi dei cittadini e dei lavoratori sono stati sacrificati sull’altare del profitto economico. Nello specifico si prevede il mantenimento delle fasce d’impiego, salvaguardando però la vita e la salute di un’intera città. Qui dobbiamo deciderci se deve essere privilegiato il lavoro a discapito della salute, della vita di un’intera collettività. Il governo sta cercando di trovare una soluzione che bilanci le esigenze, attraverso un’attenta riconversione dell’Ilva.

Da dove può ripartire il Sud?

Il Sud è storicamente il volano dell’Italia: per risorse culturali, professionali e imprenditoriali, spesso trapiantate al Nord. Il Mezzogiorno non può più essere terra di emigrazione. Al Nord sono state create infrastrutture, opere e iniziative che hanno agevolato uno sviluppo omogeneo. Tuttavia vi è stata e continua a esserci una grande disparità di distribuzione delle risorse. Il Sud può crescere se rimediamo a questo torto. 

In che modo? Ci faccia un esempio.

Per esempio, come sostengo da tempo, ripartendo il Fondo sanitario sulla base del fabbisogno di cure in rapporto alla popolazione delle singole regioni. Oggi le quote del Fondo sanitario sono assegnate sulla scorta di un criterio che contribuisce all’indebitamento delle regioni meridionali e all’emigrazione sanitaria verso Nord.

Oppure?

Oppure intervenendo sul costo del denaro, che alla punta dello Stivale resta elevatissimo, e alla supremazia e arroganza, ai limiti della legalità, del sistema bancario, come dimostra la spaventosa usura bancaria patita nell’indifferenza dei precedenti governi dall’imprenditore della Piana di Gioia Tauro Nino De Masi, che i ministri Di Maio e Bonafede sono andati a trovare di persona, raccogliendone le istanze. 

Però il rilancio del Sud è tutto da costruire. 

Sì. Perciò bisogna approfittarne per procedere nel modo migliore possibile, creando opportunità di sviluppo ecocompatibile ed ecosostenibile. Ci aiutano le potenzialità turistiche, la storia, la cultura e la bellezza del Mezzogiorno.

Lei in M5s si sta occupando di qualche dossier in particolare?

Sto lavorando molto in materia di criminalità ambientale e ho già presentato una proposta di legge per istituire una commissione parlamentare d’inchiesta con il compito di svolgere indagini sul caso della motonave “Cunski”, sulla sua ubicazione definitiva e sul ruolo e i rapporti delle organizzazioni criminali nel fenomeno delle navi a perdere, con particolare riguardo al correlato traffico illecito di rifiuti e a come esso sia stato finora contrastato dai poteri dello Stato. La commissione avrebbe anche il compito di verificare come gli organismi pubblici di protezione ambientale abbiano monitorato i livelli d’inquinamento nelle aree in cui siano stati segnalati o individuati siti con presenza di rifiuti tossici e/o radioattivi riconducibili allo spiaggiamento o all’affondamento di navi a perdere e di verificare come le aziende sanitarie siano intervenute in proposito a tutela della salute della gente.

Come mai ha così a cuore il tema ambientale?

Sono convinto che l’intervento politico concreto sui temi ambientali possa favorire lo sviluppo economico e sociale del Meridione, in cui le mafie, non solo quelle classiche, hanno lucrato illecitamente sui rifiuti e su attività inquinanti che non hanno alimentato l’occupazione. L’ho scritto in un recente articolo proprio da voi: nell’enciclica Laudato si’ papa Francesco ha esortato tutti alla “ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale”. 

Cosa significa concretamente per lei impegnarsi a questo scopo?

Nella mia Calabria sto impegnandomi per la totale pubblicità dell’acqua, finora una miniera d’oro per pochi, anche per l’applicazione di tariffe illegittime per oltre 140 milioni di euro a fronte di un servizio idrico sempre peggiore. E sempre in Calabria sto dedicando anima e corpo alla salvaguardia del mare privo di depurazione e alla necessità di produrre “energia verde”. Sto combattendo contro speculazioni riconducibili alla presenza di centrali a biomasse, per esempio quella, scandalosa, dentro il Parco nazionale del Pollino.

Cosa dice del messaggio per la IV Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato dello scorso 1° settembre?

Nel messaggio il Papa ha esortato a “prendersi cura delle fonti e dei bacini idrici”, e ha detto che “ogni privatizzazione del bene naturale dell’acqua che vada a scapito del diritto umano di potervi accedere è inaccettabile”. Il primo punto del nostro programma elettorale, recepito nel Contratto di Governo, in cui si afferma che l’acqua deve essere pubblica, accessibile a tutti e non oggetto di mercificazione, troverà attuazione in una legge di cui sono cofirmatario. L’iter partirà nei prossimi giorni proprio dalla commissione Ambiente.

(Federico Ferraù)