Tre giorni fa la senatrice Licia Ronzulli di Forza Italia, onnipresente accompagnatrice di Silvio Berlusconi con funzioni di controllo su chi deve avere accesso al “capo” fin dai tempi delle cene eleganti di Arcore, ha informato meticolosamente una delle prime firme del Messaggero, il retroscenista Marco Conti, sulle intenzioni del presidente riguardo ai rapporti con la Lega e la nascita di un cartello comune per le elezioni europee. 



A Berlusconi infatti non è andata giù la strategia del neodelfino Tajani, con una Forza Italia quotata da Swg al 6,9 per cento, che ha ringhiato in questi mesi contro i grillini ma anche contro i leghisti, imponendo di fatto al Cavaliere il “niet” sulla nomina di Marcello Foa a presidente della Rai. In odio un po’ a Salvini, che non lo votò presidente del parlamento europeo, ma soprattutto allo stesso Foa che lo avversò a lungo alla corte di Montanelli quando erano entrambi redattori del Giornale



Berlusconi vuole ora lasciarsi alle spalle le ostilità con la Lega, spalleggiato anche da quelli che al Nord devono essere eletti alle europee e che non toccherebbero palla se non dentro un listone con i padani. In Veneto per esempio FI non andrebbe oltre il 4 per cento. Ed anche se il duo Tajani-Letta recalcitra, si farà come vuole Silvio. L’uomo di Arcore pensa, dopo la sentenza che ha tolto alla Lega le risorse per fare politica, di avere gli argomenti giusti per ammorbidire Salvini: denaro sonante che renderebbe meno duro il piano proposto al ministro dell’Interno, una federazione con Berlusconi presidente, manco a dirlo, e Salvini segretario politico. I duri della Lega hanno ricordato a Matteo che il solo tipo di segretario che Silvio concepisce è quello incaricato di sbrigargli la corrispondenza: uomo avvisato…



Ciò nondimeno Salvini ha una bella gatta da pelare, perché senza soldi non si cantano messe e i problemi creati dalla sentenza del tribunale del Riesame di Genova sul piano politico e finanziario sono enormi. Per ora il giustizialismo dei 5 Stelle morde il freno, ma non durerà a lungo e ben si capisce perché durante l’assemblea politica del Ppe a Bruxelles che ha lanciato la candidatura del tedesco Manfred Weber alla presidenza della Commissione Europea, il segretario generale López-Istúriz abbia elencato tra i nemici inconciliabili la Lepen e il Farage della Brexit, ma abbia accuratamente omesso Salvini. Weber ha fatto i suoi calcoli con la minuziosità germanica che lo contraddistingue: Ppe e socialisti non avranno più la maggioranza nel parlamento europeo. Per essere eletto alla guida dell’Unione Europea servono i voti di diversi partiti populisti. E la Lega ne avrà tanti. 

Forse a Bruxelles sono più avanti che a Villa Certosa e potrebbero dare alla Lega in difficoltà ben di più che dell’argent de poche, aprendogli invece le porte del governo dell’Europa.