Roberto Calderoli condannato a 18 mesi per aver dato dell’orango all’ex ministro del governo Letta Cecile Kyenge. Pochi minuti fa l’europarlamentare del Partito Democratico ha commentato su Facebook: «Abbiamo vinto un’altra volta. Evviva evviva evviva. Il razzismo la paga cara: Roberto Calderoli condannato in primo grado ad un anno e sei mesi per avermi rivolto insulti razzisti. Era il 2013 quando di fronte a migliaia di persone fui paragonata ad un orango da Roberto Calderoli, parlamentare della Lega. Un oltraggio che il Tribunale di Bergamo ha definito una diffamazione aggravata dall’odio razziale, e che l’ha sanzionata oggi con una pena di un anno e sei mesi di carcere». Prosegue Cecile Kyenge: «Anche se si tratta del primo grado di giudizio, e anche se la pena è sospesa, è una sentenza incoraggiante per tutti quelli che si battono contro il razzismo. Perciò esprimo la mia soddisfazione per questa vicenda: non solo per questioni personali, ma anche perché la decisione del Tribunale di Bergamo conferma che il razzismo si può e si deve combattere per vie legali, oltre che civili, civiche e politiche. Un grande riconoscimento per i pm che avviarono le indagini, dimostrando che lo spazio pubblico non può diventare un terreno di incitamento all’odio razziale. È un grande insegnamento per tutti quelli che hanno avuto e che hanno a che fare con pratiche discriminatorie: il razzismo va condannato ovunque si mostra». (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
RICONOSCIUTA L’AGGRAVANTE RAZZIALE
«Quando la vedo non posso non pensare a un orango»: queste le parole di Roberto Calderoli nel 2013 riferendosi a Cecile Kyenge, con l’esponente della Lega condannato oggi in primo grado a un anno e sei mesi dal tribunale di Bergamo, che ha riconosciuto l’aggravante razziale. Le parole del senatore del Carroccio, proferite nel corso di una festa del partito a Treviglio, scatenarono il caos: Calderoli si difese affermando che la sua era solamente una battuta simpatica, ma l’ex ministra del governo Enrico Letta ha deciso ugualmente di citarlo in giudizio. Il Senato nel 2015 diede il via libera a procedere per diffamazione, escludendo l’aggravante razziale: è stato il Tribunale di Bergamo a fare ricorso alla Consulta, accolto in un secondo momento. La Kyenge non si è costituita parte civile e dunque non sono previsti risarcimenti a livello economico.
ROBERTO CALDEROLI CONDANNATO A 18 MESI
Come detto poco sopra, le parole di Calderoli scaldarono gli animi a livello politico, con il leghista che commentò poco dopo il caso: «Ho parlato poco fa al telefono col ministro Kyenge e mi sono scusato. Ci siamo chiariti e ci siamo dati appuntamento in Parlamento per un confronto franco e leale». Come sottolineato da Repubblica, il caso non si chiuse, anzi: «Sì, il sen. Calderoli mi ha telefonato ed io ho accettato le scuse. Ma il nodo istituzionale resta: ciascuno deve tener presente sempre la carica che riveste. l caso non è mai esistito a livello personale, resta aperto a livello istituzionale», le parole dell’ex ministro. Sul tema intervenne anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, «colpito ed indignato» dalle dichiarazioni di Calderoli.