“Alla bella età che ho, ho deciso per senso di responsabilità di andare in Europa dove manca il pensiero profondo del mondo”. Lo ha detto Silvio Berlusconi a Quartu Sant’Elena, prima tappa del suo tour elettorale in Sardegna, annunciando la sua candidatura alle europee del prossimo maggio. “C’è bisogno di cambiare questo governo – ha aggiunto -, dove una parte è rappresentata dal M5s guidato da persone con nessuna esperienza e nessuna competenza. Sono come quei signori della sinistra comunista del ’94, in più hanno questo grande difetto”. Riuscirà Berlusconi a trasformare Forza Italia da partito perdente in un partito con rinnovato appeal elettorale? “Forza Italia si è sempre basata sull’energia e sulla personalità di Berlusconi e basta – risponde Arnaldo Ferrari Nasi, sondaggista, sociologo e analista politico -. Anche dieci anni fa non aveva costruito niente a livello di partito. Perciò oggi non cambierebbe molto: Berlusconi non ha più la forza, come anche solo dieci anni fa, di fare veramente la rivoluzione liberale né ha una squadra vincente. Non l’ha fatto nel 1994, nel 2001 e nel 2008, per varie ragioni, la gente ormai conosce il prodotto. E oggi Forza Italia è inchiodata all’8%”.
Berlusconi come valore aggiunto cosa potrebbe dare?
Stavolta è difficile dirlo. Nelle tornate elettorali precedenti la sua discesa in campo è sempre risultata efficace. Anche nell’ultima, pur non essendo neanche candidato, è riuscito a portare a casa un 5% in più rispetto ai sondaggi accreditati di Forza Italia, e in pochi mesi. Ma stavolta parte proprio dal basso. In chiave europea, però, la sua candidatura ha senso. Ribadisce la vocazione di un’Italia liberale ed europeista. Proprio ieri mattina Bloomberg, agenzia tipicamente anglosassone che dà spazio solo alle cose importanti e solitamente poco attenta a Salvini e Di Maio, non ha snobbato la scelta di Berlusconi, chiamato “King Silvio”.
Ha ancora senso una rivoluzione liberale in tempi di populismi e sovranismi?
Eccome. A livello politico non c’è una vera offerta liberale, per come noi storicamente la conosciamo, e questo dà spazio ai sovranismi, tenendo però conto che la Lega, considerata sovranista, in campo economico, è favorevole a politiche liberali, come dimostra la vicenda della Tav. E poi Salvini è sempre stato eletto della Lega, che da 25 anni è alleata con Berlusconi nel centrodestra.
Nel 1994 Berlusconi scese in campo contro i comunisti. Oggi prende di mira l’incompetenza dei grillini. E’ un argomento elettorale che può far breccia?
Direi “nì”, perché, pur perdendo rispetto al gradimento di marzo 2018, il M5s sta tenendo, sempre attorno a una quota del 26-27%. Le istanze del M5s, competenza o meno, per adesso funzionano ancora.
Ma Berlusconi potrebbe sottrarre voti a qualcuno?
Li porterà via ai sovranisti e la Lega lo teme.
Perché?
Le rispondo con un esempio. Il movimento Più Europa va a congresso e tra i candidati alla segreteria figura Paola Radaelli, più volte fotografata con Salvini e con vari esponenti leghisti. Insomma, potrebbe essere un troll leghista per cercare di svuotare Più Europa. Anche se personalmente tutto questo vento favorevole ai sovranisti io non lo vedo.
I sondaggi e il sentiment li danno in forte ascesa…
In alcune simulazioni sui seggi all’Europarlamento il Ppe dovrebbe raccoglierne 180, il Pse 136, i liberali 96, mentre se i Conservatori e riformisti europei, a cui partecipa Fratelli d’Italia, l’Europa della libertà e della democrazia diretta, a cui partecipa il M5s, e l’Europa delle nazioni e delle libertà, a cui partecipa la Lega, si unissero, arriverebbero complessivamente a 160 seggi circa. E comunque stiamo sempre parlando di Meloni, Salvini e Di Maio, che su più temi sono incompatibili tra loro.
Torniamo in Italia. Gli ultimi sondaggi danno Salvini in calo. E’ finita la luna di miele degli italiani con la Lega e il Salvini di governo?
Salvini in calo dell’1% è puro margine statistico. La Lega resta sopra al 30% di consensi.
E il M5s?
Il trend è in calo dal voto di marzo, questo è un dato affidabile.
Il ritorno di Di Battista può risollevare il gradimento degli elettori?
Secondo me no. Storicamente il M5s, nei suoi momenti apicali, ha manifestato due anime ugualmente forti: una, maggioritaria, di sinistra e una, circa il 30% della base, di destra, perché le istanze del movimento erano l’onestà e il cambiamento, temi trasversali. Adesso, però, con Salvini che si è preso gli insoddisfatti di destra, tanto che la Lega è passata dal 17% dei voti di marzo al 35% di consensi nei sondaggi, sull’altro fronte Fico e Di Battista fanno pendere di più l’ago della bilancia verso sinistra. Quindi, secondo me, il M5s è destinato a occupare lo spazio del Pd, diventando la nuova sinistra.
Il Governo giallo-verde gode ancora di un buon bagaglio di consensi?
Sì, il gradimento è migliore rispetto a quello di altri governi considerando lo stesso periodo di attività.
Ieri il Consiglio dei ministri ha varato reddito di cittadinanza e quota 100 per le pensioni. Chi ne trarrà maggiore vantaggio tra Lega e M5s?
E’ come quando una persona troppo stanca, per riprendersi, si beve un caffè doppio: approvare reddito di cittadinanza e quota 100 farà bene adesso, con un sensibile aumento dei consensi per entrambi nell’immediato e con effetti positivi magari fino alle europee. Ma quando le due misure andranno a regime, i nodi verranno al pettine. Non sono la panacea dei problemi. Pensi solo al reddito di cittadinanza: inizialmente doveva valere 30 miliardi, che poi sono diventati 16 e adesso ne vengono messi in campo meno di 6. Le persone effettivamente soddisfatte saranno a questo punto poche. Ci sarà dunque una parabola e a regime l’effetto sarà minore. Anche per quota 100 sarà, probabilmente, la stessa cosa.
Alle europee potrebbe tornare in auge il partito degli astensionisti?
Le elezioni europee sono interessanti, perché si vota con il sistema proporzionale, che tradizionalmente presenta minori quote di astensionismo. Tutti i partiti sono rappresentati e questo spinge gli elettori a partecipare. E poi queste europee sembrano assumere, per le note ragioni, una notevole importanza. L’astensionismo potrebbe essere davvero basso.
E in questo scenario, il Pd?
Non pervenuto.
(Marco Biscella)