In una lunga intervista a Vanity Fair, anche il rapper Fedez si esprime nella “titanica” lotta tra Governo e anti-Governo in quello stesso mondo dello spettacolo “dominato” in questi ultimi giorni dallo scontro tra Lorella Cuccarini e Heather Parisi proprio sulla figura di Matteo Salvini e sull’emergenza migranti-porti chiusi. Ebbene, dall’immigrazione fino lavoro passando al reddito di cittadinanza, Fedez va in controtendenza rispetto ai colleghi rapper, pur rimanendo un maggior simpatizzante dei grillini piuttosto che della Lega: «È importante che ci sia un governo al lavoro su temi concreti come il reddito di cittadinanza, dopo l’avanspettacolo a cui abbiamo assistito gli anni precedenti, dai bunga bunga di Berlusconi alle lauree finte di Bossi jr, ai balletti attorno ai guai veri o presunti del padre della Boschi e di Renzi», spiega ai colleghi di Vanity Fair il “signor Ferragni”, impegnato tra l’altro in questi giorni ad allontanare le “bufale” lanciate da Fabrizio Corona in merito ad un presunto tradimento alla moglie Chiara con Silvia Provvedi.
FEDEZ “DIFENDE” SALVINI E ATTACCA SAVIANO: “È RIDICOLO”
Nel 2014 proprio Fedez scrisse l’inno del Movimento 5 Stelle ma negli ultimi tempi si è detto certamente più scettico, proprio per quell’accordo con Salvini difficilmente accettabile da un elettorato grillino più di “sinistra” che non di destra: eppure, una parziale difesa dell’alleato-rivale arriva lo stesso quando afferma «Si può essere d’accordo o meno con lui, sul chiudere i porti e sul resto, e io non lo sono, ma rispetto la democrazia e riconosco che non ce la si può prendere con lui perché è stato votato da italiani in coscienza, e sta facendo esattamente ciò che aveva promesso». Per Fedez, ad esempio, i continui attacchi fatti da Roberto Saviano contro Salvini sono tutt’altro che legittimi o sensati: «è ridicolo quell’appellativo “Ministro della Malavita” che continua a ripetergli contro». Per attaccare Saviano, Federico Lucia (nome d’arte di Fedez, ndr) fa riferimento ad un caso del passato, quel Vittorio Arrigoni, giornalista rapito e ucciso nel 2011 sulla Striscia di Gaza: «mi viene da ridere. Perché non dimentico Vittorio Arrigoni, uno che era sul campo e non nei salotti, con i segni della tortura e della trincea. Fu ucciso nel 2011, a Gaza, a pochi mesi da un videomessaggio in cui invitava proprio Saviano a camminare con le sue gambe per Tel Aviv, prima di parlare a vanvera della situazione lì. L’aveva contraddetto, sì, e lui, che ama ergersi a coscienza civile del nostro Paese, non ha speso due parole per ricordarlo», conclude il rapper nell’intervista a Vanity Fair.