Onore al merito per Piazzapulita, trasmissione di La7 che qualche giorno fa ci ha regalato la registrazione, rubata a Davos, di un dialogo tra Giuseppe Conte e Angela Merkel molto più rivelatore di quanto appare a prima vista. Il premier italiano si confida (in inglese) con la cancelliera tedesca sulla situazione di casa nostra, e già questo è un indice della confidenza che l’“avvocato del popolo” ha conquistato con i Grandi d’Europa. Spinto dal Quirinale a impadronirsi del proprio ruolo, Conte nei mesi ha acquistato autorevolezza e ascendente.



Ma che cosa dice il presidente del Consiglio? Rivela alla Merkel che il Movimento 5 Stelle “è in sofferenza”. La cancelliera lo interrompe e chiede: “Di Maio?”. Vuol dire che Conte, nonostante sia stato indicato dal M5s, non è identificato con i grillini. Prosegue Conte: il movimento è preoccupato, hanno fatto i sondaggi e Salvini è al 35-36 per cento mentre loro al 26-27, e quindi si chiedono quali siano i temi che possono usare in campagna elettorale. Conte in sostanza chiede aiuto alla Merkel, domanda un consiglio su come recuperare il consenso rubato dagli alleati di governo.



Questa è la parte più interessante del dialogo: il capo del governo italiano che implora alla Merkel suggerimenti per la campagna elettorale. E la cancelliera ascolta interessata e probabilmente troverà il modo di fare sapere ai grillini le sue preziose raccomandazioni. Conte non sembra più il mediatore imparziale tra Di Maio e Salvini, ma un esponente di partito disperato. Parallelamente è evidente che la Merkel considera i grillini il vero garante degli interessi europei in Italia, gli unici in grado di arginare l’antieuropeismo e il sovranismo leghista. La metamorfosi a 5 Stelle è completata: ormai sono considerati il nuovo centro politico italiano, gli interlocutori dei poteri forti europei contro i destabilizzatori leghisti. La Germania riconosce in Conte e Di Maio le controparti più affidabili in Italia. E specularmente, anche i grillini guardano ai salviniani come avversari più che come alleati. Questo ci dicono quei pochi secondi sussurrati alla buvette di Davos.



Del resto, nelle ultime settimane il solco tra i due partiti di governo si è solamente approfondito. Su grandi opere, trivelle in Adriatico, autonomia del Nord, Lega e M5s sono ormai su sponde opposte. Toninelli a Segrate si è chiesto come mai non ci fosse Salvini a commemorare le vittime dell’incidente ferroviario di un anno fa, mentre il sottosegretario Garavaglia ha ricordato che nel mondo esiste un altro tunnel costruito a metà fra due Paesi, quello tra le due Coree, e non gli sembra un grande paragone. Ma il terreno di scontro più infuocato è quello sui migranti. È chiaro che i 5 Stelle, più interessati alle richieste europee, cercano di ammorbidire l’intransigenza di Salvini.

Tuttavia, il ministro dell’Interno ha messo in scacco i grillini a proposito dell’indagine sulla nave Diciotti. Il Parlamento dovrà votare l’autorizzazione a procedere per il ministro. E qui i grillini sono davanti a un bivio con due strade che li porteranno in altrettanti vicoli ciechi. Se votano l’autorizzazione a procedere, secondo la loro rigorosa tradizione giustizialista, faranno felicissimo Salvini perché lo trasformeranno in un martire. Se invece non la dovessero concedere, risparmiando così il processo al leader leghista, faranno infuriare la loro base che già non è molto tranquilla. In entrambi i casi (pare che Di Maio sia favorevole a concedere uno scudo al collega), per i 5 Stelle si profila un’altra perdita di consensi. Urge un altro caffè con la Merkel.