Quanta parte del Salvini intransigente e poco pragmatico sul tema immigrati sarebbe piaciuta alla Lega prima maniera è questione tuttora aperta. Lo stesso Bossi di fronte al tema immigrazione firmò una legge con l’alleato Fini che fu in realtà una sanatoria di massa e consentì a tanti paròn e amanti degli schei di mettere al lavoro le braccia giunte dall’Est europeo nelle case a due piani della pianura padana o nei capannoni tra presse e torni. L’invasore vero veniva dal Sud dell’Italia (posto inesistente per i legisti di stretta osservanza) che apertamente ospitavano in quegli anni tanti “popoli” senza patria ai mitici “giochi della Padania” riuniti, i figli di Albertone da Giussano, nel loro “parlamento”. Oggi la sterzata antiimmigrati è combattuta dal nuovo Matteo “pifferaio magico” intonando non Verdi e l’Aida ma la marcetta di Mameli, richiamando le folle italiche alla tutela dei “confini” (che poi sarebbe il mare, che confini non ha), twittando con ossessione compulsiva lo sdegno, la rabbia, la ferocia “da padre” che si occupa dei suoi figli (tutti, anche gli iammeià ed i calogeri) sparsi per lo stivale italico con isole annesse.



E la Padania? C’è e vive. Non nella politica dei like (il voto non olet, anche se profuma di broccoletti baresi e serve a spaventare i Forzasilvio) ma nei felpati passi dei commessi ministeriali, che silenziosamente girano tra gli uffici del ministero per le Autonomie (occupato da devota al rito del dio Po) e le giunte lombardo-venete (entrambe con Padani puri al comando) portando tra le mani le cartelline “riservate” del nuovo graal: “il regionalismo differenziato”.



E’ questo il primo tassello politico e vera merce di scambio con Gigino ed i suoi grillari a cui il furente Matteo “come italiano” ha concesso manciate di danè da spargere a pioggia e senza alcun “pragmatismo”, in cambio però non di quota 100 (che poco conta) ma del via libera certo al trasferimento di competenze e relative potestà di tassazione dal Governo centrale alle giunte amiche.

I pragmatici Padani Storici (che in silenzio digeriscono i bocconi del rutilante neoitaliano Matteo) hanno dato un mandato preciso. Sperpera quattro spiccioli, mettiti il mantello a tre colori, urla sulle spiagge contro ogni nave ma porta a casa il trasferimento delle deleghe e del potere impositivo per il Veneto e poi per la Lombardia, quando poi le truppe di Giussano travestite dal tricolore antiimmigrati avranno tra le mani le terre sabaude e la grassa Emilia-Romagna  lo schema sarà replicato.



A quel punto, l’arma finale: un referendum per aggregare tutte le regioni dal Monviso alla Slovenia, dotate oramai di pieni poteri di gestione e di riscossione dei danari, un vera Nazione (Padana) da contrapporre ad un minuscolo staterello italiota. Sanno, i Padani Storici, che senza la bramosia ottusa dei parvenu grillari, che per indole guardano al dito e mai alla luna, il piano non avrebbe nessuna possibilità. Perciò anche i cultori dell’inflessione più antica del lombardo delle valli, guardano la recita del “baubau” quotidiano antiimmigrati ed allo sperpero di denari con il cuore pieno di attesa, la Padania è anche per Matteo la terra promessa per cui tutto vale. Anche farsi passare da “italiano”.