È opinione diffusa che il caso Salvini in esame alla giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato sarà gestita per mettere al sicuro dalla giustizia il leader della Lega. Ma il vero soldato Ryan da preservare non è “Matteo non mollo”. Bensì Giuseppe Conte.

La strategia di Salvini è comunque vincente: se i 5 Stelle lo appoggiano rispedirà al mittente la provocazione dei giudici di Catania, se ne autorizzano il processo gli regalano una barca di voti e si condannano al ruolo di quasi-Pd, che con Renzi non esitò a usare i giudici per cacciare Berlusconi dal Senato e provocare così la caduta del governo Letta. E cadrebbe infatti il governo… ma quello di Giuseppe Conte! Con grande soddisfazione di Alessandro Di Battista, e forse dello stesso Grillo che punterebbe così a recuperare ruolo in un Movimento 5 Stelle a trazione Davide Casaleggio.



Certo, ci sono soluzioni eleganti. Come rinviare le carte al Tribunale dei ministri di Catania, invitandolo a riformulare le accuse, preso atto dell’assunzione di responsabilità dei membri del governo, presidente del Consiglio compreso. Ma i 5 Stelle sono pronti per lasciare la mannaia del giustizialismo ed impugnare il fioretto della politica?



Il prudente ministro Bongiorno, regista della lettera di Salvini al Corriere, ha preferito non correre rischi. Ed ha vergato frasi in gergo tecnico che solo l’avvocato del popolo Giuseppe Conte poteva intendere. “No immunità, no party: cioè fine del governo”. E del soldato Conte. Che “deve” sopravvivere. Pena tornare al ruolo che ha ricoperto per una vita intera. Il milite ignoto.

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