C’è un’alternativa al gabinetto Conte? All’apparenza no! E proprio i numeri sembrano costituire la forza dell’Esecutivo: in Parlamento, con una maggioranza schiacciante (anche se erosa da qualche minima defezione a 5 Stelle) e nel Paese, con un consenso popolare assai sostenuto e, per almeno un partner di Governo, in costante ascesa.



E l’alternativa? Al momento in Italia non esiste. E non è una questione da poco. In ballo c’è la democrazia. La forza di uno Stato democratico risiede infatti nella credibilità dell’opposizione. Ovvero nella disponibilità reale di (almeno) un progetto politico altro.

Una situazione mai registrata dalla costituzione della Repubblica in avanti. Al “dominio” Dc infatti si contrapponeva un serio antagonismo “rosso”, a Berlusconi un fronte riformista altrettanto robusto ed agguerrito, a Renzi una proposta grillina e, sul versante opposto, un’altrettanto chiara proposta leghista. Altare e contraltare.



E adesso? Niente di tutto questo. Nessuna credibile alternativa appare possibile, con il rischio di una legittimazione automatica di qualsiasi scelta politica.

In questo senso sembra muoversi la preoccupazione – per niente peregrina – e l’attivismo del Colle. Ed in questa luce potrebbero essere interpretati molti eventi “sordi” accaduti nell’ultimo periodo, a partire dalla visita di Berlusconi al Capo dello Stato (assai particolare visti i trascorsi burrascosi sulla sua elezione) e le sempre più frequenti prove di indipendenza del premier Conte in sintonia con i sentimenti del suo dante causa: il Quirinale, appunto.



Ma altri movimenti vellutati sembrano intravedersi dietro al grande clamore (alimentato ad arte dal “braccio forte” dell’esecutivo) della Sea Watch e della Diciotti. Innanzitutto la “discesa in campo” ufficiale della Chiesa italiana con l’esortazione per i “nuovi liberi e forti” ad un rinnovato impegno nell’edificazione del “bene comune” e la decisa strambata al centro di Forza Italia di cui l’abbordaggio della Prestigiacomo, la lettera del Cav al Corriere della Sera (scelta per niente casuale) in occasione dei 100 anni del manifesto sturziano e la clausura di Toti per la troppa contiguità con la Lega, ne sono prova provata.

Ma non basta. Anche l’appello all’unità delle forze riformatrici e riformiste lanciato dal confindustriale ex ministro allo Sviluppo economico Calenda sembra prefigurare un’altra mossa sullo scacchiere della costruzione di una possibile ampia alternativa di Governo.

Infine – elemento per nulla secondario – la nascita del “partito dei responsabili” ex-grillini. Una pattuglia di deputati e, soprattutto, senatori che potrebbe rappresentare il rifugio per il malcontento chiaramente presente nel Movimento 5 Stelle ed attualmente sapientemente sopito con un’oculata distribuzione dei “ruoli di potere”, ma che potrebbe deflagrare se valorizzato in un progetto di più ampio respiro.

In questo senso a nessuno sono sfuggiti i distinguo, rispetto a certe scelte politiche qualificanti del Governo, platealmente sottolineati dal presidente della Camera Fico: leader dell’ala movimentista grillina ed uomo di buone entrature presso il Quirinale.

Poco altro tempo ancora (come sembra – non a caso – indicare ormai chiaramente anche l’informatissimo Marzio Breda) e tutto sarà pronto. Senza fretta, tutto secondo la prassi istituzionale, ma funzionale all’evenienza.

Conte non deve temere: sarà lui, l’avvocato “moderato” del popolo, a guidare un eventuale “esecutivo della nazione” con il beneplacito delle due sponde del Tevere e, come sembra di intuire, di via Solferino.