Con un eclatante annuncio un gruppo di sindaci, cominciando da quello di Palermo, ha dichiarato di voler disapplicare, in nome della Costituzione, una legge dello Stato. La questione dal punto di vista costituzionale è chiara. In Italia, nessuna autorità può sottrarsi alla legge, salvo i giudici quando sollevano una questione di legittimità costituzionale nel corso di un processo. Inoltre, tranne le Regioni, e peraltro solo per motivi legati alle competenze costituzionalmente protette, nessun potere locale può contestare le leggi. Infine, soltanto le Regioni – e non i Comuni, tra l’altro – possono ricorrere al conflitto di attribuzione contro un atto dello Stato.
E’ altrettanto chiaro che l’obiettivo di questo annuncio non sia quello di giungere prima possibile al sindacato della Corte costituzionale. Il modo più naturale e rapido per innescare il giudizio di costituzionalità è proprio l’opposto. Infatti, dando subito applicazione alla norma “sospetta”, l’atto dell’amministrazione locale è immediatamente impugnabile in sede giurisdizionale da chi si ritenga leso nei suoi diritti costituzionali, e in questo giudizio si può chiedere repentinamente al giudice di sollevare la questione di costituzionalità.
Al contrario, con la minacciata disapplicazione la tempistica inevitabilmente si allunga. Occorre attendere che un’autorità statuale contesti in sede amministrativa l’operato (omissivo o attivo) dell’amministrazione locale, e poi che quest’ultima reagisca con un contenzioso giudiziario, e quindi, successivamente, che all’interno di quest’ultimo si proceda alla rimessione della questione alla Corte costituzionale. Oppure, occorre attendere che si avvii un procedimento contro un sindaco – o un suo dipendente – inadempiente in ragione della presunta responsabilità penale o, ad esempio, contabile-amministrativa. Con i normali tempi di attivazione dei poteri sostitutivi o repressivi statuali (per di più, considerato quanto già dichiarato dal ministro degli Interni che ha annunciato che “non saranno inviati i carabinieri”) e della giustizia penale e contabile, si dovrà attendere.
Ed allora, occorre interrogarsi circa il contesto politico-istituzionale in cui si muove un gesto così clamoroso. Secondo Aristotele, la natura manifesta orrore per il vuoto. Al contrario, possiamo dire, la politica se ne nutre. La recente sconfitta elettorale del Pd e di Forza Italia, forze entrambe centriste seppure su versanti diversi, ha aperto un vuoto nella rappresentanza politica che molti si stanno affrettando a riempire. Il voto moderato sembra già favorire la Lega, mentre nel campo progressista i giochi sono appena iniziati. In un panorama ancora abbozzato, dunque, si ergono adesso queste personalità di rilievo locale che sembrano quasi accomunate dal medesimo punto di vista culturale ed ideale. Insieme e contemporaneamente, i sindaci si spendono in modo così drammatico su una questione di fortissimo impatto, anche internazionale, come quella dell’immigrazione.
Si tratta allora di un gesto contingente, determinato da un fatto per così dire eccezionale, o è la manifestazione embrionale di un fenomeno più ampio, o addirittura di un’aggregazione politica che potrebbe trovare sponde e risorse ben più consistenti?
Un’ulteriore domanda occorre comunque porsi. Non sembra facile, in una situazione sociale così magmatica come l’attuale, tessere la trama di una rinnovata narrazione politica sui fili dell’ordito di quel vasto bacino elettorale che tradizionalmente era identificato con il “centro che guarda a sinistra”. La storia non si ripete, ma insegna.