Non conosce soste la marcia di rilancio dell’ex premier Matteo Renzi. Dopo la pausa dedicata al tennis, quella riservata ai seminari di gran lusso alla corte dei potenti della terra e l’ambìto quanto sfizioso flash televisivo, la politica “guerreggiata” è tornata la prima vera occupazione del senatore di Scandicci. Il tutto con un programma preciso e dichiarato: tornare alla guida del Paese.



Ovvero sfruttare lo spazio aperto dalla (per molti) innaturale alleanza tra il Movimento 5 Stelle, il primo partito del Parlamento nazionale – non bisogna mai dimenticarlo – e la Lega del battitore libero Matteo Salvini, per dare l’assalto alle truppe berlusconiane assai smarrite e tentare una ricomposizione delle forze moderate del Paese. Quelle che storicamente hanno governato l’Italia prima con la Dc, quindi con i governi di centrosinistra e, dopo tangentopoli, alternativamente con Prodi e l’uomo di Arcore.



Nessun partito unico (o della Nazione, ormai archiviato dopo essere stato tanto atteso ed invocato), bensì il tentativo di far convergere in un’alleanza le varie espressioni democratiche presenti non solo in Parlamento.

Una sorta di superamento del Pd con il Pd. E, sul versante opposto, il superamento di Forza Italia, senza rinunciare al bagaglio liberale e riformatore proprio dei forzisti. Tutto benedetto da alcune iniziative (cultural)politiche incoraggiate ed ancorate alla Chiesa italiana delle quali “Insieme” è sicuramente espressione autorevole, riconosciuta e sostenuta.  

In questo progetto vanno inquadrati anche i recenti incontri avuti dall’ex sindaco di Firenze con Paolo Romani (già capogruppo di Forza Italia al Senato) e l’ex ministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda che molta parte dell’imprenditoria nostrana rimpiange sonoramente.



Ma non solo. Anche le mosse di Renzi dentro (con la conquista di segreterie regionali di peso come quella toscana per condizionare il congresso e la nuova segreteria) e fuori il Pd (con la prossima kermesse dei “Comitati civici” lanciati nell’ultima Leopolda ed organizzati dall’ex sottosegretario Scalfarotto) rientrano a pieno titolo in un piano che potrebbe già strutturarsi in Europa con l’abbandono degli schieramenti tradizionali in vista del consolidamento – anche grazie all’azione del renziano di ferro Sandro Gozi – di due nuovi fronti: europeisti contro euroscettici.

Una ricomposizione che comporterebbe necessariamente un “rimpasto” del quadro politico anche italiano e l’apertura di spazi di leadership per il Matteo da Rignano: l’anti-Salvini per eccellenza!