Gli stati antichi avevano confini labili, decisi in sostanza dall’influenza del sovrano dominante, o dal timore ispirato da loro eserciti. I limes romani o la muraglia cinese non erano linee precise ma avvertimenti di potenza: chi supera questo spazio lo fa a suo rischio e pericolo. Il confine era un segnale che se violato metteva in pericolo lo Stato.



Ci sono voluti secoli per arrivare ai confini definiti sulla carta e difesi metro per metro con filo spinato, mine e soldati armati fino ai denti. Il senso però rimane lo stesso del tempo antico: la frontiera va difesa, pena il crollo di tutto lo Stato. Cioè dai tempi antichi fino ad oggi è la politica estera che definisce uno Stato all’interno, e viceversa la sua politica interna che definisce la politica estera.



Quindi cosa vuole ottenere Roma oggi attaccando la Francia e schierandosi con il Venezuela di Maduro? Il problema è che Parigi ha una serie di dossier con i quali può rivalersi sull’Italia e lo dovrà fare, perché altrimenti rinuncerebbe alla sua politica estera, al suo essere Stato. La Francia, diversamente dall’Italia, ha ben chiaro le prerogative e i doveri di uno Stato.

Lo stesso toccherà fare alla Spagna, che si era schierata con grandissima forza in Venezuela contro Maduro e a favore di Guaidó.

In altri termini, in un momento di grande difficoltà dell’Italia in Europa e nel mondo, l’Italia si è creata due nemici da due paesi che le erano invece vicini. Ciò si può fare in politica estera, ma se si hanno obiettivi chiari. Ma, sarà per la distanza, sarà per l’ignoranza, non ci è chiaro quale sia l’obiettivo di politica estera perseguito nell’attirarsi l’inimicizia di Francia e Spagna.



C’è un obiettivo di “esportazione del proprio dibattito interno”, come ha acutamente osservato Stefano Folli qualche giorno fa su Repubblica. Ma tutto ha un costo, e per l’Italia pestare i calli a tutta l’Europa e agli Usa su Francia e Venezuela potrebbe essere un costo ben maggiore di quello che chiunque possa sopportare.

E forse non è finita. L’Italia avrebbe promesso di firmare un memorandum sulla Via della Seta con Pechino durante la prossima visita del presidente cinese Xi Jinping in Italia e Francia a fine marzo. L’Italia sarebbe il primo paese occidentale a firmarlo. Adesso sono in corso dure trattative tra Cina e Stati Uniti sul commercio che scadono il 1° marzo. Non è chiaro come finiranno, ma è chiaro che, al di là del commercio, il fastidio americano verso la Cina è ormai a 360 gradi e ha sempre più aspetti di sicurezza e militari.

Quindi firmare tale accordo sulla Via della Seta è destinato a irritare gli Usa, già nervosi per l’appoggio di Roma a Maduro. Ciò specie se l’accordo sul commercio Usa-Cina non si trova. Non firmare l’accordo sulla via della Seta, a questo punto, dopo le promesse fatte, irriterà la Cina. Il tutto con conseguenze da ogni parte.

Tutti questi elementi destabilizzanti in politica estera sono gravi come e più di una politica economica sbagliata, anche se gli effetti hanno riflesso meno immediato.

La domanda prima e ovvia è: che cosa sta facendo il giovane Luigi Di Maio? Qui la risposta, altrettanto ovvia, è: fa quello di cui è capace, rompe tutto come un bambino impazzito con un bastone in una cristalleria. Ma del resto non sa cosa sia una cristalleria, non sa cosa ci faccia lì, e non sa cosa sia un bastone… e nessuno vicino a lui glielo insegna.

La domanda meno ovvia è: che cosa sta facendo il ministro degli Esteri Enzo Moavero? Non agisce, evidentemente, appiattito per timore della propria sopravvivenza politica. Solo che lui sa o dovrebbe sapere tutto su bastoni e cristallerie.

In questo modo alla fine sia Di Maio sia il ministro degli Esteri fantasma giocano facendone pagare il prezzo al paese.

Per molto meno in altri tempi il premier Silvio Berlusconi, entrato in rotta di collisione con gli Usa sulla Russia e con l’Europa sull’euro, è saltato. Berlusconi e la sua Forza Italia allora erano molto più forti di Di Maio, M5s e Moavero. Questi potranno sopravvivere alla confusione che stanno montando? Improbabile.

Il problema vero però sono altri: quale sarà il prezzo che l’Italia dovrà pagare per avere scelto costoro? Come li si manda a casa il prima possibile? E cosa verrà dopo?