Certamente il seguente brano della prefazione di Friedrich Engels alla geniale opera di Karl Marx Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte è troppo drastico e duro, sottovalutando il ruolo (crocianamente) dello Spirito nella storia, ma bene serve, tuttavia, per inquadrare sociologicamente e antropologicamente il periodo politico che l’Italia sta attraversando: “Fu proprio Marx – scriveva Engels – ad aver scoperto per primo la grande legge dell’evoluzione storica, la legge secondo la quale tutte le lotte della storia, si svolgano sul terreno politico, religioso, filosofico, o su un altro terreno ideologico, in realtà non sono altro che l’espressione più o meno chiara di lotte fra classi sociali; secondo la quale l’esistenza, e quindi anche le collisioni, di queste classi sono a loro volta condizionate dal grado di sviluppo della loro situazione economica, dal modo della loro produzione e dal modo di scambio che ne deriva. Questa legge, che ha per la storia la stessa importanza che ha per le scienze naturali la legge della trasformazione dell’energia, gli fornì anche la chiave per comprendere la storia della seconda repubblica francese”.



Ed è ciò che esattamente accade oggi non in Francia, ma in Italia: disgregazione delle classi medie a reddito fisso impaurite dalla riforma dei regimi pensionistici a cui si stenta a dare riparo e a cambiare, sottomissione di larghi strati di commis d’état a regimi privatistici che li sottopongono alla legge del mercato e alla ricerca continua di un posto di lavoro avendo perso completamente lo status di servitori a vita di uno Stato articolato in enti oltreché in pubblici apparati, svalutazione del principio di status per gran parte degli insegnanti sottomessi a regimi di reddito insufficienti per riprodurre la conoscenza didattica e culturale generale e sottoposti alla pressione di famiglie e di direttori scolastici privi di cultura delle relazioni educative.



Nell’industria manifatturiera la crisi sottopone manager di ogni basso e medio livello all’incubo della disoccupazione in cui si è barbaramente scagliati in non più giovane età ma in età matura, quando non è possibile trovare un’altra occupazione. Una forte discrasia di status divide top manager multimilionari, ceto manageriale intermedio e lavoratori non manuali sottoposti a insicurezza di lavoro. Una paura crescente serpeggia tra la borghesia manifatturiera alveolare; le piccole e artigianali imprese per il rischio continuo di fallimento in cui incorrono, sottoposte a pressioni burocratiche e fiscali asfissianti. La classe operaia è paralizzata dalla paura della disoccupazione e dal regime neo-schiavistico a cui è sottomessa nella maggioranza delle imprese con contratti intermittenti e a tempo breve, sotto un’inaudita pressione ideologica e morale che l’ha fatta sprofondare nell’anomia.

Gioventù che non lavora e non studia, sprofondata anch’essa nell’anomia più profonda. La secolarizzazione ha prodotto un neopaganesimo classista delle “classi alte ecologiche” che ha dilagato nei mondi simbolici di tutti gli insediamenti umani.

Il più volte da me citato capolavoro di Franz Neumann su Angoscia e politica è il testo più importante – con quello di Marx – per comprendere il moderno italico dramma. La crisi per anomia prevale perché si è distrutta la mortatiana costituzione materiale – che non sono i “poteri forti”, come sento dire da imbecilli in ogni dove, dominanti nel pubblicato e nel visualizzato, ma invece i grandi partiti di massa che in uno Stato fragile come l’italico sostituivano lo Stato medesimo con processi di integrazione benevolente e che promuovevano e sostituivano insieme (di nuovo la sostituzione…) le comunità di destino tipiche dei partiti politici di massa.

La reazione degli anni Novanta con distruzione dei partiti di massa avversi alle privatizzazioni da globalizzazione subalterna ed emersione della poliarchia non democratica ma repressiva, via magistratura e via antropologia negativa dell’umano, ha dato vita a una divaricazione formidabile degli orientamenti sociali e soprattutto degli universi simbolici delle masse.

Ortega y Gasset, soprattutto in España invertebrada aveva bene descritto, profeticamente, la situazione politica attuale dell’Italia. Si deve andare oltre la classica dicotomia governanti-governati alla base di ogni organizzazione sociale. In Italia si è realizzata a rovescio la teoria di Gaetano Mosca delle élites che portano ordine e progresso proprio perché istituzionalizzano l’elitismo come forma di governo politico. In Italia la democrazia elettronica (che si è cercato di inverare recentemente in Congo con esiti tremendi nell’ultimo agone elettorale che ha contrassegnato la fine apparente del dominio della famiglia Kabila) nasconde la realtà del fatto che certo solo una minoranza può guidare la massa. Ma questa esiste unicamente per essere diretta, influenzata, rappresentata, organizzata dall’alto passivamente? Non è inevitabile. Oggi in Italia la minoria selecta, che secondo Ortega è in grado di sottomettere un agglomerato indifferenziato di individui eterodiretti e di promuovere così la stabilità dell’ordine politico, si presenta invece come servitore del popolo, suo ostetrico benevolente nel mondo dei diritti, creando un formidabile mondo di specchi una volta impadronitosi, com’è accaduto ora, di una parte del governo nazionale.

La retorica rosa-crociana oggi dominante di chi ha realizzato il plusvalore politico della rappresentanza del popolo degli abissi distrugge giorno dopo giorno con le grida “Onestà! Onestà!”, oppure “Tutti ladri”, “Divieto della prescrizione”, “Tutti colpevoli”, quella democrazia realistica che accentua le funzioni direttive di una minoranza governante. Ma ogni giorno emerge che essa non è stata selezionata in base al merito piuttosto che al potere, alla ricchezza o alla forza. È ciò che non si riesce a inverare in Italia, questa minoranza, per la violenta trasformazione per via angosciosa dell’hombre-masa, ossia di coloro che dalla solitudine depressiva traggono la forza, la volontà di potenza, generando con la loro apparizione uno dei più clamorosi trionfi del conformismo mediatico, con un declino della civilizzazione paragonabile solo al periodo del Basso Impero, con l’imbarbarimento e l’impoverimento dei costumi, con la lingua nazionale ridotta a una sua caricatura semplificata.

E questo genera un isterismo di massa che pervade tanto il popolo degli abissi quanto la borghesia finanziaria e i suoi succedanei di massa: il popolo radical chic delle professioni ex liberali, ecologisti e nutrizionisti fanatici che polemizzano con coloro che sono contrari ai vaccini con la stessa isteria di questi ultimi e conducono una polemica politica anch’essa angosciosa, confondendo la politica con la carità e la misericordia; così come altri scambiano l’iniziativa politica con il razzismo. Ma né la carità né il razzismo possono sostituire l’iniziativa politica, soprattutto di governo. Per Ortega le minoranze un tempo elitarie soccombevano sotto il dominio di un’umanità irresponsabile, viziata, non legata spiritualmente ad alcuna classe sociale, déracinée per eccellenza. Ortega y Gasset vedeva in futuro un’Europa di dispotismi, di omogeneità che annullano le differenze, con conformismo e volgarità dilaganti: un’Europa di barbarie dominata da un’umanità irresponsabile senza memoria storica, che godeva dei prodigi della tecnica senza freni morali.

L’unica speranza, seguendo uno dei pensatori che con Gaetano Mosca ed Emmanuel Mounier hanno più influito sulla mia formazione spirituale, è quella di far rivivere i partiti storici di massa. Il Governo italiano oggi ne ha uno nel suo seno e solo a esso è affidato il futuro non caciquista e non esoterico di massa dell’Italia. Le altre forze di governo sono dignitosi esponenti della continuità dello Stato il cui leader più illustre è Paolo Savona, il quale rappresenta la grande tradizione liberale italiana. È solo da una nuova alleanza tra queste due forze (l’una è una forza di massa, l’altra un’anima che non deve perdersi ma continuare a essere la lucerna sopra il moggio secondo il Vangelo di Marco (4,21-25): “In quel tempo, Gesù diceva alla folla: ‘Si porta forse la lampada per metterla sotto il moggio o sotto il letto? O non piuttosto per metterla sul lucerniere? Non c’è nulla infatti di nascosto che non debba essere manifestato e nulla di segreto che non debba essere messo in luce. Se uno ha orecchi per intendere, intenda!’”) che si potrà ripartire.

Se non s’intenderà questa voce, l’ascesa di un Georges Boulanger sarà inevitabile. Ma sarà un Boulanger senza Clemenceau, il quale di Boulanger disse: “La popolarità del generale Boulanger è arrivata troppo presto a qualcuno a cui piaceva troppo il rumore”. Lo stesso Boulanger del quale, allorché si suicidò sconfitto e disperato, sempre lo stesso Clemenceau, grande uomo politico francese e vincitore non solo morale della Prima guerra mondiale contro gli Imperi centrali, disse: “Morì come visse: da sottotenente”. Parole consone per definire coloro che dominano i tempi in cui sopravviviamo.