“Speriamo non succeda come a Sanremo”… La sibillina dichiarazione di Matteo Salvini affonda la lama nel vero dubbio che agita la base pentastellata e che la distingue negli umori dai parlamentari divisi in correnti.

Mentre cioè la base, la gente, il popolo, i cittadini sono in sintonia con le politiche del governo gialloverde e vivono quasi in simbiosi con la leadership Di Maio-Salvini, i parlamentari hanno imparato sin troppo presto i giochi di potere della casta, le tentazioni dei rovesciamenti di fronte.



E di questi ha timore Grillo, che a proposito del voto in casa 5 Stelle ha parlato, sferzante, alla vigilia, di Comma 22 e sindrome di Procuste. L’uomo che dopo aver dato vita alla gioiosa macchina da guerra del Vaffa-day si è ritirato in buon ordine per lasciare spazio ad una generazione giovane e vincente. Ora Grillo sa che i Fico, i Di Battista, sono politici che valgono quanto i Renzi e i Letta, i Veltroni e i D’Alema.



Gli resta l’incognita Di Maio. La decisione del capo politico di proteggere Salvini trae origine dall’essere l’ennesimo poltronista? O dall’avere la stoffa dell’uomo di Stato? Senza laurea e senza cultura, ma con la barbara intuizione di chi si sente chiamato dalla Storia. Ci dirà appunto la storia se il legame Salvini-Di Maio vale quello dei ladri di Pisa che di giorno fanno finta di litigare e la notte vanno a rubare insieme. O se piuttosto sono leader che hanno dato vita ad una grande coalizione che riuscirà col tempo e con gli errori a ridare fiducia ad un paese ormai provato da vent’anni di populismi in giacca e cravatta e proprio per questo più corrosivi di quelli con l’uniforme dei pompieri.