Ieri il Movimento 5 Stelle si è ufficialmente trasformato in un partito vero e proprio. Era inevitabile che accadesse ed infatti è accaduto. Il voto con cui i militanti grillini – con un significativo 60% – hanno scelto il No a fronte della richiesta di autorizzazione a procedere contro il loro alleato di governo Matteo Salvini, ha segnato dunque il passaggio, irreversibile, dalla fase in cui il Movimento si rifiutava di fare qualsiasi cosa con gli altri (alleanze, programmi, accordi) a quella in cui i suoi militanti hanno mostrato di iniziare ad accettare le dure regole della politica. Nei prossimi mesi capiremo meglio con quali caratteristiche questo processo di transizione si completerà e che tipo di partito prenderà forma. Dipenderà molto dal dibattito che si svilupperà via via a partire dagli effettivi risultati ottenuti stando al governo ma anche dall’esame dei prossimi risultati elettorali, a cominciare da quelli regionali di domenica in Sardegna e poi dalle europee del 26 maggio.



Di Maio ha provato a mettere ordine nella discussione indicando le due priorità per un movimento che diventa partito. E cioè costruire rapidamente un vero e proprio gruppo dirigente e aprirsi ad alleanze locali, a cominciare dalle liste civiche. Infatti tra i tanti temi che assillano i leader del Movimento vi è la debolezza cronica, emersa in occasione dei vari voti amministrativi, che è frutto dell’assoluta inconsistenza del loro personale politico locale, composto praticamente da sconosciuti senza presa alcuna sull’elettorato.



Napoli e la Campania potrebbero diventare a breve un esempio concreto della nuova linea Di Maio. Ed è in questa strategica Regione del Sud che potrebbe essere siglato il primo accordo elettorale proprio con il sindaco de Magistris, che vuole sfidare il governatore De Luca alle prossime regionali. Schierando contestualmente Fico al Comune di Napoli, il Movimento potrebbe per la prima volta contare su un ticket vincente.

Dopo il voto in Abruzzo, dove un pur evidente recupero di consensi da parte del centro-sinistra non ha impedito il successo di un candidato di estrema destra, l’elettorato progressista è spaventato da una destra sempre più agguerrita. Come si comporteranno gli elettori di sinistra ai prossimi appuntamenti elettorali? Ridaranno fiducia al Pd? Si polarizzeranno intorno ai 5 Stelle come unica alternativa alla Lega? Difficile prevedere cosa succederà dopo la chiusura del lungo e tormentato percorso teso a scegliere la nuova segreteria del Pd.



Il punto politico per la sinistra rimane quello che solo parzialmente è stato affrontato dopo il voto del 4 marzo e la nascita del “governo del cambiamento”. E cioè la capacità di tornare a fare politica e ricostruire un’alternativa credibile di governo. Zingaretti, il più accreditato degli sfidanti, ha già detto con chiarezza che di fronte ad una crisi di governo non c’è alternativa a nuove elezioni. Svelando così i suoi reali obiettivi: spingere il M5s all’opposizione e rinnovare radicalmente il gruppo parlamentare del Pd, fin troppo fedele al vecchio corso renziano.