La città è la stessa, Roma, la capitale “immorale” d’Italia, e i luoghi si trovano a non molta distanza. L’hotel Raphael e il teatro Brancaccio, le monetine contro Bettino Craxi nel 1993 dopo che la Camera aveva respinto quattro autorizzazioni a procedere contro il segretario del Psi, e la contestazione contro Beppe Grillo dopo che i parlamentari pentastellati hanno rigettato l’istanza del Tribunale dei ministri di processare Matteo Salvini. Giustizia e politica: Tangentopoli fece crollare la prima repubblica, l’inchiesta sulla gestione dei migranti fa già vacillare la terza, neonata. “Dimettiti da garante”, “avete tradito i nostri valori per le poltrone”, “ci hai venduto a Casaleggio”, è scritto sui cartelli issati all’uscita del teatro dove il comico teneva il suo spettacolo.



Il voto di ieri nella Giunta per le autorizzazioni ha consolidato Matteo Salvini e indebolito Luigi Di Maio. Il vicepremier grillino spiega la situazione dicendo che “il voto su Rousseau unisce tutti”: in realtà è vero l’opposto. Il Movimento è spaccato, ormai privo di un’identità, stravolto nel passare da realtà di protesta a forza di governo e inadeguato nel gestire le situazioni più complesse che richiedono flessibilità e capacità di valutazione che vadano appena al di là del proprio naso, o della propria pancia. E nessuno nel M5s, da Grillo a Di Maio passando per Fico e Casaleggio jr, appare in grado di gestire questa fase e restituire ai 5 Stelle una credibilità.



Salvini invece si gode l’ennesima vittoria. Che arriva nel giorno in cui piove su di lui un’altra tegola giudiziaria, cioè un’udienza preliminare a luglio alla quale il leader leghista dovrà sottoporsi per vilipendio all’ordine giudiziario: Salvini nel 2016 avrebbe offeso la magistratura durante un comizio. C’è da scommettere che il vicepremier riuscirà a scampare anche questa trappola, facendo passare le toghe come nuovi membri delle “élite” che vogliono combattere il popolo e i suoi rappresentanti. Da parte dei giudici, potrebbe essere una riedizione della tattica attuata a suo tempo ai danni di Silvio Berlusconi, cioè tenere perennemente sulla graticola giudiziaria il potente di turno. Con Salvini però il metodo potrebbe non funzionare.



Ma il segretario della Lega festeggia anche per le difficoltà di Renzi e Berlusconi, in teoria i suoi principali oppositori in Parlamento. Uno alle prese con i guai giudiziari dei genitori, l’altro con i numeri dei sondaggi che gli sconsigliano di candidarsi come capolista in tutti i collegi delle europee: lo scontro diretto con Salvini si risolverebbe in una Caporetto. La Lega in questo momento ha davanti a sé enormi praterie in cui dilagare, e nessun antagonista.