Il decreto dignità funziona per Luigi Di Maio, non per Maria Elena Boschi. Lo scontro tra il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico con l’ex ministra per le riforme si consuma sui dati pubblicati oggi dall’Inps. Per il vicepremier dimostrano «i primi effetti del decreto dignità e mi danno tanto entusiasmo per andare avanti su questa strada». Dura la replica della Boschi: «Di Maio è un bugiardo. I dati positivi del 2018 sono i nostri, non i suoi. Anzi. Da maggio -75 mila occupati, -122mila a tempo indeterminato. Oggi il ministro della disoccupazione ha fatto autogol». Ora prima di chiedersi chi abbia ragione, è lecito interrogarsi su come sia possibile che di fronte ai numeri vengano raccontate due storie diverse da maggioranza e opposizione. La spiegazione è semplice: Di Maio e Boschi fanno riferimento a due fonti di numeri diversi. E allora andiamo con ordine. Come riporta La Repubblica, i dati pubblicati dall’Inps si riferiscono al numero dei contratti attivati o cessati nel settore privato. Non sono posti di lavoro perché una persona può attivarne o interromperne diversi restando comunque un singolo occupato. E dunque i dati mostrano che da quando il decreto dignità è pienamente operativo il numero di assunzioni “precarie” è drasticamente sceso rispetto al 2017.
BOSCHI VS DI MAIO “DECRETO DIGNITÀ FUNZIONA? BUGIARDO”
In questo caso dunque ha ragione Luigi Di Maio. Il decreto dignità funziona, perché di fronte alla possibilità di assumere qualcuno, le imprese usano meno la strada delle assunzioni a termine. Sono scese di oltre 57mila unità in due mesi. Inoltre, sono crollate anche quelle in somministrazione, quindi la strategia di scoraggiamento di questo strumento ha funzionato anche in questo caso. Gli effetti del decreto dignità si sono mostrati chiaramente sull’andamento delle trasformazioni dei precari in contratti stabili. Le aziende si sono ritrovate di fronte alla scelta su cosa fare dei lavoratori a tempo o apprendisti: in alcuni casi hanno scelto di mantenerli in organico con un contratto stabile. E infatti nel bimestre di fine anno, come riporta La Repubblica, le trasformazioni sono più che raddoppiate. Ciò che non è chiaro è quanti lavoratori in scadenza si siano “persi” questa trasformazione forzata e cosa succeda a chi non ha un lavoro. Per quanto riguarda le nuove assunzioni, sono lievemente aumentate. Il saldo dei contratti stabili è migliorato, quello dei contratti a termine è peggiorato. Con un orizzonte temporale più ampio si potrà capire se le aziende manterranno i contratti in essere o creeranno nuovo lavoro.
CHI HA RAGIONE SUL LAVORO?
Passando alle considerazioni di Maria Elena Boschi, bisogna precisare che i numeri dell’ex ministra arrivano dall’Istat che non censisce il numero di assunti e “cessati” ma scatta una fotografia a campione su quante persone stanno lavorando e con quali condizioni. E questo è un dato che viene considerato spesso più rilevante nell’analisi dello stato di salute del mercato del lavoro. In questo caso i numeri danno torto a Di Maio: da quando il governo M5s-Lega si è insediato, lavorano meno persone e meno persone hanno un posto fisso, quindi i dati citati da Maria Elena Boschi – come riportato da La Repubblica – sono corretti. Di Maio non è però un bugiardo: ha scelto un dato che conferma la sua tesi, la de-precarizzazione del lavoro, ma ignora i dati citati dall’ex ministra che dimostrano che da quando il governo si è insediato ci sono meno persone con un lavoro.
Di Maio è un bugiardo. I dati positivi del 2018 sono i nostri, non i suoi. Anzi. Da maggio -75 mila occupati, -122mila a tempo indeterminato. Oggi il ministro della disoccupazione ha fatto autogol #Istat
— maria elena boschi (@meb) 21 febbraio 2019