Nessuna crisi di governo, per ora. Salvini si tiene stretto Berlusconi con l’obiettivo di spolparlo; Di Maio perde voti. Il capo politico di M5s pensava di potersi espandere a destra, ma ha perso la scommessa e a destra ha trovato Salvini. Ora gli restano solo il centro e la sinistra, ma a quel punto a guidare M5s sarà qualcun altro. Nel frattempo, dice Fabrizio d’Esposito, firma politica del Fatto Quotidiano, “assisteremo ad un protrarsi dell’immobilismo, in attesa del giudizio apocalittico delle europee”.
Il centrodestra vince ma Salvini non intende tornare indietro. Si tiene Di Maio. Sarà davvero così?
Sì, perché il vecchio centrodestra è morto e Salvini lo sa benissimo. Il vicepremier ha bisogno di liberarsi di Berlusconi. Di fianco al Cavaliere, Salvini e la sua Lega non sarebbero più una novità politica.
Qual è la sua strategia?
Svuotare Forza Italia. Può riuscirci solo tenendosela stretta dove e quando serve. E’ il paradosso del centrodestra, che negli ultimi nove mesi ha vinto sei elezioni ma che a Roma è solo virtuale.
Dunque niente urne.
No. In altri tempi qualunque leader, nella situazione attuale di Salvini, avrebbe dichiarato chiusa l’esperienza di governo e sarebbe andato al voto. Salvini si guarda bene dal farlo.
Cosa pensi della svolta organizzativa in senso partitico che Di Maio intende imprimere al Movimento?
Di Maio sta tentando disperatamente di recuperare voti andati a Salvini. Prima ha pensato che il colpo di bacchetta magica potesse essere Di Battista, con il quale ha cercato di giocare la carta europea, ma senza successo. Dopo la sconfitta in Abruzzo, Di Maio ha capito che la democrazia diretta non basta e che i movimenti hanno bisogno di spessore.
Dove sta l’errore?
Nel confondere i partiti con il rimpianto e le pratiche della prima repubblica. Invece i partiti servono. Concorrono a formare la politica nazionale, lo dice la Costituzione.
Bisognerebbe farlo capire ai 5 Stelle, cresciuti con il mito della democrazia diretta e del Movimento che non si allea con nessuno per non contaminarsi.
Credo che il discorso della democrazia diretta valga soprattutto per i militanti e per alcuni eletti. Quando c’è stato il voto online sull’autorizzazione a procedere si sono espressi in 52mila, un abisso rispetto a quanti hanno votato M5s il 4 marzo.
Questo per te che cosa significa?
Vuol dire che all’elettore dei 5 Stelle non interessa la modalità, interessano la questione morale, i programmi, le scelte. Detto questo, che il 41 per cento di quelli che un anno fa hanno votato M5s in Sardegna domenica siano rimasti a casa, è un sonora sconfitta.
Questi voti sono recuperabili?
Di Maio ha perso una scommessa, quella di puntare tutto sulla natura post-ideologica del M5s. Non per colpa sua: nel frattempo è nata una stella politica, di nome Salvini, che ha occupato tutto lo spazio disponibile a destra.
Cosa può fare adesso Di Maio?
Può solo guardare al centro o a sinistra. Da quella parte ci sono spazi liberi e forse rispecchiano di più la natura politica del Movimento, che non ha radici a destra.
Ma a sinistra troverebbe il Pd. Renzi però ha chiuso le porte. Potrebbe riaprirle Zingaretti.
Appunto. Con Zingaretti si potrebbe aprire una nuova fase, non più però sotto il segno di Di Maio. Posso sbagliarmi, ma la parabola politica di Di Maio è legata a Salvini e a questo governo.
Vedi una scissione all’orizzonte?
No, né una scissione né un’implosione. Anche nei momenti più duri, come il caso Diciotti e le due sconfitte elettorali, i big di M5s, ossia Conte, Di Battista e Fico, nella sostanza hanno rispettato la leadership.
Non dimentichi Casaleggio?
Sopravvalutate il suo ruolo. Gestisce la piattaforma, è portatore di un interesse politico, la riorganizzazione non gli piace, ma ha ripetuto che il leader è Di Maio.
Il governo rischia?
No, anche se assisteremo ad un protrarsi dell’immobilismo, in attesa del giudizio apocalittico delle europee.
Ci sono diversi dossier difficili da chiudere: la Tav, l’autonomia differenziata, la legittima difesa. Secondo alcune fonti, il governo sarebbe da tempo sul punto di rottura.
E’ un immobilismo che certamente non fa bene al paese, ma che è vigilato da Conte. Il governo si regge su un contratto che mette insieme due forze molto diverse. Quando una delle due va in difficoltà, emergono i lati più identitari e il compromesso risulta più difficile.
In concreto?
Dopo che Di Maio ha salvato Salvini sul caso Diciotti, una svolta storica per M5s che ha sempre autorizzato tutti i processi, se i 5 Stelle dovessero cedere anche di poco sulla miniTav verrebbe meno uno dei pilastri ideologici e fondativi del Movimento.
Dunque la Tav non si farà?
Salvini e Di Maio prenderanno tempo fino alle europee. Il dibattito sull’autonomia si è ingarbugliato, mentre la legittima difesa non sarà un intoppo perché passerà con i voti di Berlusconi.
(Federico Ferraù)