Salvini è il dominus della maggioranza e ormai lo certifica anche di Maio, costretto a dire che nel governo “il peso è due terzi del Movimento 5 Stelle e un terzo della Lega”. Un’esplicita ammissione di inferiorità politica. Poco importa che il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro, abbia detto al Corriere che “su 10 provvedimenti importanti approvati, 8 sono M5s”. Codice degli appalti, nomine, Tav, autonomia, recessione e assenza di investimenti sono i nodi sui quali si misura quotidianamente la distanza tra M5s e Lega. Tanto che il Quirinale, preoccupato per lo stallo del paese, starebbe lavorando attivamente alla rottura del patto di maggioranza, favorendo una ricomposizione del centrodestra (cui non mancherebbe un’interlocuzione col Pd). Una trappola che Salvini ha fiutato: lo dimostrano le garanzie di fedeltà fatte a Di Maio e il lavoro di “protezione” discreta del leader 5 Stelle che il ministro dell’Interno ha raccomandato ai suoi. E tuttavia, anche Salvini è costretto ad aspettare, dice Aldo Giannuli, politologo e saggista.
In un modo o nell’altro il Colle ha ragione: il paese è fermo. Come se ne esce?
Non è detto che si riesca. Salvini ha un problema di tempo: vuole liberarsi dei 5 Stelle, però non può farlo prima di avere normalizzato la destra.
In che modo?
Togliendosi dai piedi Berlusconi. Due le strade. O tenendo a bagnomaria Forza Italia e prendendosene un pezzetto ogni tanto, vedi le ultime elezioni, o aspettando che il Cavaliere tolga il disturbo. A quel punto si va al voto e Salvini si candida come capo di tutta la destra, con l’obiettivo di fare un governo suo.
Questo avverrà prima o dopo le europee?
Prima è impossibile. Però, come si suol dire, l’uomo propone e Dio dispone. Questa situazione di stallo corre il rischio di durare troppo e non è detto che il vento continui a soffiare nelle vele di Salvini.
Eppure non sembrerebbe.
In realtà, un poco sta calando e Salvini se n’è accorto. In Sardegna non ha stravinto e in Abruzzo è andato bene ma non benissimo. Può anche succedere che le tensioni nel governo esplodano tra una settimana. Ma è meno probabile.
Quali sono i fattori più destabilizzanti?
Ce ne sono diversi. La crisi economica, le pressioni dell’Unione Europea, la manovra d’autunno. Ancor prima le elezioni in Basilicata (il 24 marzo, ndr). Non è la Lombardia, è vero, però una terza sconfitta di seguito dei 5 Stelle anticiperebbe il risultato delle europee, condizionandole.
E nel frattempo?
Per quanto Salvini non abbia interesse ad esasperare la situazione, i 5 Stelle potrebbero essere tentati di puntare i piedi su tutto. A cominciare dalla Tav e dall’autonomia differenziata, proprio per far vedere che non è Salvini a comandare.
Toninelli ha annunciato che entro la prossima settimana il governo prenderà una decisione. Secondo un retroscena di Dagospia, invece, ci sarebbe già un accordo tra Salvini e Di Maio per “una mini-Tav ad impatto fortemente ridotto”.
Sulla Tav, Tria ha ragione. Anche ammettendo che l’opera è sbagliata, e io sono tra quelli che l’hanno sempre pensato, non si possono firmare accordi internazionali, accettare i finanziamenti dell’Ue e poi tirarsi indietro perché è cambiato il governo. Più dei soldi vale la parola del paese. Venir meno ai patti vuol dire scoraggiare tutti gli investitori, anche coloro che potrebbero acquistare il nostro debito pubblico, con buona pace delle missioni di Giorgetti a Londra e negli Stati Uniti.
Gli Usa vedono nell’Italia un grimaldello per scardinare l’Unione Europea, l’Ue è pronta a giocare in Italia con Mario Draghi la sua ultima carta. Come andrà a finire?
E’ presto per dirlo. Occorre innanzitutto vedere quale sarà il risultato delle europee, che secondo me ci daranno un europarlamento ingovernabile, per quello che conta il parlamento europeo. Io non sono affatto sicuro che socialdemocratici e popolari insieme avranno ancora la maggioranza, e ci metto anche i liberali.
Si prospetta il caos?
E’ molto probabile. Senza contare la stagione delle elezioni nazionali che si aprono dopo le europee. Se i partiti antieuropeisti hanno successo, l’Unione Europea rischia di perdere i paesi uno alla volta.
È possibile fare una previsione sul risultato italiano?
Non sappiamo nemmeno quali saranno le liste. De Magistris si candida? Pizzarotti fa l’accordo con la Bonino? Si fa il listone di Calenda oppure no? Il M5s resta unito o no? Le variabili sono ancora troppe.
Fermiamoci ai 5 Stelle. Vanno verso la scissione?
Secondo me prima delle europee è difficile, a meno che non si mettano a fare espulsioni. Dopo, tutto è possibile.
(Federico Ferraù)