Mentre tutti hanno lo sguardo fisso su ciò che accade intorno alla sempre più aggrovigliata questione della Tav, nelle stanze Rai si sta giocando una partita di altrettanto valore e interesse per le sorti del governo giallo-verde.

La presentazione del piano industriale da parte dell’Ad Salini è stata per le due forze di governo una nuova occasione per darsele di santa ragione.



La scena dello scontro raffigura da un lato le armate pentastellate, dall’altra le truppe di fede salviniana, in mezzo la grande torta delle produzioni radiotelevisive, un po’ più il la, le residue forze del Pd che tentano di riorganizzarsi e conservare almeno un pezzetto dell’antico potere.

Almeno così sembra a leggere i giornali e così la interpretano la quasi totalità dei commentatori, più o meno esperti di Rai e dintorni. Essi insistono a leggere le vicende politiche italiane con vecchie categorie e soprattutto con gli occhiali da tifosi che vorrebbero vedere l’attuale governo al più presto cadere in rovina. In questo modo però ad essi sfuggono dettagli importanti e fanno fatica a capirne la rotta reale.



Ancora una volta i fatti rivelano che i rapporti tra Salvini e Di Maio sono sempre molto forti e ben saldi, e che i due sono in grado non solo di gestire le crisi, ma di crearle ad arte, con il duplice scopo di occupare praticamente da settimane ogni spazio mediatico, sia quello che spetta a chi governa sia quello che spetterebbe alle opposizioni. Sono mesi che il gioco riesce perfettamente. Nonostante quello che leggiamo sulla stampa, l’attuale governo trova nelle difficoltà e negli attacchi esterni la forza per compattarsi ancora di più.

D’altra parte l’alternativa per Salvini sarebbe quella di ritornare mestamente nel vecchio recinto del centrodestra, rimettendoci la faccia ma anche la libertà di movimento di cui ha goduto in questi mesi. Pe Di Maio sarebbe ancora peggio, non potendo certo essere lui il leader di un Movimento che rinunciasse al ruolo di governo in nome della fedeltà ai principi costitutivi.



Le truppe Pd in Rai tentano di riorganizzarsi, per non sparire del tutto. Mentre di “renziani” non c’è neanche più l’ombra, si registra un grande attivismo degli ex-Dc di Franceschini, che contano su un disattento Zingaretti, ancora troppo lontano dai luoghi reali dove si giocano le vere battaglie di potere. E poco conta la smentita ufficiale dell’ex membro della vigilanza e da qualche mese segretario Pd della Lombardia, Vinicio Peluffo. L’obiettivo reale è di portare a casa qualche direzione tematica, come la “produzione day-time”, a cui ancora una volta aspirerebbe la mai doma Ammirati, o la direzione dei “Format” per Andrea Fabiano, attuale capo del personale.

La Rai è uno dei terreni più favorevoli a praticare il finto gioco litigio/accordo sottobanco/nuovo litigio. Intanto perché è il luogo dove esiste ancora – al di là di quello che si pensa – la vera comunicazione di massa grazie ai contenitori della tv della mattina e del pomeriggio. Ma anche perché la “fabbrica delle storie” legata alle serie tv oltre che fare opinione rimane una fetta consistente del mercato della produzione (oltre un miliardo di euro all’anno).

Le proposte di razionalizzazione e di riorganizzazione contenute nel piano di Salini tendono formalmente ad ottenere risparmi più o meno importanti, ma puntano soprattutto a mettere le mani sulle linee di comando.

Il potere oggi è troppo concentrato nelle direzioni delle reti e il piano vorrebbe ridimensionarle a vantaggio di “direzioni di contenuto” di cui al momento si sa davvero poco. Altrettanto dovrebbe accadere per il piano di riassetto delle sedi regionali, già in agitazione e sul piede di guerra.

Significativo anche il riordino finalizzato alla riduzione delle produzioni esterne, la grande mangiatoia dove cercano spazio case di produzione piccole e grandi, pronte a sfornare contenuti e palinsesti graditi ai nuovi padroni del momento.

I giornali annunciano una nuova offensiva di Salvini per accaparrarsi posti importanti ceduti frettolosamente all’alleato, quando i rapporti erano di 2 a 1 a favore dei 5 Stelle.

Ora che si avvicinano le europee – è la tesi dominante – la Lega passerà all’incasso.

Ma questo non avverrà né alla Rai né in generale. Intanto nel Cda il piano è passato con il voto contrario del Pd e non si capisce se dopo il 26 maggio questo progetto sarà ancora considerato valido.

Che interesse avrebbe davvero il “Capitano” ad umiliare l’alleato più fedele? Al contrario Matteo Salvini considera ormai i nuovi compagni di viaggio molto più affidabili dei vecchi arnesi del centro-destra e sta realmente pensando a come fare per trasformare il “governo del contratto” in un’alleanza stabile e duratura.