Caro direttore,
forse ci siamo. Con un voto parlamentare pressoché scontato, la maggioranza giallo-verde tenterà di far calare il sipario sulla vicenda Diciotti: il pattugliatore d’altura in dotazione alla Guardia costiera italiana tenuto per giorni in mare e poi al molo di Catania senza possibilità di sbarco perché “rifugio”, loro malgrado, di 47 migranti naufraghi.



Il sipario forse si chiuderà, ma le contraddizioni politiche e giudiziarie trionferanno.

Del “cuor di leone” del ministro dell’Interno che in un primo momento si era spinto a chiedere, lui, il processo per poi ricredersi e minacciare persino una crisi di governo se la maggioranza non lo avesse salvato dal processo, è stato detto e scritto molto.



Ma se l’aspetto personale appare comprensibile, seppur politicamente poco giustificabile, ciò che appare più assurdo è il comportamento del Governo, soprattutto se messo a confronto con la decisione della maggioranza di negare ogni approfondimento giudiziario sulla vicenda come richiesto dal Tribunale dei ministri.

Procediamo con ordine.

Dopo la sfida lanciata da Salvini ai magistrati, il Governo aveva fatto propria la posizione del ministro indicando, in una memoria debitamente depositata, i nomi del presidente del Consiglio, del vicepremier Luigi Di Maio e del ministro dei Trasporti, quali “corresponsabili” della decisione di non far attraccare la nave Diciotti.



Una vera e propria auto-denuncia ed un nuovo guanto di sfida alla magistratura. Il messaggio lanciato dalla politica ai giudici era chiaro: se accusate e vorreste giudicare Salvini, allora abbiate il coraggio di farlo con tutto il Governo nelle figure più rappresentative e direttamente coinvolte.

Una posizione forte, gagliarda e persino responsabile smentita però clamorosamente, nel giro di qualche giorno, dal voto della Giunta per le autorizzazioni, nella quale la maggioranza ha ribadito una posizione totalmente contraria a quella del Governo: nessuno può sognarsi di indagare e giudicare il vicepremier e ministro dell’Interno come nessun altro esponente del Governo.

Due facce, una maggioranza!

Ma le facce sembrano essere varie anche sul versante giudiziario. Mentre il diretto interessato Salvini – secondo la richiesta del Tribunale dei ministri – doveva essere giudicato addirittura per “sequestro di persona”, per la posizione degli altri esponenti del Governo parimenti coinvolti e per loro stessa autodenuncia solidali alla linea politica e alle decisioni assunte dal ministro dell’Interno, è stata proposta l’archiviazione. Tutto è rinviato alle decisioni della magistratura giudicante ma certo è che un eventuale accoglimento dell’istanza di archiviazione rischierebbe di assomigliare molto ad una determinazione “politica” che mal si concilia con la massima “La legge è uguale per tutti”.

Contraddizioni di un Paese dalla bussola in panne.

Ed un nuovo caso Diciotti si prospetta all’orizzonte.