La Camera ha approvato il disegno di legge sulla legittima difesa: 373 i voti favorevoli, 104 i contrari e 2 astenuti (con 25 deputati M5s che non hanno votato la proposta di legge). La votazione è stata accolta dagli applausi dai banchi di Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega. Dal prossimo 26 marzo il provvedimento passerà al vaglio del Senato per la terza lettura. Con la nuova legge – fortemente voluta dalla Lega e accettata un po’ obtorto collo dal M5s – viene modificato l’articolo 52 del Codice penale, allargando il principio della presunzione assoluta di legittima difesa. Secondo i detrattori, questa legge provocherà una deriva giustizialista. Sarà così? “Una deriva da Far West no – risponde Carlo Federico Grosso, avvocato penalista e professore ordinario di diritto penale nell’Università di Torino -, ma il rischio di troppe pallottole che partono sì. Io non avrei fatto questa riforma, che non so proprio dove e come sia migliorabile. Con la riforma del 2006 si era già andati molto avanti rispetto alla figura tradizionale della difesa legittima come configurata dal Codice Rocco. E secondo me non c’era proprio niente da cambiare”.
Però, come ha ripetuto più volte il ministro Salvini, è una sorta di richiesta, anche molto esplicita, che arriva da molti italiani, vittime troppo spesso di reati compiuti nel proprio domicilio e che non si sentono abbastanza tutelati dall’attuale normativa…
Questa è un’esigenza più “politica” che “tecnica”. Fosse anche vero che gli italiani non si sentono sufficientemente tutelati, li si legittima a sparare comunque? Se questa è la logica, cioè il sentimento della gente, la ratio adeguata sarebbe stata quella di portarla all’estremo: uno mi entra in casa e io lo posso ammazzare comunque. Capisce che sarebbe stata una follia, perché non si può legittimare in maniera ampia e indiscriminata quello che sostanzialmente può essere un omicidio. Per fortuna non mi sembra che si sia arrivati a questa conclusione, visto che oggi ci sono ancora dei paletti: la necessità, il pericolo…
Sta di fatto che con la nuova legge si afferma il principio che vale la presunzione assoluta di legittima difesa. Può valere sempre? Come mai, allora, l’articolo 52 del Codice penale ne limita e regola i requisiti?
Secondo me non può valere sempre. Una presunzione assoluta di legittima difesa è un assurdo. Nel diritto penale si valutano sempre le situazioni reali. Il problema è che il principio di presunzione era già entrato nel nostro ordinamento con la riforma della difesa legittima del 2006.
Che cosa aveva previsto il legislatore?
Con riferimento alle aggressioni che avvenivano nei luoghi di domicilio o negli altri luoghi indicati, come uffici e via dicendo, si presumeva soltanto la proporzione tra difesa e offesa.
In che senso?
In ogni caso occorreva che fosse provato che una persona che fosse entrata in un luogo di domicilio altrui stesse creando una situazione di pericolo attuale del diritto di colui che abitava in quei luoghi e per reagire a questa situazione di pericolo ci si difendeva. A questo punto si diceva: non conta più, come valeva precedentemente, che la reazione non poteva essere più grave dell’aggressione, ma si presumeva comunque la proporzione. E questo era già un passo avanti. Rimaneva però fermo il principio che ci doveva essere un’aggressione che creava un pericolo attuale per la persona o per qualunque altro diritto e che, fintanto che esisteva questa situazione di pericolo, l’aggredito poteva difendersi. E poteva difendersi comunque, senza badare a fare attenzione a non recare un danno più grave della minaccia cui era sottoposto.
E oggi?
Sembra che si sia andati ancora più avanti in questa direzione, nel senso che si presume la difesa.
Che cosa significa?
Che chi entra in un domicilio o in un altro dei luoghi indicati dall’articolo 52 viene considerato automaticamente un aggressore e colui che spara viene preliminarmente considerato un difensore. Ma così si facilita la spinta a sparare.
Nella legge, tra l’altro, si dice che lo stato di turbamento permette ogni tipo di reazione all’interno del proprio domicilio. Ma basta dimostrare di aver creduto di essere in pericolo per poter legittimare ogni reazione?
Questa è la novità della legge. Considerando il turbamento al pari dell’effettivo pericolo, si arriva a dilatare in maniera macroscopica i limiti della difesa consentita. E’ un ulteriore spostamento in avanti del livello di possibile reazione cosiddetta lecita.
Ma non le sembra complicato, in caso di procedimento, determinare lo stato di turbamento?
Questo è un problema enorme. Ho sentito spesso in tanti dibattiti sul tema che il nodo fondamentale sul tappeto era: bisogna evitare che coloro che sparano per difendersi vengano trascinati in un processo. Cosa assolutamente impossibile. Un procedimento penale viene sempre aperto: bisogna verificare se c’è stata un’aggressione, se comunque l’aggressore non stava già scappando e via dicendo. Per accertare le modalità con cui si sono verificati i fatti, un’indagine va compiuta. Poi, proprio in riferimento allo stato di turbamento, i problemi non mancheranno di certo. Come si potrà accertare il livello del turbamento? Allora tanto valeva presumere anche il livello del turbamento. C’è una persona che mi entra in casa e io sono ovviamente turbato.
Quindi?
Avrebbero, cioè, dovuto dire che per il solo fatto che c’è un aggressore in casa, si presume ci sia turbamento e quindi ci sia il presupposto. Nell’ottica del riformatore di oggi questa sarebbe stata la strada più logica, che io ovviamente non condivido. Come si fa a dosare a posteriori lo stato di turbamento? Tutte le volte che abbiamo a che fare con stati psicologici, abbiamo situazioni processuali sempre molto complesse, dove spesso si contrappongono posizioni di consulenti opposte, perché ciascuno fa la sua valutazione soggettiva. E’ difficile oggettivare lo stato di turbamento. E questo è un altro aspetto della riforma che mi lascia molto perplesso e preoccupato.
I detrattori della legge, non a caso, paventano il rischio che si crei un clima da Far West. E’ lecito temere una deriva giustizialista?
Nessuna deriva da Far West, ma certamente colui che è aggredito è più “coperto” nel difendersi, nel senso che può legittimamente difendersi indipendentemente dalla proporzionalità e anche sulla base di un mero turbamento soggettivo, di una semplice percezione di pericolo, magari inesistente ma che percepisce come tale. E quindi sarà sicuramente più legittimato e più agevolato psicologicamente a reagire sparando. Ma qui si viene a creare un grosso rischio.
Quale?
Che il ladro, sapendo che l’aggredito può essere spinto a sparare, diventi molto più attento e, qualora veda anche solo balenare una pistola, sia indotto o pronto a sparare per primo. Addirittura si rischia di mettere in pericolo l’aggredito a causa della maggiore abilità a sparare del ladro. E’ una novità che per certi versi non favorisce l’aggredito. Se da un lato si estende l’ambito della sua impunità se spara, dall’altro lo si espone al rischio di aggressioni più concrete e più violente da parte dell’aggressore. E’ un effetto che doveva essere preso in considerazione con molta più attenzione. Il rischio di troppe pallottole che partono c’è. E quando partono le pallottole è comunque un male.
Non bastava inasprire le pene per tutti i reati che minano la sicurezza della persona, come furti, rapine o violazioni di domicilio, per aumentare l’efficacia della deterrenza?
La mia opinione personale è che questa riforma della difesa legittima rischia di diventare criminogena: spinge gli aggrediti a sparare senza riflettere adeguatamente e spinge i ladri a sparare a loro volta in maniera molto veloce se intravedono qualche pericolo per la loro azione aggressiva. Questa riforma non porta vantaggi rilevanti. Quanto meno si poteva studiare un dosaggio migliore delle pene per i reati contro il patrimonio e contro la persona, come furto o rapina. Il sistema delle pene di questi reati oggi è sconclusionato. Ragionando attentamente su questo aspetto, sarebbe stato possibile arrivare a una buona soluzione protettiva, senza andare a modificare ulteriormente un istituto così delicato come la difesa legittima.
In che modo?
Sarebbe stato meglio ridisegnare le modalità di calcolo delle pene per il furto così da non poter essere abbattute successivamente dai singoli magistrati chiamati a giudicare i singoli casi.
(Marco Biscella)