Il Def è stato approvato e ora tra M5s e Lega si frappone soltanto la sfida diretta alle europee. Intanto la crescita zero resta sul tavolo e il problema dei soldi che servono per disinnescare le clausole di salvaguardia (23 mld) e fare la flat tax (12 mld la sola “fase due”) è rinviato a settembre, dopo il voto di maggio. Proprio le europee però potrebbero avere importanti conseguenze per M5s e Lega. Salvini se lo augura, Di Maio lo teme. Secondo Stefano Folli, editorialista di Repubblica, un rimpasto di governo sarà quasi inevitabile.
Tuttavia i due vicepremier si sbagliano se credono che ad attenderli ci sia solo la campagna elettorale. Infatti al nodo dei conti, che riguarda il rapporto del governo con la commissione europea, attuale e prossima ventura, si è aggiunto quello delle relazioni con gli Usa e l’ulteriore indebolimento del paese sullo scenario internazionale, come emerge dai risvolti della crisi libica.
Il Cdm ha approvato il Def. Ci sarà un anticipo di flat tax fino a 50mila euro che Salvini ha voluto a tutti i costi. Funzionerà?
A due mesi dalle europee, la flat tax mi pare soprattutto un argomento da campagna elettorale. Infatti Tria non mi è sembrato molto entusiasta, dato quello che costa la misura, che va sommata alle clausole di salvaguardia. Il nodo vero, che sono le coperture, sarà rinviato a dopo l’estate.
Tria continuerà ad essere strattonato tra vincoli di finanza pubblica e richieste di M5s e Lega?
Il ministro non ha intenzione di lasciare il campo, ma nemmeno di essere lo strumento di politiche economiche “facilone”. In condizioni normali un ministro tecnico nella sua posizione si sarebbe già dimesso.
Vuole dire che invece la posizione di Tria si rafforza?
La forza di Tria è quella di un tecnico di cui oggi l’Europa si fida. Dal canto suo, Tria è divenuto un po’ l’espressione di quei poteri europei che guardano all’Italia con “attenzione”. Questo non piace ai nostri nazionalisti, ma la commissione è un soggetto politico in campo e come tale fa valere il suo peso. C’è anche da dire che proprio nessuno oggi vorrebbe prendere il suo posto.
Siamo davanti a due grandi tappe: le elezioni del parlamento europeo e la manovra economica. Il voto europeo sarà dirimente?
Avrà effetti limitati sugli equilibri europei. Prevedo che il prossimo parlamento sarà ancora espresso dalla maggioranza tra popolari e socialisti, magari con l’innesto di altre forze come liberali e verdi.
E in Italia?
Da noi il voto avrà un effetto più importante perché sarà un grande sondaggio sulle forze di governo e in parte su quelle di opposizione. Ci sarà un ridimensionamento dei rapporti di forza di M5s e Lega.
Esclude lo scenario del voto anticipato?
Direi di sì. Se arriverà al 31-32%, Salvini avrà la tentazione di far valere il voto europeo sul piano nazionale. Avrebbe anche una sua logica politica, ma sarebbe molto pericoloso provocare le elezioni anticipate in un momento di grave difficoltà economica.
Con la manovra tutta da scrivere.
Salvini sarà forte nell’opinione pubblica ma debole in parlamento, dove con il 17% si troverà a negoziare con l’Europa e a varare una manovra pesantissima.
E questo non sarebbe un argomento in più per andare al voto?
No, perché con la legge elettorale attuale la Lega rischierebbe di avere un risultato non corrispondente al risultato proporzionale ottenuto alle europee.
Dovrebbe allearsi con Berlusconi.
E infatti se Salvini non si allea con Berlusconi rischia di trovarsi in difficoltà, o di tornare ad essere un partito nordista. Insomma tra le europee e il voto anticipato ne passa.
Sembra che negli ultimissimi tempi la Lega abbia perduto consenso. Come si spiega?
Sono oscillazioni minime. Il dato saliente è che la Lega diventerà il primo partito, ma il cruccio di Salvini è un altro: non riuscire ad assorbire Forza Italia. Il 27 maggio il partito di Berlusconi sarà ancora sulla scena, con il suo 8-9%.
Quanto scenderanno i 5 Stelle?
Il 22-23% sarebbe un risultato di molto ridimensionato rispetto al 4 marzo, ma resterebbe comunque rilevante. Se invece prendessero il 17%, allora il discorso cambierebbe.
Lei però esclude il voto anticipato.
Il voto anticipato sì, per le ragioni che ho detto, ma un rimpasto di governo mi pare inevitabile.
La crisi libica sembra avere colto l’Italia di sorpresa. Non crede che qualcosa sia cambiato tra la Conferenza di Palermo e la firma del memorandum con la Cina?
Ho qualche dubbio sui tempi di questa presunta correlazione. È vero che gli Stati Uniti sono fortemente irritati per l’accordo con la Cina, la mia impressione però è che il nodo vero della questione libica sia che non abbiamo avuto dall’America l’appoggio che speravamo di avere. Memorandum o no.
Ci spieghi meglio.
Eravamo il paese che doveva garantire la stabilizzazione in Libia e per questo ci siamo schierati con l’Onu a sostegno di Serraj. Un compito delicato, ma alla nostra portata. E chi doveva garantirci sul piano internazionale, visto che i partner europei a cominciare dalla Francia non ci vedevano di buon occhio, erano gli Usa. È mancato questo elemento.
Con quali conseguenze?
Ora la nostra funzione politica si è ulteriormente indebolita e saremo ancor più isolati sul piano internazionale.
Eppure vantavamo un rapporto diretto con la Russia, e Trump simpatizzava per Conte e i due partiti di governo.
Nei fatti l’amicizia con Putin ci ha procurato un sacco di guai, perché le altre cancellerie europee ci guardano con sospetto e gli Stati Uniti anche. Ora si tratta di vedere se e come cambieranno gli equilibri in Europa e soprattutto come si evolveranno le presidenziali americane. Fino ad allora saremo sicuramente ai margini del gioco.
(Federico Ferraù)