La prospettiva del danno è a medio termine, ma il momento per intervenire è a brevissimo termine. In questa dissonanza temporale c’è oggi tutto il dramma della Lega di Matteo Salvini, che potrebbe raccogliere, lui forse più di tutti, i frutti delle ire americane ed europee per il pasticciaccio brutto della Via della Seta, cioè l’accordo siglato durante la recente visita del presidente Xi Jinping. Il super-gabinetto estero, creato dal premier Giuseppe Conte per riprendere un po’ in mano la situazione terremotata della diplomazia italiana, è un’altra cosa.



Da qui occorre partire, ma anche procedere in ordine.

In Libia è tornata la guerra e la posizione italiana favorevole a Serraj è più debole, anche perché dopo l’affronto italiano del memorandum con la Cina, Usa e Ue si curano di meno degli interessi dell’Italia. Per ora non c’è nessun vinto o vincitore in Libia ma non c’è neanche un nuovo equilibrio all’orizzonte. Allora è facile che, impoverite dagli scontri (le armi costano), le fazioni libiche col tempo più bello riaprano il rubinetto dei soldi facili ossia il traffico di uomini lungo lo stretto di Sicilia.



A quel punto qualunque scelta di Salvini sarà sbagliata. Se fa arrivare i profughi, naturalmente nega la politica muscolare contro gli immigrati e i trafficanti che gli ha portato fortuna finora. Se invece non li fa arrivare e uno o due barconi affondano, allora qualche magistrato italiano può trovare gli estremi per omicidio colposo (o peggio) contro il ministro dell’Interno. A quel punto, con tanti morti in mare, potrebbe essere anche più difficile per il Parlamento non lasciarlo processare. In ogni caso il machismo italiano è stato molto di facciata: Salvini si addosserebbe la colpa di quei morti come Mussolini fece con Matteotti oppure cercherebbe una via di fuga da qualche parte? Entrambe le soluzioni sono spiacevoli.



Certo, il pericolo per Salvini non è adesso ma tra uno-due mesi, quando i soldi mancheranno e il bel tempo potrebbe facilitare i viaggi. Ma la sola finestra per intervenire è oggi.

Salvini infatti per evitare la trappola prossima ventura dovrebbe ricostruire rapporti esteri, i quali sono stati completamente frantumati da mesi di errori e da relazioni con gli amici sbagliati, perché i sovranisti sono ciascuno per la sua sovranità e quindi contro le sovranità altrui; e tra gli amici da coltivare c’è soprattutto il governo francese di Emmanuel Macron, che più di ogni singolo altro potrebbe fare del bene all’Italia e in questo caso a Salvini.

Naturalmente ora la super-struttura concentra i poteri degli Esteri nelle mani di Conte; forse il governo ha chiuso la stalla quando i buoi sono già scappati e forse più che altro si tratta ora di fare “damage control” per evitare che i danni compiuti aumentino, e quindi tutto ciò non ha a che fare con i compiti di Salvini.

Naturalmente Salvini potrebbe stare fermo, confidando nella buona stella: in fin dei conti manca così tanto tempo, tante cose potrebbero cambiare, perché agitarsi ora?

Ma su questo ci sono due punti che forse vanno considerati attentamente. Uno: su queste pagine, avvertimmo prima di tutti gli altri dei pericoli di una cattiva gestione dei rapporti con la Cina. Giustamente nessuno ci ascoltò, e si sono visti i risultati. In fondo, perché dovremmo avere di nuovo ragione?

Due: anche se avessimo torto c’è la vecchia lezione che si impara a scuola: se domani ti interrogano, studia. Se non studi ti va bene una, due volte, ma poi cadi e sei bocciato. Forse nella scuola italiana disastrata, dove chi studia è “secchione” e chi non copia è fesso, Salvini impreparato sulla Libia potrebbe sperare di salvarsi. Ma nella “scuola” del mondo internazionale chi non studia viene bocciato, e chi copia e imbroglia viene punito due volte.