«Già domani probabilmente i nostri ispettori saranno in Umbria. A breve avremo il nome del commissario che andrà nell’azienda ospedaliera perugina, dall’altra parte faremo controlli in tutti i reparti e su tutti gli ospedali della regione»: partiamo dalla fine, ovvero dalle parole del Ministro Salute Giulia Grillo a Rai News24, per capire cosa stia succedendo in queste ultime ore nella Regione dove da ieri sera la Presidente Catiuscia Marini si è dimessa, a seguito dello scandalo Sanità emerso in questi ultimi giorni. Sarà il vicepresidente Fabio Paparelli a guidare da questa mattina la Giunta regionale umbra dopo le dimissioni della piddina travolta dalle polemiche per gli arresti e il presunto sistema di concorsi pilotati emersa nelle indagini della Procura di Perugia. La rinuncia all’incarico dovrà essere ora esaminata dall’Assemblea legislativa che potrà accettarlo o respingerlo: Catiuscia Marini avrà quindi 15 giorni per decidere se revocare o confermare le dimissioni come ha già annunciato di volere fare. Si aprono a questo punto le “consultazioni” tra i vertici umbri per capire quando fissare le prossime Elezioni Regionali necessarie per dare un nuovo Presidente alla piccola regione nel cuore d’Italia: potrà essere in estate o molto più probabilmente in autunno la chiamata alle urne per i cittadini umbri.



UMBRIA, L’IRA DI MARINI “PD GIUSTIZIALISTA…”

«Io sono una persona per bene, per me la politica è sempre stata fare l’interesse generale, da sindaco della mia città, da europarlamentare, ed in questi anni di presidente di Regione. Quello che sta accadendo non solo mi addolora, ma mi sconvolge e sono sicura che ne uscirò personalmente a testa alta, perché – credetemi – io non ho niente a che fare con pratiche di esercizio del potere che non siano rispettose delle regole e della trasparenza, rifuggendo sempre da consorterie e gruppi di potere»: queste sono state le parole utilizzate dal comunicato ufficiale con cui Catiuscia Marini si è ufficialmente dimessa da Presidente della Regione Umbria dopo le polemiche e le pressioni anche interne al suo partito, il Pd, travolto anch’esso dalle critiche per la gestione di mala-sanità nella Regione governata da anni. In un colloquio-sfogo molto amaro con Repubblica stamattina, la stessa Marini non le manda però a dire ai suoi colleghi di partito che l’avrebbero – a suo dire – abbandonata e scaricata alla prima difficoltà: «Pensavo che il Pd del 2019 fosse una forza riformista e garantista, non una comunità di giustizialisti. Mi sbagliavo». Non l’avrebbe però convinta Zingaretti con le parole di ieri – «serve un passo di responsabilità» – bensì un ragionamento personale: «Stavo ragionando da un po’ su come ritrovare la libertà di difendermi. Non potevo essere un presidente in carica che si deve proteggere da accuse ingiuste. Rimanere presidente avrebbe limitato le mie possibilità di reagire. Non l’ho fatto per il partito, l’ho fatto per me».

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