Lo scontro tra Matteo Salvini e Michela Murgia infiamma i social network, arriva il commento ironico del duo comico Ficarra e Picone che, riciclando uno sketch fatto a Zelig, hanno twittato: «Cara Murgia quando finiremo con gli extracomunitari torneremo ad occuparci di voi meridionali e vedremo se avrai ancora il coraggio di dire che il nostro Capitano non ha mai lavorato. #StopMeridionali #PadaniaLibera». La scrittrice ha poi risposto così ai microfoni di Radio Capital sul suo ormai “famoso” post su Facebook: «Semplicemente ho fatto l’elenco di cosa sono stata io e cosa ho fatto io nella vita, e di cosa ha invece fatto lui nella vita contemporaneamente: è un gioco facile con lui, siamo nati quasi nello stesso anno, fare la sinossi dei curriculum sia facile. In questo modo si capisce come sia finta la sua retorica di uomo del popolo, non lo è mai stato ma è uomo di poltrona. E’ un uomo di campagna elettorale». E ancora: «E’ un modo per dire “attenzione, questo tipo di narrazione è falsa”: lo dico ai suoi che pensano di essere rappresentati da un uomo del popolo quando invece parliamo di un privilegiato, che anche nel suo privilegio ha spesso dimostrato di non essere all’altezza». (Aggiornamento di Massimo Balsamo)



STANGATA RADICAL CHIC E (MANCATA) LIBERTA’

È un trionfo social (tra le file radical chic) l’attacco di Michela Murgia contro il Ministro Salvini: «narciso arrogante chiacchierone e fancazzista….in sintesi Salvini raccontato da Michela Murgia», scrive la giornalista Rai Tiziana Ferrario, le fa eco Selvaggia Lucarelli «Murgia spiega un paio di cose a Salvini..» per arrivare fino a Vauro «leggi il post che ha atomizzato Salvini». Insomma, il popolo “de sinistra” della rete si diverte a sbertucciare (legittimo) il Ministro appoggiando la “sinossi dei curriculum” della scrittrice sarda, la quale contenta del successo twitta a ringraziamento «dovremmo farla tutti la sinossi dei curriculum». La stangata radical chic piace e molto ma non tiene conto, forse, di un elemento tanto caro di norma alla cultura (non solo di sinistra): la libertà di espressione e di critica. Ad un avversario politico gli si può dire di tutto, «fascista», «assassino», «fannullone», «razzista», «perverso», «ti eccitano i bambini morti» (credit by Roberto Saviano): però se a Michela Murgia viene detto un semplice “radical chic” arriva un post di “ennemila” battute in cui riversare ogni singola rivalsa femminile e antifascista per rispondere all’affronto. Ah la libertà, questa sconosciuta..



“MAESTRINE” E “FASCISMI”

Una piccola postilla al lungo (non me ne vogliate) riassunto della vicenda Murgia-Salvini: da Porro è partito tutto e con Porro prosegue l’appendice alla lite tra il Ministro degli Interni e la scrittrice “indipendentista sarda”. Da quando ha lanciato il famoso “fascistometro” per scovare il fascismo “in ognuno di noi”, Michela Murgia ha di fatto assunto i panni di una “maestrina” – come la definisce il conduttore di Quarta Repubblica – pronta a trovare tracce “fasciste” in chiunque non la pensi esattamente come lei. «Quelli che non la pensano come te, solo per questo diventano intellettualmente disonesti?. Avere un’opinione diversa dalla tua non vuol dire essere reietti dell’intelligenza umana», scrive Nicola Porro sul suo sito, e aggiunge «Cara maestrina, sono disonesti intellettualmente i ragazzi di Torre Maura? Sono disonesti intellettualmente le persone che vogliono una casa a Casal Bruciato? Sono disonesti intellettualmente quelli che vivono nella merda di San Siro? Invece di fare le riunioni sull’accoglienza nei posti chic, sei andata nelle periferie? Hai provato a vedere cosa significa vivere nella provincia italiana o nel disagio? Credo di no, perché siete ignoranti, presuntosi e ve la cantate tra di voi» conclude il giornalista “scottato” dagli attacchi lanciati, a sorpresa, dalla scrittrice Michela Murgia.



SALVINI-MURGIA, NUOVO SCONTRO

Nasce tutto da Nicola Porro: l’ignaro (e stimato) conduttore-giornalista di Quarta Repubblica tenta di intervistare una settimana fa Michela Murgia dopo il caso di Torre Maura della “rivolta” anti-rom. La scrittrice sarda, dichiaratamente femminista e antifascista, viene intercettata mentre sta assistendo ad un incontro pro-migranti ai Parioli di Roma e mentre il giornalista inviato di Porro le sta rivolgendo le prime domande sul caso rom, la Murgia chiede di quale trasmissione si tratti. Appena avuta la risposta, la sua replica secca è “io non parlo”: dicevamo, inizia tutto da qui. Porro, da far suo, insiste e anche la settimana successiva prova ad intervistarla ma il rifiuto è d’obbligo. Non solo, in un post su Instagram la stessa autrice di “Accabadora” definisce “disonesto intellettuale” chi come Porro scrive e conduce programmi nell’area berlusconiana (Giornale, Libero, Quarta Repubblica, tutta “farina” dello stesso “sacco simil-fascista” secondo la Murgia). In tutto questo il Ministro degli Interni Matteo Salvini, abile nello sfruttare le critiche a suo vantaggio, ha calcato la polemica rilanciando proprio un post di Porro “Murgia, la nuova Boldrini” scrivendo «Gli “intellettuali” radical-chic italiani non si smentiscono mai: primi al mondo per spocchia, poi si stupiscono che la gente non li voti più».

LA REPLICA DI MICHELA MURGIA

Aprici cielo: dopo che già su Notre Dame la scrittrice sarda aveva dato il “meglio di sé” allineandosi assieme a Saviano (altro nemico giurato di Salvini, ndr) nel sostenere che «il vero dramma dell’Europa non è una cattedrale che brucia, bensì i migranti morti nel Mediterraneo per colpa delle politiche fasciste», oggi arriva la lunghissima replica di Michela Murgia su Facebook. L’intento è chiaro da subito: «mi dai della radical chic? Guarda che io ho lavorato. E tu?». Fa il “gioco” della sinossi dei curriculum, elencando tutte le sue attività per rispondere (del tutto non richiesto tra l’altro, visto che il post poco simpatico del Ministro non le ha dato della scansafatiche o senza-lavoro) alla critica di Salvini: «[…]Nel ’93 iniziavo a insegnare nelle scuole da precaria, lavoro che ho fatto per sei anni. Nel frattempo lei veniva eletto consigliere comunale a Milano e iniziava la carriera di dirigente nella Lega Nord, diventando segretario cittadino e poi segretario provinciale. Non avendo mai svolto altra attività lavorativa, è lecito supporre che la pagasse il partito. Chissà se prendeva quanto me, che allora guadagnavo 900 mila lire al mese». Il post è davvero chilometrico (ve lo lasciamo integralmente qui, ndr) ma è la stoccata finale quella che conte: «Se adesso le è chiaro con chi è che sta parlando quando virgoletta il mio nome nei suoi tweet, forse le sarà altrettanto chiaro che è lei, signor Ministro, quello distaccato dalla realtà. Tra noi due è lei quello che non sa di cosa parla quando parla di vita vera, di problemi e di lavoro, dato che passa gran tempo a scaldare la sedia negli studi televisivi, travestirsi da esponente delle forze dell’ordine e far selfie per i social network a dispetto del delicatissimo incarico che ricopre a spese dei contribuenti. Lasci stare il telefonino e si metta finalmente a fare il ministro, invece che l’assaggiatore alle sagre. Io lavoro da quando avevo 14 anni e non mi faccio dare lezioni di realtà da un uomo che è salito su una ruspa in vita sua solo quando ha avuto davanti una telecamera».