Che la tensione dentro la maggioranza dovesse crescere all’approssimarsi delle elezioni europee era scritto. Ma la situazione sembra sfuggita di mano ai due Dioscuri di Palazzo Chigi, e il loro duello sembra aver superato il punto di non ritorno, con vista direttamente sulle elezioni anticipate. La situazione rischia davvero di precipitare, se non subito, immediatamente dopo la tornata elettorale del 26 maggio.
La verità è che leghisti e grillini non si fidano più gli uni degli altri, anzi vedono quello che dovrebbe essere l’alleato di governo come il vero competitor nella corsa al consenso. Il fatto nuovo è il cambio di strategia da parte dei pentastellati che, finite le guance da porgere, hanno deciso di ribattere colpo su colpo, come i parlamentari del Movimento 5 Stelle confidano ai giornalisti.
Si tratta di una strategia che paga dal punto di vista del consenso, visto che l’emorragia grillina si è arrestata, e i sondaggi hanno segnato una risalita al di sopra della soglia psicologica del 20%. Ma il prezzo è andare all’attacco su ogni argomento, cannoneggiando alzo zero sull’alleato, e aprendo ogni giorno nuovi fronti.
Matteo Salvini da questa controffensiva grillina si è fatto cogliere impreparato, e starebbe davvero maturando l’idea che il governo Conte sia al capolinea. Ai più è sembrata una gaffe quando nei giorni scorsi ai giornalisti ha detto che la legislatura è destinata a durare quattro mesi, anziché quattro anni. A stretto giro, però, si è venuto a sapere che a un fedelissimo siciliano che reclamava un posto in lista per le europee, il capo leghista ha detto di aver bisogno come capolista al Senato, visto che “si voterà a ottobre”.
Di Maio e i suoi stanno facendo di tutto perché la temperatura salga sino al punto di rottura. La strategia è quella di schiacciare Salvini contro l’ombra di Berlusconi. Così il ministro del Lavoro ha deciso di cavalcare il caso del sottosegretario Siri indagato: “Salvini – ha detto – non faccia come l’ex Cavaliere, lasci che sull’innocenza si pronunci la magistratura”, ha attaccato.
Secondo atto dello stesso disegno, il riproporre una legge durissima sul conflitto d’interessi: se la Lega la dovesse stoppare per i pentastellati sarebbe la prova della perdurante collusione con Berlusconi.
Accuse pesanti, trappoloni evidenti: i grillini cercano di schiacciare l’alleato in un angolo. Non è che i leghisti subiscano in silenzio, tanto è vero che hanno stoppato l’operazione tesa ad alleggerire il bilancio di Roma Capitale a guida pentastellata. Ma Salvini e i suoi sembrano guardinghi, come se sperassero in cuor loro di far ricadere sugli alleati la responsabilità della rottura.
La tensione è alle stelle, Conte dice che deciderà la prossima settimana su Siri nel governo, e potrebbe anche essere il casus belli, ma è poco probabile. Per un voto entro giugno i tempi sono strettissimi. Visto che realisticamente servono almeno 60 giorni per aprire le urne (per via della legge sugli italiani all’estero), per votare il 30 giugno lo scioglimento dovrebbe arrivare entro il primo maggio. Più realisticamente la resa dei conti avverrà dopo il 26 maggio, sulla base dei rapporti di forza stabiliti dalle urne delle europee.
In quel momento potrebbe accadere che tanto la Lega quanto il Movimento 5 Stelle possano vedere un interesse nel ricorso al voto. Un modo anche per soffocare sul nascere il recupero del Pd, che ha presentato una mozione di sfiducia proprio per saggiare se davvero i pentastellati vogliono proseguire nel rapporto con il Carroccio. A sua volta Salvini potrebbe essere nelle condizioni per fare a meno di Berlusconi, se alle europee sarà ridotto sotto il 10 per cento.
Se lo scioglimento delle Camere arrivasse entro il 7 agosto, si potrebbe votare il 6 ottobre, rinviando fra l’altro al prossimo governo la definizione della delicatissima legge di bilancio che attende il paese in autunno. Tanti indizi quindi fanno intravedere oggi il voto a ottobre come un’opzione sempre più probabile.
Naturalmente tutto queste ipotesi presuppongono il placet di Mattarella alle elezioni anticipate. I segnali che vengono dal Quirinale vanno in questa direzione, l’attuale capo dello Stato non sembra propenso affatto all’accanimento terapeutico sulla legislatura. Non cercherà, insomma, di brigare per governi tecnici. Ai partiti, però, chiederà garanzie precise proprio sull’economia: il suo sì arriverà solo su un calendario che metta al riparo il paese dalle bufere finanziarie.