Uno strano paradosso colpisce Matteo Salvini, vicepremier di lotta e pure di governo, ovvero l’uomo dei due forni: quello dei grillini a Roma e quello del centrodestra nelle periferie. Dalle ultime elezioni, il leader leghista ha legittimamente cercato di volgere a suo favore anche le situazioni nelle quali non appariva come il personaggio forte. Nelle urne, per esempio, la Lega ha ottenuto il 18 per cento circa ma Salvini si è posto da subito come il vero uomo forte del governo, ridimensionando l’immagine dei grillini che pure avevano quasi il doppio dei voti e avevano espresso il premier. Così pure le difficoltà nella gestione del fenomeno migratorio sono diventate una ribalta che ha garantito una costante crescita di visibilità e di consenso.



Morale: Salvini fin da subito si è presentato come l’azionista di maggioranza dell’esecutivo. Ma ha pure tenuto a distanza i 5 Stelle, sui quali ha tentato di scaricare tutti i provvedimenti di taglio assistenzialista e anti-crescita, come a dire: se il Paese non riparte la colpa è loro. E così è arrivato altro consenso. Ora la Lega veleggia verso il 35 per cento mentre i grillini annaspano attorno a quota 20. Le elezioni regionali hanno fissato questa situazione, in cui Lega e centrodestra mostrano di non avere rivali mentre il Pd dà segnali di rilancio e contende il secondo posto al M5s. Un exploit senza precedenti per il segretario della Lega, che sogna addirittura di rinunciare all’apporto di Silvio Berlusconi e di riuscire a creare in Europa un polo sovranista che ponga fine al rigore di matrice tedesca.



Il paradosso è che, giunto al massimo dello splendore, ora Salvini ha cominciato a perdere colpi. Il raggruppamento sovranista non decolla, mentre l’asse con Fratelli d’Italia si mostra instabile, tant’è vero che l’altro giorno è stato battuto sull’ordine del giorno riguardante la castrazione chimica. In più, ora che l’uomo forte dell’esecutivo gialloverde è chiaramente Salvini, si comincia ad addebitare anche a lui la stagnazione dell’economia, soprattutto nell’elettorato produttivo del Nord. Dopo mesi in cui era Salvini a bombardare Di Maio, ora le parti sono invertite e i grillini danno sfogo a tutta la loro insofferenza verso l’ingombrantissimo alleato. I sondaggi stanno rilevando il cambiamento di tendenza, con la Lega che rallenta la galoppata e gli altri partiti, Forza Italia compresa, che recuperano.



Ecco perché l’ipotesi di un nuovo governo dopo le elezioni europee potrebbe essere meno irrealistica di quanto appaia ora. Non elezioni anticipate, che il presidente Sergio Mattarella non concederebbe in un autunno che precederà una legge di bilancio delicatissima e già gravata dall’ipoteca di un pesante rincaro dell’Iva. Ma un governo senza i grillini, o almeno senza Di Maio ma che imbarcherebbe i 5 Stelle che non vogliono tornare a casa dopo appena un anno e mezzo in Parlamento, oltre ai dissidenti di Forza Italia fedeli al governatore ligure Giovanni Toti.

Il governo Conte logora Salvini? Meglio darci un taglio: questo è il ragionamento del ministro dell’Interno. E meglio farsi logorare stando a Palazzo Chigi piuttosto che al Viminale.