Oggi si riunisce il consiglio dei ministri che dovrebbe varare il Def. Salvini vuole inserirvi subito la flat tax, M5s frena e vorrebbe rinviarla alla legge di bilancio. Il Cdm si trasformerà probabilmente nella camera di compensazione delle continue tensioni tra M5s e Lega. Ieri a Milano Salvini ha lanciato “l’Europa del buon senso”, nocciolo di un manifesto elettorale che chiama a raccolta i partiti che si oppongono all’asse Ppe-Pse, mentre Di Maio, in una lettera al Corriere, accusa Salvini di sbagliare alleati e dice di lavorare per un “progetto che cambi l’Europa dall’interno”. Su tutto incombe la crescita economica vicina allo zero (0,1%) e il deficit tendenziale al 2,4% contro il 2,04% concesso dall’Ue nel dicembre scorso.



Giulio Sapelli, economista, dice che la flat tax ha senso solo in un concerto di misure espansive e di investimenti. Proprio quelli che M5s non vuole. Non solo. Sul fronte europeo, se l’Italia vuole sopravvivere deve cambiare il Fiscal compact: “Salvini faccia politica e trovi alleati sulla base di questo obiettivo”.



La flat tax voluta dalla Lega è la misura giusta o no nella situazione in cui siamo?

È una misura sensata perché espansiva, ma da sola non basta. Andrebbe fatta insieme alle sburocratizzazione, e su questo punto l’avvocato e premier Conte dovrebbe essere d’accordo.

Dopo quello destinato alle partite Iva, adesso Salvini chiede l’introduzione di un secondo modulo: tassa del 15% per i redditi di lavoratori dipendenti e famiglie fino a 50mila euro.

La flat tax per le partite Iva è stata un passo avanti importante. Anche questa seconda detassazione mi pare equa, progressiva. Per capirci: i ricchi continuano a pagare le tasse.



È quello che preme a Di Maio.

Ho letto. In ogni caso, il vecchio vocabolario politico l’avrebbe definita una misura socialdemocratica. È molto significativo dei tempi che corrono. Questo depone a favore della Lega.

Con l’economia ferma, può aiutare i consumi e quindi la produzione e il lavoro?

Quando c’è una crisi si devono fare misure espansive. Non come fece Hoover, che subito dopo il ’29 aumentò le tasse, ma come fece Roosevelt, che le diminuì e aumentò invece la spesa pubblica. Perché la flat tax funzioni, però, ci vuole tempo. Tempo per introdurre altre misure di politica economica che funzionino.

A che a cosa pensa?

Per esempio a ciò che occorre perché le famiglie investano di più nell’educazione dei figli. Una famiglia italiana non dovrebbe vedersi precluse delle scuole di qualità perché costano troppo.

Questo disegno più ampio di politica economica lei lo vede?

No. Da un lato perché il pensiero economico non esiste più; a Bruxelles governa quello algoritmico. Dall’altro perché occorrerebbe anche essere favorevoli alle infrastrutture, alle opere pubbliche. E contrari a una commissione parlamentare permanente di inchiesta sulle banche, altrimenti nessuno investirà più in questo paese. 

Come giudica le voci secondo cui Mattarella penserebbe di nominare Draghi senatore a vita? Sarebbe un messaggio chiaro: preparatevi a un Monti-bis. 

Non voglio nemmeno pensarci. Ho troppa stima del presidente della Repubblica, della sua persona oltre che del suo ruolo istituzionale, per immaginare che possa avere in mente una cosa simile. E mi sembra anche incredibile che qualcuno dotato di buon senso possa pensare che lui lo pensi.

E perché mai?

Perché vorrebbe dire non avere proprio imparato nulla. Abbandonare il regime parlamentare per instaurare di fatto un sistema neo-presidenziale e tecnocratico ha ridotto l’Italia a un cumulo di macerie. Sarebbe l’epilogo di una deriva sbagliata, iniziata con Carli e proseguita con Ciampi. Un volta, quando i governatori avevano finito il loro mandato, stavano a casa. Magari a scrivere libri, come Paolo Baffi.

Di Maio ha scritto una lettera al Corriere in cui, da alleato di governo di Salvini, fa professione di europeismo. È solo campagna elettorale?

Ma anche se lo fosse, sarebbe comunque nell’ordine delle cose. M5s sta svolgendo lo stesso compito assolto in Grecia da Tsipras e si va sempre più caratterizzando come movimento alla Boulanger. Non mi stupisce: la base è formata dal popolo degli abissi, ma la cuspide, il gruppo dirigente, è neoliberista.

E come tale incorpora l’ordoliberismo?

Certo: come Orbán e compagnia. Dicono di fare una battaglia per l’Europa sociale, poi appena possono si adeguano alle regole europee. E pian piano si dimenticano di essere stati eletti per rinegoziare i trattati, se mai ne sono stati consapevoli.

Dunque M5s non è l’alleato giusto per la Lega?

Io ho sempre pensato che il rapporto fosse innaturale. La Lega potrebbe e dovrebbe diventare il partito della borghesia nazionale, fatta di piccole-medie imprese e di lavoratori. Per questo Salvini farebbe bene a non andare con Marine Le Pen.

Ieri Salvini ha riunito a Milano esponenti di partiti “sovranisti” europei come AfD, Finns Party e Dansk Folkeparti. Ma molti sottolineano le contraddizioni tra la Lega e il rigore sui parametri che alcuni di questi alleati pretenderebbero dall’Italia dopo il voto.

Non uso la parola “sovranismo” perché non vuol dire nulla. Dico però che la Lega è stata l’unico partito a non votare il Fiscal compact nel 2012. In Europa ci sono contrari al Patto di stabilità a sinistra, al centro e a destra. La Lega deve essere coerente con quello che ha fatto e privilegiare le alleanze con chi è d’accordo su questo punto. Purtroppo non sappiamo cos’avrebbero fatto i 5 Stelle.

Cosa dovrebbe fare Salvini?

Guardare al Ppe. Se si cambieranno le regole europee, si farà perché lo vuole la Germania. Occorre parlare con i tedeschi. Manfred Weber è bavarese, non prussiano. Mi sembra una persona ragionevole.

Anche se ha detto che alleanze con Salvini non ne vuol fare?

Non importa. In parlamento si va per fare politica, non per seguire la “tradizione” di chi rema all’indietro.

Il Pse?

Il Partito socialista è perduto, è fuori dalla storia. Il socialismo francese è morto, anche se io sono convinto che in qualche modo risorgerà. In giro, però, ci sono uomini più vicini alla Lega di quanto non si creda: Chevènement, Mélenchon…

Leghisti in pectore?

Difendere la nazione oggi ha senso non per rinchiudersi in un mandato nazionalistico, che non a caso è l’accezione deformante confezionata su misura dagli avversari del “sovranismo”, ma per tornare ad impossessarsi della politica economica. Questo bisogna fare, non affidarsi ad alleati che non si sa dove portano.

Un suggerimento a Giovanni Tria?

Si ricordi che suoi colleghi come Baldassarri e Paganetto hanno avuto molti dubbi sul Fiscal compact. Manifesti anche i suoi, di dubbi. Continui a mediare tra le istanze politiche e le esigenze che abbiamo di non spaventare i mercati. E faccia di tutto per impedire una stoltezza come la Commissione parlamentare di inchiesta sulle banche. Il paese uscirebbe dal consesso civile.

(Federico Ferraù)