In Toscana è campagna elettorale. Non già per le imminenti elezioni europee, o per la tornata amministrativa che, nella terra di Dante, vedrà al voto comuni importati come Firenze, Livorno e Prato; bensì per le elezioni regionali 2020. E non già tra i vari schieramenti, come sarebbe comprensibile, ma all’interno del centrosinistra.
Il fuoco alle polveri è stato dato dall’annosa vicenda per l’affidamento del trasporto regionale. Una lunga storia iniziata ben quattro anni orsono e, se così si può dire, terminata – ma il condizionale è assolutamente d’obbligo vista la seconda istanza pendente presso il Consiglio di Stato – con l’affidamento vergato dal presidente Rossi. Apriti cielo!
Alla notizia della pubblicazione del Decreto di assegnazione del servizio ad Autolinee Toscane Spa, azienda del gruppo francese Ratp, si sono scatenati i sindacati, a tutela – come loro diritto/dovere – dei posti di lavoro, e, in modo del tutto inusuale per il suo stile felpato il presidente del Consiglio regionale Eugenio Giani.
Una dura presa di posizione contro la decisione del Giunta che non si ricordava negli annali della Regione Toscana a cui il presidente Rossi, punto nell’orgoglio istituzionale, ha replicato in modo sferzante: “Per quanto riguarda l’intervento del presidente del Consiglio regionale Eugenio Giani in merito all’affidamento del Trasporto pubblico locale ad Autolinee Toscane Spa, voglio rilevare che esso non solo è inopportuno ma che, svolto da parte della massima carica consiliare, rappresenta un inedito attacco alla Giunta regionale … In conclusione sono costretto a chiedere al presidente del Consiglio regionale di non esondare ‘in munere alieno’ e rientrare nell’ambito delle sue responsabilità e delle sue prerogative”.
Nervi a fior di pelle tra un possibile futuro – il presidente Giani è il candidato renziano in pectore per la presidenza della Regione – ed un passato (il presidente Rossi è impossibilitato a ripresentarsi) che non ha per niente voglia di “mollare l’osso” e che anzi, con la segreteria Zingaretti, assapora addirittura la possibilità di ribaltare la situazione in favore di un proprio candidato a Palazzo Strozzi-Sacrati.
La partita è sempre la stessa: renziani contro ex-Pci.
Un braccio di ferro destinato a farsi sempre più aspro grazie ai nuovi equilibri interni al Pd nazionale e, sopratutto, al lento ma inequivocabile venir meno di quella supremazia renziana che a Firenze ed in Toscana da oltre un lustro ha, per così dire, “dettato legge”.
Una disputa resa ancora più incandescente dai movimenti, insolitamente precoci, che si stanno verificando nel centrodestra dove, dopo il “gran rifiuto” di Paolo Del Debbio, sembra emergere con forza la disponibilità offerta dal senatore ed ex sindaco di Pietrasanta Massimo Mallegni anche lui, al pari del presidente Giani, socialista di formazione ed abile “animale politico” (come avrebbe detto Aristotele).
Un quadro che complica alquanto i piani di Renzi sia sul versante interno – Zingaretti potrebbe propendere per un candidato rossiano -, che su quello esterno. Del resto nessuno ha dimenticato la famosa cena privata sotto le stelle della Versiliana tra la famiglia Renzi e la famiglia Mallegni.