Quanto costerà alla Lega Nord, in termini elettorali, lo scandalo che la sta attraversando? Come reagiranno i militanti e i simpatizzanti alle notizie che da giorni leggono sui giornali, alle dimissioni di Umberto Bossi, del figlio Renzo e all’espulsione di Rosi Mauro? Sono domande che iniziano ad affiorare sui giornali, accanto alle intercettazioni, agli aggiornamenti sulle inchieste, ai retroscena delle riunioni che si susseguono in via Bellerio o al racconto delle manifestazioni dell’“orgoglio padano” come quella che si è svolta martedì sera a Bergamo.
«L’opinione pubblica ha un andamento simile a quello della Borsa – spiega a IlSussidiario.net, Nicola Piepoli, presidente dell’omonimo istituto di ricerca –. L’altro ieri, ad esempio, quella di Milano è crollata, in funzione di eventi futuri: una recessione attesa, che però non si è ancora realizzata. Lo stesso vale per la Lega, che in questo momento viaggia intorno all’8% di consenso, ma, a mio avviso, ha già scontato la sua crisi interna». Questo significa che, secondo lei, non ci sarà un ulteriore crollo? «Direi proprio di no. Non è più al 10% che avrebbe ottenuto monetizzando il gioco d’azzardo messo in atto da Umberto Bossi, che aveva posizionato il Carroccio all’opposizione di Mario Monti, ma non precipita nemmeno al 2%. In questo 8% c’è già la delusione per quanto sta emergendo, ma anche la consapevolezza di aver trovato una guida “sana di mente”, Roberto Maroni, in un partito “fuori di testa”. D’altra parte l’ex ministro dell’Interno ha dimostrato di essere un ottimo amministratore e ha accumulato crediti nell’opinione pubblica. Adesso sta a lui capitalizzare questo credito o sprecarlo attraverso scelte dissennate. Ad oggi, comunque, la Lega di Maroni resta un partito vitale e aspetterei a darla per morta». Leggermente diversa la lettura di Arnaldo Ferrari Nasi. «A mio avviso – spiega il sondaggista –, le oscillazioni di cui stanno parlando i giornali non hanno alcun valore scientifico perché sono vicine all’1,5% e quindi totalmente all’interno dell’errore statistico teorico (il 3% circa) che andrebbe messo in conto in ogni indagine. Il fatto è che i mutamenti dell’opinione pubblica sono molto più lenti della cronaca politica e quindi, a mio parere, bisognerà aspettare qualche settimana per misurare la reale reazione degli elettori. La Lega in questo momento infatti è ancora davanti al bivio: da un lato c’è il possibile tracollo che la porterebbe ai valori del 2001, quando il Carroccio precipitò appena sotto il 4%, dall’altro non si può escludere che tutta questa vicenda possa addirittura tramutarsi in un rilancio della creatura politica fondata dal Senatùr». Cosa intende dire? «Non c’è dubbio che l’immagine di un partito “diverso” dagli altri è decisamente compromessa. Se però il movimento riuscisse davvero a dare un segnale di coraggio e pulizia interna, in parte già abbozzato con le dimissioni eccellenti di Umberto e Renzo Bossi, potrebbe “dimostrare” che anche nelle difficoltà la differenza tra la Lega Nord e gli altri partiti è notevole. Non sarà facile, ma è l’unico modo che i padani hanno di crescere, riconquistando il voto di chi si era avvicinato negli ultimi anni, soprattutto in Emilia Romagna, Marche e Toscana. Sono terre, infatti, che non hanno radici leghiste profonde e che sono state attratte dal Carroccio per la sua ipotetica “coerenza”. Se l’operazione non dovesse riuscire i voti arriverebbero solo dallo zoccolo duro, con le percentuali di dieci anni fa che dicevo prima».
Ad ogni modo, i delusi dal partito di Umberto Bossi in che modo si sposteranno? «Dato che stiamo parlando di variazioni sotto il punto percentuale – ci dice Piepoli – è praticamente impossibile da stabilire». «Rimarranno nell’anti-politica o nell’astensione – spiega invece Ferrari Nasi –, fino a quando qualcuno non sarà in grado di conquistarli. Di certo però nessuno degli attuali partiti è in grado di intercettare questo malumore».
E la partita della successione: è davvero chiusa o Maroni troverà sulla sua strada dei competitors? «I risultati di una mia rilevazione, fatta prima che scoppiasse il caso Belsito, sono a mio avviso molto significativi in questo senso – prosegue Arnaldo Ferrari Nasi –. Il 72% di chi gravita nell’area della Lega è infatti convinto da tempo che Umberto Bossi avrebbe dovuto lasciare al più presto. L’indicazione sul dirigente che avrebbe dovuto prendere il posto del Senatùr però non è poi così chiara. La base, pur non considerando minimamente i componenti del cosiddetto “cerchio magico” (Reguzzoni, Bricolo il Trota e Rosi Mauro su tutti) è abbastanza divisa: Maroni ha il 30% dei consensi, ma Zaia è subito dietro (26%), dopodiché vengono Calderoli, Tosi e qualche altro leghista di razza. Aspetterei a dire che la partita è chiusa, i veneti hanno infatti un peso rilevante in questo movimento politico». «A mio avviso – spiega Nicola Piepoli – ha un vantaggio rilevante sugli altri: si è mosso in anticipo e ha saputo catalizzare la protesta interna. Le sue doti politiche secondo me lo porteranno a farsi amici gli outsider che potranno emergere. Il passaggio di consegne, come si è visto a Bergamo, è una pratica quasi chiusa».
(Carlo Melato)