“In un Paese normale, in una situazione normale, il segretario di un partito che prende una batosta simile non ci pensa su neanche un minuto e si dimette. Ma qui di normale non c’è nulla: servirebbe a qualcosa dimettersi?” Un autorevole esponente del Pdl fotografa così la situazione, quando ormai sono scese le tenebre sul giorno più nero della storia del partitone berlusconiano. Che partitone non è più. Come fu della balena bianca, il dimagrimento è tale da trasformare la balena azzurra in un’acciuga. Azzurro sbiadito.
Berlusconi è lontano, è a Mosca a festeggiare la rielezione dell’amico Putin, a metterci la faccia è il giovane Alfano, il segretario di cui nessuno ha il coraggio di chiedere le dimissioni. Se La Russa se la prende con i candidati sbagliati, la Gelmini invita a non drammatizzare. Ma dietro le quinte le cose sono diverse. I pisaniani e gli scajoliani, per esempio, sembrano pronti a chiedere chiarimenti sulla linea politica. E si vocifera addirittura che tra gli scontenti vi sia anche chi è pronto a costituire un gruppo autonomo in Parlamento, con l’intenzione – neppure troppo nascosta – di propiziare in questo modo la discesa in campo del salvatore della patria moderata Montezemolo.
Fantapolitica? Non troppo. Fuori dal ballottaggio a Palermo, Parma, Genova e Verona, ma anche a L’Aquila. A Palermo e Verona gli elettori hanno punito anche i due principali esempi di convergenza con l’Udc, su Costa e Castelletti. Nove per cento a Genova, otto a Palermo (nella terra del sessantuno a zero), il cinque a Verona e a Parma. Numeri da far immaginare possibile l’estinzione del Pdl.
Troppi errori, dicono in molti nell’ex partitone azzurro, dalla rottura traumatica con Fini, al mancato ritorno alle urne nel 2010, al rinvio delle scelte economiche che hanno portato alla caduta del governo Berlusconi e all’impossibilità di evitare il sostegno a Monti. Ecco, Monti è il punto nodale della discussione nel Pdl. Gli ex An vorrebbero rompere e tornare alle urne, in molti hanno paura del ritorno davanti al corpo elettorale. Alfano ha detto che il sostegno a Monti non è in discussione, ma a Palazzo Chigi è scattato l’allarme rosso. Il voto delle città (in parallelo a quelli in Francia e in Grecia) mette il premier di fronte alla necessità di rilanciare in Europa la richiesta di misure per la crescita.
Beppe Grillo – il vero trionfatore di questo turno elettorale – parla di partiti tradizionali in via di liquefazione e non va tanto lontano dal vero. Il Pdl è quello più a rischio, da questo punto di vista. Il 20 aprile Alfano ha annunciato, insieme a Berlusconi, per la metà del mese di maggio una sorpresa. Dovrà essere grande per smuovere le acque e invertire una corrente contraria fortissima. Cambiare semplicemente il nome non basterà.