RISULTATI ELEZIONI AMMINISTRATIVE 2012. Ieri il leghista Flavio Tosi è stato il primo a festeggiare, a poche ore dalla chiusura dei seggi. I dati più evidenti, infatti, si sono imposti fin da subito, come l’avanzata dei grillini e il crollo del Popolo della Libertà. «Probabilmente il colpo subito dal Pdl è il dato più importante, ma allo stesso tempo più prevedibile di questa tornata elettorale – spiega a IlSussidiario.net Antonio Polito –. D’altra parte è il partito al quale gli italiani imputano la crisi finanziaria, perché guidava il governo quando è scoppiata. È una forza politica che ha perso i suoi fondatori storici, prima Fini e poi Berlusconi, che ha addirittura saputo i risultati della sua creatura politica mentre si trovava a Mosca dall’amico Putin. Infine, sostiene un governo tecnico che sta portando avanti la linea dell’austerità e sta chiedendo sacrifici agli italiani. Probabilmente non troveremo più quel simbolo su una scheda elettorale, ma qualcosa di diverso».



Un risultato così negativo, in alcuni casi eclatante come a Parma (dove il Pdl è andato addirittura sotto il 5%) quali conseguenze potrebbe avere?

Il segretario del partito, Angelino Alfano, esce sicuramente indebolito da queste elezioni. D’altra parte non c’è solo il caso di Paolo Buzzi a Parma, o di Castelletti a Verona, ma anche il voto palermitano, dove il candidato Costa arriva addirittura terzo con l’12,8%. Alfano non può non risponderne in qualche modo, quello è il suo territorio.
Anche in questo caso, comunque, non vedo grandi novità. Da tempo c’è un costante mormorio da parte di chi non considera il segretario all’altezza di guidare il partito alle elezioni politiche. Ipotesi che a questo punto mi sembra definitivamente tramontata.



Se il Pdl paga a caro prezzo l’“effetto Monti”, cosa dire del Partito Democratico?

Il conto del Pd è stato sicuramente meno salato, ma non credo che si possa parlare di un successo. Il centrosinistra vince, infatti, dove i democratici sono stati scavalcati o sono stati costretti ad andare a ruota dei propri alleati. Il caso di Genova, con Marco Doria, è emblematico. A Palermo poi questo partito ha dimostrato di sopportare qualunque cosa. La candidatura di Leoluca Orlando, che aveva partecipato e perso alle primarie sarebbe stato un motivo valido per rompere con Di Pietro, visto che il suo è il comportamento di chi non sa stare in una coalizione. Ma c’è un altro elemento che dovrebbe preoccupare Bersani.



Quale?

La frammentazione. Com’è accaduto in Grecia e come accadrebbe da noi con una legge proporzionale, sarebbe impossibile governare e costruire alleanze oggi, anche per il primo partito. Se osserviamo il quadro politico, infatti, troviamo cinque forze intermedie che viaggiano intorno al 7% (Lega, Sel, Idv, Grillo e Udc) e due partiti grandi, ma in realtà piccoli (Pd e Pdl) sotto il 25%. Lo stallo sembra assicurato.

Qual è invece il bilancio del terzo partito della maggioranza, l’Udc?

Il Terzo polo in generale a mio avviso ha perso un’occasione. Si è presentato a questo appuntamento senza un’identità e senza affermare una novità politica, con alleanze variabili a seconda dei casi. Di conseguenza, anche se in maniera paradossale, il vero Terzo Polo è stato il movimento di Beppe Grillo, anche a livello numerico. 

Se questo è il bilancio delle forze che sostengono Monti, il governo potrebbe avere dei contraccolpi secondo lei?

Non credo proprio. La sconfitta del Pdl è troppo forte per indurre il partito a cercare un voto che potrebbe solo confermarla. Allo stesso tempo il Pd non ha la forza per puntare alle elezioni anticipate. 
La paura di una sconfitta così spingerà i partiti a “congelare” l’esecutivo dei tecnici, senza rafforzarlo, perché è chiaramente una scelta senza convinzione. 

Se dovessimo passare ai vincitori, potremmo mettere in questa lista la Lega Nord, o il risultato personale di Flavio Tosi a Verona rischia di coprire i veri problemi del partito?

Il caso veronese sicuramente mette in secondo piano le difficoltà che in questa fase il Carroccio incontra sul suo territorio, fatto di piccoli comuni nei quali l’astensione è stata alta e ha danneggiato sicuramente il vecchio e pensionato “asse del Nord”. 
Il voto di ieri rafforza però la figura di Roberto Maroni. L’ex ministro dell’Interno è infatti l’unico che può portare a termine quella pulizia che ha annunciato ai quattro venti. E si è visto che un uomo come Tosi, maroniano e sempre all’opposizione delle trame oscure di Via Bellerio, non ha pagato nessun prezzo in termini elettorali.

Cosa pensa invece del risultato ottenuto da Beppe Grillo?

A differenza di Giuliano Ferrara non credo proprio che il suo sia stato un tonfo. A mio avviso è invece un risultato clamoroso. In alcuni casi, come a Parma e Genova, è evidente che i candidati rappresentano qualcosa di più del fascino dell’antipolitica, dato che i singoli hanno preso più voti della lista. Non solo, nel capoluogo ligure gli avversari del Movimento 5 Stelle non erano certo la “vecchia politica”, ma figure nuove come Musso e Doria. Questa forza sta diventando una realtà. Se si votasse domani entrerebbero in Parlamento.

Da ultimo, un giudizio sull’astensione, piuttosto alta, com’era stato previsto. 

Credo che a casa siano rimasti i moderati, i meno politicizzati e militanti. Una grossa sacca di delusi e indignati che solitamente vota più facilmente a destra che a sinistra, in particolare al Nord. Il dato è preoccupante, anche se atteso. Forse è proprio da questo che il Pdl deve ripartire…

(Carlo Melato)