Riavvolgiamo di sei mesi il film della politica italiana. In autunno c’era un uomo forte nel governo – e nel Paese -, cioè Matteo Salvini. Come il re Mida, tutto ciò che il leader leghista toccava diventava oro, o meglio consenso. Con la metà dei seggi parlamentari rispetto ai 5 Stelle, era la Lega il partito trainante dell’esecutivo gialloverde. I grillini annaspavano tra l’inesperienza di Di Maio e le gaffe di Toninelli. Conte si fingeva premier cercando visibilità tra i due vice che ogni momento erano in televisione o sui giornali.
Fine del flashback. Oggi Salvini è un leader in crisi, surclassato dai 5 Stelle spalleggiati dalla magistratura. Il partito che più ha fatto leva sulle paure degli italiani ora è in preda alla paura, al timore che le inchieste che hanno toccato il sottosegretario Siri e sfiorato il governatore lombardo Fontana siano soltanto un assaggio della tempesta che potrebbe scatenarsi su via Bellerio. Vacilla l’uomo che appariva come l’interprete più abile dei desideri popolari, e i sondaggi prendono atto del calo dei consensi: per la prima volta da mesi le rilevazioni di Alessandra Ghisleri, la sondaggista più abile e pure la più vicina al centrodestra, collocano la Lega sotto il 30%.
La reazione di Salvini all’arretramento è stata una sventagliata di iniziative che appaiono dettate dalla frenesia di aprire altri fronti, più che dal raziocinio. La direttiva sui negozi di cannabis si è rivelata un semplice invito a intensificare i controlli su licenze e sicurezza dei locali. La ministra Stefani che rilancia l’autonomia è un déjà vu che non approderà a nulla. La bozza di decreto sicurezza bis che sottrae alle Infrastrutture le competenze sui porti è palesemente una boutade incostituzionale. Un coacervo di misure che hanno l’effetto di consolidare l’immagine di Salvini come “mister sparate” che comincia a perdere colpi.
Il simbolo della difficoltà leghista è la lettera che il ministro dell’Interno ha scritto al premier Conte e al titolare degli Esteri Moavero. Salvini chiede di essere sostenuto nelle politiche sui rimpatri. Un’ammissione di impotenza e solitudine. L’ultima emergenza, quella della nave Stromboli della Marina militare che ha soccorso in acque internazionali 36 migranti naufraghi spalleggiata dalla Mare Ionio delle Ong che ne ha raccolti altri 30, è stata interamente gestita da Palazzo Chigi e dal ministero della Difesa, con il Viminale a fare da spettatore. Che il premier ormai si senta il vero uomo forte dell’esecutivo, è confermato dalle dichiarazioni rilasciate da Conte al quotidiano spagnolo El País: “In Italia comanda Salvini? È un’illusione ottica dei giornali. Il capo del governo sono io”.
I sondaggi che rilevano la scivolata leghista registrano anche una leggera risalita grillina, mentre il Pd sembra aver esaurito la rincorsa dovuta all’effetto novità di Zingaretti, e Forza Italia, colpita dalle inchieste, arranca attorno al 10%. In sostanza, i numeri confermano che a questo governo non ci sono alternative. È questo, oltre alla spinta che viene dalla magistratura, a ridare vigore ai grillini, i quali scommettono che nemmeno dopo il 26 maggio la Lega potrà staccare la spina al governo. Stretto tra l’interventismo dei magistrati e le pressioni dell’alleato, è assai improbabile che Salvini voglia arrischiare una crisi.
Nella confusione generale, i 5 Stelle si rilanciano come il partito dell’onestà e dell’anticorruzione recuperando il loro elettorato tradizionale. Ma un governo così combinato, prigioniero dello status quo, paralizzato dalla mancanza di soluzioni diverse e pervaso dai rancori personali tra i leader, potrebbe condannare il Paese allo stallo. Soprattutto in vista della legge di bilancio, dopo un anno in cui le misure assistenziali dello scorso autunno hanno fatto ulteriormente retrocedere l’economia.