Alta tensione Lega-M5s sulla Tav. “L’opera va fatta” ha ribadito venerdì Salvini, nel giorno più lungo del governo. Ha ribattuto Di Maio: “Non decide da solo”. E per il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Stefano Buffagni (M5s) “la crisi è già aperta”. Ma sulla Tav quanto rischiano Conte, Salvini e Di Maio? “Da mesi avevamo previsto che tra marzo e aprile ci sarebbero stati dei fattori che avrebbero cambiato lo scenario politico – spiega Carlo Buttaroni, presidente dell’istituto di sondaggi Tecnè -. E se sulla Tav si aprisse formalmente una crisi di governo, sia Lega che M5s subirebbero dei contraccolpi, mentre il Governo, che già oggi raccoglie un consenso inferiore al 40%, ne uscirebbe ancora più indebolito: sarebbe la prova plastica che il governo del cambiamento ha deluso le aspettative, molto alte, che aveva suscitato. E questa delusione potrebbe tradursi in una nuova offerta politica oggi molto difficile da decifrare”.



Sulla Tav, in termini di consenso, quanto rischia il Governo?

Il consenso a favore di questo governo è calato molto. Se Conte rimane poco sotto il 50%, il governo nel suo complesso, negli ultimi 6 mesi, da quando cioè è entrata nel vivo la sua azione, specie sul fronte economico, è sceso dal 50% di settembre-ottobre a poco sotto il 40% oggi.



Ma il nodo della Torino-Lione stringe la gola più alla Lega o al M5s?

Dipende dalla soluzione che verrà presa. Non so se la conferenza stampa di Di Maio era concordata, o almeno Conte e Salvini ne erano informati, ma se così non fosse, le dichiarazioni di venerdì sanciscono di fatto la crisi di governo. E’ stato comunque lanciato un guanto di sfida, perché le parole di Di Maio non lasciano spazio a nuove mediazioni, hanno ribadito che la Tav va ridiscussa e la Lega dovrebbe accettare questo passaggio.

Se Salvini accetta questo passaggio, che succede?

La Lega subirà certo delle ripercussioni, soprattutto nell’area più direttamente interessata dalla Tav, il Nord. La Tav non riguarda solo Torino, riguarda un quadrante produttivo e un modello produttivo, dove Salvini ha le sue radici più profonde. Salvini qui rischia molto.



E il M5s?

Penso sia difficile che, a questo punto, possa fare marcia indietro o trovare altri punti di mediazione, come già successo altre volte su altri temi. E anche il tener botta sulla Tav, dopo mesi di progressiva erosione, farà guadagnare qualche consenso, ma non troppi.

Quindi rischiano tutti e due?

Sì. E dovesse cadere il governo, cioè si verificasse una rottura improvvisa dell’alleanza, perderebbero consensi entrambi, perché nessuno dei due potrebbe vantarsi di aver tenuto alta una bandiera. Ad aggravare la situazione, poi, resta il fatto che stiamo andando incontro a una fase di profonda crisi economica.

Ma gli italiani vogliono la Tav o no?

La vogliono, anche se non conoscono esattamente i termini della questione. L’Italia è un Paese che ha ormai radicato il sentimento di quanto siano necessari gli investimenti in infrastrutture. Nella nostra ultima rilevazione il 61% degli italiani è a favore della Tav e il 25% è contrario.

Nella Lega queste quote come si distribuiscono?

Il 71% la vuole, il 15% no e il 14 non sa. E stiamo parlando di elettori attuali.

Che vuol dire?

Che avendo la Lega sottratto, nel tempo, consensi ai 5 Stelle, queste percentuali risultano un po’ più annacquate rispetto a qualche mese fa, quando la posizione della Lega era molto più nettamente favorevole.

Nel M5s invece?

C’è una divisione più marcata: a fronte di un 51% di contrari, coesiste un 38% di favorevoli alla Torino-Lione. Ed è una quota alta.

In caso di rottura sulla Tav, la Lega potrebbe andare a pescare in questo 38%, mangiando ulteriori consensi ai 5 Stelle?

Probabilmente sì, potrebbe avvenire. In caso di elezioni, una parte di elettori M5s potrebbe essere tentata di votare Lega, come già visto nelle elezioni regionali. Se dovesse esserci la crisi di governo, avremmo di fronte uno scenario politico che cambia.

Perché?

Non è più solo un problema di rapporto tra due partiti o di Tav sì-Tav no. Si aprirebbe uno scenario che potrebbe portare a nuove elezioni e i mercati, già in tensione per la crisi economica, potrebbero reagire negativamente, e questo spaventerebbe anche gli elettori. Dopo la grande attesa che si era creata di fronte alla nascita di questo governo, una crisi politica sarebbe per gli italiani una delusione, porterebbe plasticamente ai loro occhi che il cambiamento sbandierato non si è proprio visto.

In caso di crisi di governo, Berlusconi ha già aperto a una possibile alleanza con la Lega e con Salvini premier. Oggi Forza Italia quanto porterebbe in dote a questa coalizione?

Forza Italia oggi vale ancora intorno al 12%, un appoggio indispensabile. Si tratta, però, di capire se e quanto Salvini vorrà tornare con Berlusconi.

Tra gli elettori italiani, come hanno anche dimostrato le elezioni in Abruzzo e Sardegna, sembra stia tornando la voglia di centrodestra, non crede?

Dalle elezioni politiche in poi abbiamo registrato una crescita continua del centrodestra, tanto da arrivare, e talvolta superare, il 50% dei consensi. Ma questa crescita è un’onda lunga che dura ormai dal 2015, quando ha riconquistato roccaforti importanti.

Il Pd ha trovato un leader, Zingaretti, e i primi sondaggi lo danno in risalita. Continuerà questo trend? E in vista delle Europee fin dove potrà crescere il Partito democratico?

Anche il Pd adesso sta beneficiando della crisi dei 5 Stelle e sta crescendo velocemente, perché, da un lato, ha un leader, che mancava da più di un anno – e un anno senza leader è un arco di tempo lunghissimo per un partito – e dall’altro, appunto, per la crisi del M5s, che in questi mesi di governo ha subìto troppe sollecitazioni che ne hanno messo a dura prova identità e coerenza. Ora Zingaretti, che ha sfruttato l’effetto trascinamento delle primarie, deve dare forma alla sua leadership, cosa che non ha ancora avuto oggettivamente il tempo di fare. Deve cioè costruire un’offerta politica su cui gli elettori possano misurare il Pd, che – secondo me – ha le potenzialità per salire anche al 23-24%. Bisogna però vedere se ci sarà un’offerta politica adeguata a questo bacino di consensi. E questo ancora non lo sappiamo.

(Marco Biscella)