La storia infinita della Tav sì-Tav no sembra costare di più alla Lega che al Movimento 5 Stelle. Secondo Arnaldo Ferrari Nasi, sociologo e sondaggista, nel territorio che è il bacino classico della Lega, quel lombardo-veneto dove il 4 marzo scorso il partito di Salvini ottenne il 40%, si è passati oggi nelle intenzioni di voto al 33%. E’ un chiaro effetto, dice Nasi, della delusione di quella classe popolare tipicamente leghista fatta di lavoratori e imprenditori che è scontenta della mancanza di serie politiche economiche da parte del governo, Tav inclusa.



Sulla Tav continuano le schermaglie e il governo Conte sta prendendo tempo. Che effetti può avere questo temporeggiamento sugli elettori della Lega? Può frenare il loro trend in ascesa? 

Il trend in ascesa della Lega non si ferma a livello nazionale, continua ad andare avanti. La cosa interessante però, se guardiamo al bacino di riferimento della Lega, il lombardo-veneto, è che alle elezioni dello scorso anno il voto della lega proveniente da qui era il 42%. Oggi invece l’intenzione di voto scende al 33%. La Lega è aumentata in Italia ma è diminuita nel lombardo-veneto. 

Chi sono queste persone che non la votano più?

Sono il target dell’italiano produttivo, quello propenso a votare Lega, dai 35 ai 55 anni, religiosi, lavoratori, non laureati, cultura media.

Sono delusi dalla mancanza di politiche economiche di questo governo, dallo scontro sulla Tav?

E’ certamente la spiegazione probabile. 

Anche il M5s deve fare i conti con il nodo della Tav. E’ un tema che può creare una spaccatura nel Movimento? E può accelerare la loro discesa nel gradimento degli elettori?

Il Movimento 5 Stelle dal 32% del voto del 4 marzo ha continuato a perdere una media dello 0,5% alla settimana fino ad arrivare all’attuale 23%. La gente pensava che con i 5 Stelle si sarebbe cambiata l’Italia, ma non è così. Gli italiani non capiscono certe dinamiche, non capiscono perché non si faccia questa ferrovia, di importanza europea. I 5 Stelle poi hanno perso tutte le loro caratteristiche originarie, hanno cambiato statuto e regolamenti interni lasciando molti dei loro elettori interdetti.

Intanto si è consumato una sorta di “parricidio”: nel nuovo atto costitutivo dei 5 Stelle Grillo e Di Battista (tra l’altro due convinti no-Tav) sono finiti nell’angolo. Ma la componente storica che fa a loro riferimento sarà indotta a riorganizzarsi: in che modo? Quanto potrebbe pesare una corrente Grillo-Di Battista-Fico?

Lasciamo stare Grillo che non è un politico ed un mestiere ce l’ha e anche buono. Di Battista e Fico invece che cosa possono fare, andare in Potere al popolo, in Liberi e Uguali?

Non hanno dietro la vecchia base?

Va chiarito che i 5 Stelle non erano un partito di sinistra alternativo, era un partito di incavolati, delusi sempre in modo ambivalente tra sinistra e destra. Fu Grillo ancor prima di Salvini ad attaccare le Ong, cosa che uno di sinistra non avrebbe mai fatto. Erano e sono un partito populista, la cui unica bandiera era l’onestà ed il cambiamento rispetto al fallimento della Seconda Repubblica. Adesso questa bandiera non fa più effetto.

Il Pd gode in questo momento dell’effetto Zingaretti. Fino a quando potrà durare? Almeno fino alle europee? Fin dove può arrivare il Pd?

No, non è l’effetto Zingaretti, è l’effetto di un partito che si è dimostrato finalmente abbastanza unito e funzionante, hanno scelto un nuovo leader con regole condivise e coinvolgendo la loro base. Il voto ai partiti è un po’ come la Borsa, il mercato elettorale in questo momento  sta dando un po’ di fiducia al Pd, è l’effetto macchina del Pd che ha funzionato meglio che nel recente passato, non la politica del neosegretario, che non è stata ancora messa in atto. Penso che possa crescere ancora oltre l’attuale 20%, anche se non troppo. Comunque il Pd è in una posizione di vantaggio perché può criticare e fare opposizione, senza che ci siano controprove di efficacia. Come erano i grillini ed ora non sono più.