Ciò che sta accadendo nel campo della biotecnologia robotica farebbe felice la fervida mente geniale di Isaac Asimov, il celebre biochimico scrittore di fantascienza, finito negli annali della letteratura per i suoi romanzi sugli androidi positronici.

Come sempre è la Gran Bretagna a regalarci perle di futurismo biotech. L’ultimo e più sofisticato androide del mondo, infatti, esce dalle fucine della Hertfordshire University. L’hanno battezzato Nao ed ha come caratteristica principale quella di percepire ed esprimere emozioni. Èin grado di stabilire legami affettivi con gli uomini e può persino possedere differenti personalità. Si spaventa, s’incupisce o si rallegra a seconda degli stimoli che riceve dall’ambiente umano che lo circonda; si mostra felice se qualcuno gli sorride o gli fa una carezza, e appare rattristato se gli si urla o lo si rimprovera. È vero che si tratta pur sempre di emozioni preprogrammate, ma è altrettanto vero che è Nao a decidere da solo quale sentimento esprimere.

Per ora, secondo quanto spiega Lola Cañamero, la scienziata informatica dell’Università di Hertfordshire che dirige il progetto, i sentimenti di Nao sono modulati sullo standard emotivo di un bimbo di un anno e si fondano su un “set of basic rules” che permette un rudimentale discernimento dei concetti di “bene” e “male”, che consentono al robot di indicare se è “felice” o “triste”. «Le emozioni – precisa la dottoressa Cañamero – vengono espresse da Nao attraverso gesti e movimenti del corpo anziché espressioni facciali o verbali». La ricercatrice si dichiara inoltre convinta che in futuro i robot potranno essere i migliori compagni dell’uomo. De gustibus. L’iniziativa, comunque, non nasce come la bislacca idea di qualche fanatico ricercatore di robotica, ma fa parte di un progetto – denominato Felix Growing – supportato e finanziato dalla Commissione europea, in virtù del contratto FP6 IST-045169, dicembre 2006-maggio 2010, per il quale è stato previsto uno stanziamento di 2.500.000 euro.

Tra i partner del progetto, volto a colmare il divario emotivo tra robot ed esseri umani, figurano l’Università di Karlsruhe, l’Università degli Studi di Verona, l’agenzia spaziale tedesca Deutsches Zentrum für Luft-und Raumfahrt, L’Università Paris VI Pierre et Marie Curie, l’Università di Montpellier II, la società BrainLAB AG di Feldkirchen, ed il francese Centre National de la Recherche Scientifique.

L’obiettivo del progetto è quello di «integrare i robot» nella «dimensione quotidiana della vita umana», rendendoli capaci anche di «far compagnia, divertire e prendersi cura» delle persone (“company, caregiving, entertainment”), «in una dimensione di vita reale» (“into a real-life setting”). E siccome l’interazione dei robot deve avvenire in modo «flessibile ed autonomo», da qui nasce l’esigenza di creare delle «conscious machines».

Sembra proprio che i ricercatori dell’Università di Hertfordshire, finanziati dalle istituzioni europee, vogliano rendere reale la trama di R.U.R. (1920), il dramma dello scrittore ceco Karel Capek, sostituendosi all’ingegnoso dottor Gall, il personaggio dell’opera che, immettendo nei robot i sentimenti del dolore e della paura, aveva determinato la rivolta degli androidi, e la risposta di Robot2 ad Alquista, il capo del reparto costruzioni della R.U.R.: «Noi eravamo macchine, signore, ma la paura e il dolore ci ha fatti diventare esseri con un’anima». Dare un’anima agli androidi, sembra questa l’ultima frontiera della biotecnologia robotica.

 

Nao, in realtà, è soltanto l’ultima tappa di un lungo percorso. Qualche mese fa è apparsa la notizia che due sofisticati robot-soldati sono stati arruolati nella polizia di frontiera sudcoreana per perlustrare l’area demilitarizzata che separa la penisola di Yonhap. I due androgeni, armati di tutto punto e dotati di un sofisticato sistema di riconoscimento della voce, sono costati al governo di Seul 207.000 euro l’uno, e sono destinati ad essere i primi di una lunga serie. Utilizzano la temperatura corporea e particolari sensori per captare il movimento di esseri viventi, e sono in grado di allertare immediatamente il comando, dal quale possono ricevere l’ordine di sparare a vista. Secondo fonti governative, i due androidi saranno i progenitori di una serie di robot ancora più sofisticati, che verranno utilizzati per combattere in battaglia. Nella Corea del Sud, infatti, il pur rilevante contingente di leva composto da 655.000 uomini resta sempre assai inferiore rispetto al numero dei soldati di Pyongyang, che supera il milione e duecentomila. Anche la recessione demografica e il basso tasso di natalità impongono a Seul la necessità di ingegnarsi, e così, anziché incentivare la nascita di figli, si ricorre all’arruolamento di robot.

 

Più allegra appare, invece, la notizia che lo scorso maggio sia stato proprio un robot, al posto del sacerdote o del sindaco, a celebrare le nozze di due giapponesi. Il celebrante, dal simpatico nome di I-Fairy, è un androide realizzato dalla società Kokoro Company Ltd. di Osaka, ed è stato proprio lui, in un ristorante di Hibiya Park, nel centro di Tokyo, a dichiarare formalmente marito e moglie la trentasettenne Satoko Inoue, dipendente della ditta Kokoro, ed il quarantaduenne Tomohiro Shibata, docente di robotica al Nara Institute of Science and Technology. Il costo di I-Fairy è di 57.000 euro e sono già in circolazione tre esemplari: uno in Giappone, uno negli Usa ed uno a Singapore, secondo quanto ha dichiarato il portavoce della società costruttrice Kayako Kido.

Sempre dal Giappone arriva la notizia del primo robot “affettuoso”, un androide dalle sembianze incredibilmente umane capace di avvolgere le persone con un caloroso abbraccio. La creatura si chiama Telenoid R1, ed è figlio del prof. Hiroshi Ishiguro, uno dei geni della robotica nipponica. Frutto della collaborazione tra l’Università di Osaka e la Advanced Telecommunications Research Institute International (ATR), il robot è stato ideato per essere il più simile possibile all’uomo (“the essential elements for representing and transferring humanlike presence”). È rappresentato con sembianze neutre, né maschili né femminili, e rivestito di un materiale morbido, che ricorda la pelle umana.

 

Il prof. Masatoshi Ishikawa, dell’Università di Tokio, si è divertito, invece, a realizzare due robot in grado di giocare a baseball e capaci di portare nella “strike zone” ben il 90 per cento dei pitches. Il prof. Ishikawa non ha però calcolato che il rischio di un gioco perfetto è la noia.

 

Sempre in tema di sport, bravissimo a bowling è anche Asimo, l’androide ideato e realizzato dalla Honda, il cui nome non è un omaggio ad Isaac Asimov, come qualcuno ha suggestivamente creduto, ma rappresenta, molto più semplicemente, l’acronimo di Advanced Step in Innovative Mobility. Oltre a giocare, Asimo riesce a riconoscere le persone, salutarle e chiamarle per nome, seguire oggetti in movimento e spostarsi nella direzione indicata. Non si sa ancora, però, come risponda nel caso in cui qualcuno gli indichi di andare a quel paese.

 

Non poteva mancare, poi, il robot politically correct in tema di rifiuti casalinghi. L’androgino netturbino è una creatura della Mitsubishi Electric Engineering Co. e dei ricercatori dell’Università di Osaka. Utilizza cinque raggi laser e sofisticati sensori per identificare fino a sei diverse tipologie di plastica, che poi riesce ordinatamente a selezionare ed ammucchiare. Alcuni prototipi, perfezionati grazie alla collaborazione della IDEC Corporation, sono utilizzati come test dimostrativi in due negozi di Osaka e Nara. Entreranno presto in commercio alla cifra di 45.000 euro, ma nessuno ha spiegato quante tonnellate di spazzatura saranno necessarie ad una famiglia per ammortizzare il costo d’acquisto.

In nome delle pari opportunità, non poteva neppure mancare la donna cibernetica. Il nome, Hrp-4c, non è in realtà molto sexy, ma la silhouette è da indossatrice. Infatti, questa creatura uscita dai laboratori del nipponico National Institute of Advanced Industrial Science and Technology, viene utilizzata come modella nelle sfilate di moda. HRP-4C è in grado di produrre espressioni del volto, di camminare e di posare proprio come una top model. I maligni dicono che, tutto sommato, il fatto che al posto del cuore e del cervello abbia un motore alimentato a batteria, non la rende poi tanto dissimile dalle sue colleghe mannequin.

 

Se è vero che i giapponesi primeggiano nel campo della biotecnologia robotica, è altrettanto vero che gli americani – i quali, notoriamente, non amano sentirsi secondi – non hanno voluto essere da meno. Così è nato Robonaut2, androide di seconda generazione prodotto dalla General Motors e sviluppato sotto la supervisione della Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA), agenzia governativa preposta allo sviluppo di tecnologie per uso militare.

L’approccio con cui Robonaut 2 entra in contatto con gli amici è molto yankee. Se voi andate su twitter (sì avete capito bene, il robot ha un suo social network personale con 12.000 amici) lui vi accoglierà in questo modo: «Hello World! My name is Robonaut 2; R2 for short». Più americano di così!

 

Robonaut2, nato ufficialmente il 7 maggio 2010, sarà il primo umanoide a raggiungere, il prossimo novembre, la Stazione Spaziale Internazionale, da dove terrà al corrente i 12.000 amici twitteriani delle sulle avventure spaziali. Con le mani R2 è in grado di scrivere, stringere e sollevare oggetti (fino a 10 kg di peso). E, soprattutto, sa maneggiare molto bene il suo iPhone personale.

Così, dopo il robot-sentimentale, il robot-soldato, il robot-celebrante, il robot-affettuoso, il robot-giocatore, il robot-netturbino, il robot-mannequin è arrivato anche il robot-astronauta.

 

Ho iniziato con Asimov e credo sia giusto concludere con il grande maestro della science fiction. Tra le sue 500 opere ve n’è una, in particolare, che merita qui di essere citata. Mi riferisco al romanzo A Boy’s Best Friend. La storia, ambientata in una luna colonizzata dall’uomo, ha per oggetto la famiglia Anderson composta da una coppia di genitori, un figlio unico di 10 anni, Jimmy, ed il suo fido cane-robot, battezzato Robotolo. Un giorno il signor Anderson decide di sostituire il cane cibernetico con un animale vero fatto spedire apposta dalla Terra, e di fronte alle difficoltà di comprensione di Jimmy sulla differenza tra la macchina e l’essere vivente, cerca di spiegarsi in questi termini: «Figliolo, Robotolo è solo una macchina. È stato programmato a comportarsi come si comporta. Un cane invece è vivo veramente (…). Il cane ti ama sul serio. Robotolo è solo condizionato ad agire come se ti amasse».

 

Anche Nao, l’androide dell’Università di Hertfordshire, mostra di provare sentimenti, emozioni, affetti. Può addirittura sembrare che arrivi ad amare. Ma non è così, è solo programmato ad agire come se amasse. Per nostra fortuna.