Sembra inarrestabile il fenomeno della deriva eugenetica che sta attraversando la legislazione britannica e che continua a porre seri problemi di ordine etico alla ricerca scientifica. La questione, purtroppo, assume una dimensione trasversale, trascendendo partiti, leader e coalizioni politiche. Anche Cameron e i suoi conservatori, ahimè, non rappresentano proprio un fulgido esempio in materia di bioetica. Da qui nasce un certo giustificato scetticismo circa la possibilità che il recente risultato elettorale possa in qualche modo mutare l’attuale clima culturale.
Per comprendere questo scetticismo funge da utile cartina di tornasole l’atteggiamento assunto dai due partiti che stanno trattando per una coalizione di governo – i conservatori di David Cameron e i liberaldemocratici di Nick Clegg – in merito alla famigerata Human Fertilisation and Embryology Act 2008.
Proprio quella legge sulla fecondazione umana e l’embriologia, infatti, ha regalato perle di aberrazione genetica che hanno fatto inorridire il mondo. Due per tutte: la creazione di ibridi uomo-animale e la creazione dei cosiddetti “saviour siblings” (fratelli salvatori).
Nel primo caso si è trattato di autorizzare esperimenti finalizzati a combinare tessuti umani con tessuti animali, nel tentativo di ottenere cellule potenzialmente ”utili” ai fini terapeutici. Nel secondo caso, quello relativo ai saviour siblings, si è trattato, invece, di creare e selezionare in provetta degli embrioni allo scopo di “aiutare” un fratellino malato, attraverso il prelevamento dei tessuti. Praticamente si è consentito per legge di dare origine a un numero elevato di embrioni compatibili con un soggetto malato da curare e impiantarli in utero: gli altri embrioni si possono tranquillamente scartare, solo perché non hanno il patrimonio genetico richiesto.
Quale è stato l’atteggiamento dei due partiti citati è presto detto. In casa tory è regnato un totale relativismo etico o, se vogliamo usare un’espressione di casa nostra, la più assoluta “anarchia dei valori”. In entrambi i temi, e su tutte le altre nefandezze eugenetiche della legge, la regola è stata quella della libertà di coscienza dei parlamentari conservatori. Se guardiamo, poi, le posizioni assunte dal leader David Cameron, la situazione rischia di apparire ancora più deprimente.
Sulla creazione degli ibridi uomo-animale, infatti, Cameron ha votato a favore, mostrando l’assoluta ingenuità di credere alla fandonia che una simile mostruosità genetica potesse aiutare lo sviluppo della ricerca scientifica. Circostanza che in seguito, peraltro, la storia ha puntualmente smentito. Il 20 maggio 2008 lo stesso Cameron, in un’intervista alla GMTV, ha ribadito «la necessità di non ostacolare il progresso della scienza medica», perché sarebbe stato interesse dell’intera umanità «sconfiggere malattie come l’epilessia, la paralisi cerebrale e le patologie del motoneurone».
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Ciò che ha colpito particolarmente il mondo pro-life in quell’occasione è stata l’incredibile superficialità con cui Cameron ha liquidato la questione degli ibridi: «Non si tratta di creare una sorta di mostro di Frankenstein, ma semplicemente di prendere l’ovocita di una mucca e iniettarvi un po’ di DNA umano e tenerlo dentro solo per 14 giorni».
Per quanto riguarda i saviour siblings, pur dichiarandosi favorevole in linea di principio, Cameron ha deciso di non votare. Detto per inciso, durante la discussione sulla Human Fertilisation and Embryology Act, furono presentati degli emendamenti per modificare la legge sull’aborto, in merito alla quale i conservatori hanno sempre avuto un’assoluta libertà di coscienza. In quell’occasione, per la verità, Cameron si è dichiarato disponibile a votare per l’abbassamento del limite a 20 settimane (solo in caso di aborto dovuto a motivi di carattere sociale), mentre Andrew Lansley, ministro ombra della sanità, si è battuta per il termine delle 24 settimane. Entrambi, comunque, si sono dichiarati disponibili a rendere l’aborto «quicker and easier», più veloce e più accessibile.
Un’intervista resa da Cameron al quotidiano Daily Mail il 17 marzo 2008 sull’aborto eugenetico ha fatto letteralmente infuriare gli attivisti pro-life. Il leader conservatore, infatti, si è dichiarato favorevole all’aborto tardivo anche in caso di lievi malformazione del feto. Hanno pesato le parole rese da Cameron in quell’intervista a proposito della proposta di cambiare la norma che consente l’aborto fino a 39 settimane nel caso di accertate disabilità del nascituro. «Io non avallerò quella proposta», è stata la secca replica del leader tory, «e l’attuale legge deve rimanere esattamente com’è».
Sul tema del fine vita, David Cameron ha condannato l’idea di depenalizzare il suicidio assistito e ha ammonito che aiutare un malato terminale a morire può essere «pericoloso per la società». Comunque, il partito conservatore ha lasciato libertà di coscienza ai suoi membri della Camera dei Lord quando si è tentato di limitare i danni di un disegno di legge in materia, il Coroners and Justice Bill del 2009.
Come si vede, quindi, anche in caso di una vittoria schiacciante dei conservatori, la prospettiva di un miglioramento nel Regno Unito del clima culturale in tema di bioetica non sarebbe apparsa del tutto rosea. Se poi si considera che, come risulta dalle ultime notizie, si imporrebbe un’alleanza tattica con il partito liberaldemocratico di Nick Clegg, allora le prospettive di un seppur minimo miglioramento sono, ahimè, destinate a svanire.
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Pur ammettendo il voto di coscienza, in casa liberaldemocratica hanno mostrato di avere le idee un po’ più chiare dei conservatori sulla Human Fertilisation and Embryology Act, essendosi espressi, tra l’altro, decisamente a favore degli ibridi uomo-animale e dei saviour siblings. Per quanto riguarda gli emendamenti sull’aborto, il leader lib-dem Nick Clegg ha risolutamente votato contro ogni possibilità di riduzione dei limiti di tempo per ricorrere all’interruzione volontaria della gravidanza.
In materia di eutanasia, poi, la linea del partito è quella della piena legalizzazione. Già nel 2004 i liberaldemocratici approvarono una mozione sulla necessità di «legalizzare la morte medicalmente assistita», pur consentendo la libertà di coscienza ai parlamentari che non avessero ritenuto di esprimersi secondo la linea del partito. Questa posizione, peraltro, fu assunta dai liberaldemocratici nel 2006 durante il dibattito sul Lord Joffe’s Bill, il disegno di legge avente per oggetto la legalizzazione della dolce morte.
Dallo scenario che ho delineato si comprende, quindi, come nel Regno Unito la difesa dei valori pro-life non dipenda in realtà dai singoli partiti, né tantomeno dai leader. Il particolare sistema elettorale vigente, infatti, costringe a un’accurata scelta dei singoli candidati collegio per collegio. E da una prima sommaria analisi degli ultimi risultati elettorali non pare, a oggi, si possano registrare significativi cambiamenti rispetto al passato, essendo rimasto più o meno invariato il numero degli eletti pro-life.
A questa considerazione vanno aggiunti due corollari. Il primo è che l’eventuale alleanza tattica tra conservatori e liberaldemocratici immolerà sull’altare della realpolitik i temi in materia di bioetica, i quali rischierebbero di apparire divisivi e di minare una fragile maggioranza. Il secondo è che l’agenda politica del prossimo futuro in Gran Bretagna, come nel resto del mondo, sarà dominata dalla questione economica e dallo spettro di una nuova crisi finanziaria internazionale, lasciando poco spazio ai temi della vita e della morte. Mala tempora currunt!